AMORTH-Il Vangelo Di Maria

August 7, 2017 | Author: Luiz Prestes | Category: Saint Joseph, Mary, Mother Of Jesus, Jesus, Trinity, Prayer
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Il Vangelo Di Maria Un mese con la Madre di Gesù GABRIELLE AMORTH EDIZIONI SAN PAOLO s.rl, 1998...

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Gabriele Amorth

IL VANGELO DI MARIA Un mese con la Madre di Gesù

EDIZIONI SAN PAOLO s.rl, 1998

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Presentazione Quando sono stato invitato a scrivere un mese mariano "breve e semplice", ho pensato che forse questo libro sulla Madonna poteva essere un piccolo contributo, per chi lo vorrà leggere, alla grande preparazione del 2000, Il Santo Padre, nella sua lettera apostolica Tertio millennio adveniente, in cui traccia il programma di questi anni pregiubilari, affida allo Spirito Santo il compito di disporre gli animi "a celebrare con fede rinnovata e generosa partecipazione il grande evento giubilare". E continua: "Affido questo impegno di tutta la Chiesa alla celeste intercessione di Maria, Madre del Redentore. Ella, la Madre del bell'amore, sarà per i cristiani, incamminati verso il grande Giubileo del terzo millennio, la Stella che ne guida con sicurezza i passi incontro al Signore. L'umile Fanciulla di Nazaret, che duemila anni fa offerse al mondo il Verbo incarnato, orienti l'umanità del nuovo millennio verso Colui che è "la luce vera, quella che illumina ogni uomo" (Gv 1,9)". E bello pensare a Maria come alla stella che ci guida con sicurezza verso il Signore. I Magi hanno seguito la stella e hanno trovato Gesù con sua madre. Chiediamo alla Vergine di tenerci per mano e di guidarci. In queste pagine, che costituiscono il quinto libro che scrivo su Maria, ho cercato di ripercorrere quel cammino che, sulla scia della sacra Scrittura e dell'insegnamento ecclesiastico, ci fa conoscere la Madre di Gesù e madre nostra. La conoscenza della Madre ci porta alla conoscenza del Figlio, perché Dio ha disposto che il rapporto tra Maria e Gesù andasse ben oltre il rapporto naturale, ma che la Vergine fosse la prima redenta, la prima discepola, la prima collaboratrice del figlio divino. Prego il Signore di benedire questo modesto lavoro perché, se a lui è gradito, possa fare un po' di bene. Don GABRIELE AMORTH

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Primo giorno La donna nuova Quando ogni anno, l'8 settembre, la Chiesa celebra la festa liturgica della Natività di Maria, il pensiero più insistito è che sorge l'aurora, annunciatrice del giorno: la nascita della Vergine prelude alla nascita di Gesù. Il Vaticano II si esprime con una frase felicissima riguardo alla nascita della Vergine. Il capitolo VIII della Costituzione sulla Chiesa Lumen gentium (LG), tutto dedicato alla Vergine Maria, afferma al n. 55: "Con lei, eccelsa Figlia di Sion, dopo la lunga attesa della promessa, si compiono i tempi e si instaura una nuova economia". Per comprendere il ruolo di Maria e come la sua comparsa abbia segnato una svolta decisiva nello svolgimento del piano salvifico, occorre premettere qualche concetto sul piano divino nella creazione e quindi sull'assoluta centralità di Cristo. E lui il primogenito di tutte le creature; tutto è stato fatto per lui e in vista di lui. E lui il centro del creato, colui che ricapitola in sé tutte le creature: quelle celesti (angeli) e quelle terrestri (uomini). Penso che in qualsiasi caso Gesù si sarebbe incarnato e sarebbe apparso trionfante sulla terra; ma è difficile dirlo. La realtà è un'altra. Dopo il peccato dei progenitori, che ha schiavizzato l'uomo a Satana e alle conseguenze della colpa (sofferenza, fatica, malattia, morte...). Gesù è venuto come salvatore, per redimere l'umanità dalle conseguenze del peccato e riconciliare a Dio tutte le cose, nei cieli e sulla terra, per mezzo del suo sangue e della croce. Tutto è stato creato in vista di Cristo: da questa impostazione cristocentrica dipende il ruolo di ogni creatura, di ognuno di noi, già presente nel pensiero divino da tutta l'eternità. Se la creatura primogenita è il Verbo incarnato, non poteva non associarsi ad essa, prima di ogni altra creatura, nel pensiero divino, colei in cui tale incarnazione si sarebbe attuata. Di qui il rapporto unico tra Maria e la Santissima Trinità, come si manifesta chiaramente nella pagina dell'annunciazione. Centralità di Cristo e sua venuta come salvatore: così tutta la storia umana è orientata alla nascita di Gesù, che viene chiamata "pienezza 003

dei tempi". I secoli precedenti sono "tempo d'attesa"; i secoli seguenti sono "gli ultimi tempi". Con la nascita di Maria la storia umana compie la grande svolta: cessa il periodo dell'attesa È inizia il periodo della realizzazione. E lei la Donna nuova, la nuova Eva; da lei viene il Redentore e prende inizio il nuovo popolo di Dio. Già i primi Padri, come Giustino e Ireneo, amano il paragone Eva-Maria: Eva madre dei viventi, Maria Madre dei redenti; Eva dà all'uomo il frutto della morte, Maria dà all'umanità Cristo, frutto della vita. A questo punto vorremmo conoscere tanti particolari riguardo a Maria, ma ci troviamo sprovvisti. I vangeli non sono libri storicibiografici: sono libri storici-salvifici. Sono la predicazione della "lieta novella". Non vi trova posto ciò che avrebbe solo un interesse umano, ma nessun valore per la salvezza. Da qui dipende la mancanza di tante notizie che a noi interesserebbero per il loro valore biografico, ma che non hanno importanza ai fini del messaggio che gli evangelisti hanno voluto trasmetterci. Proponiamo alcuni di questi quesiti, privi di sicura risposta, ma a cui possiamo avvicinarci con approssimazione, o almeno possiamo renderci conto di certe scelte degli evangelisti. Quando è nata la Madonna? Riguardo al giorno, in antico si sceglievano varie date, sempre suggerite da motivi di culto e non da motivi storici. Ha poi prevalso la data dell'8 settembre, anche se storicamente infondata, e da essa si è fatta dipendere la data della concezione di Maria, nove mesi prima, festa dell'Immacolata Concezione. Quanto all'anno, possiamo solo prendere le mosse dalla data della nascita di Gesù, anch'essa incerta ma con buona approssimazione, e tenere conto che le fanciulle si sposavano all'età di 12-14 anni. Può essere suggestivo pensare che la Madonna possa essere nata l'anno 20 avanti Cristo, quando Erode il Grande iniziò la ricostruzione del Tempio di Gerusalemme. E suggestivo, perché così, mentre l'uomo costruiva il tempio di pietra, Dio si preparava il suo vero tempio di carne. Ma è solo probabile, anche se è una data vicina a quella reale, che non conosciamo. Dove è nata la Madonna? Tra le varie città che hanno avanzato l'ipotesi di aver dato i natali a Maria, le due più probabili che si contendono questo onore sono Gerusalemme e Nazaret. Entrambe 004

vantano una tradizione molto antica, con prove archeologiche e culturali. Propendiamo per Nazaret, dal momento che è lì che incontriamo questa umile fanciulla, circondata dal massimo nascondimento: paese di mezza collina, che contava allora più o meno 200 abitanti che vivevano in grotte, sulla cui entrata poteva essere aggiunta una stanza. Fuori dalle linee di comunicazione, Nazaret non è mai nominata nell'Antico Testamento, mai nel Talmud, mai da Giuseppe Flavio. "Che cosa di buono potrà venire da Nazaret?", dirà Natanaele a Filippo (Gv 1,46). Di Maria non sappiamo neppure a quale delle dodici tribù d'Israele appartenesse e a quale famiglia. Certamente a una tribù molto umile; in caso contrario san Luca ce lo avrebbe detto, dal momento che ha cura di riferirci la famiglia di Elisabetta e della vecchia Anna, le altre due donne di cui ci parla nel vangelo dell'infanzia. Dio apprezza l'umiltà e il nascondimento; non sa che farsene delle grandezze umane, di ciò che conta agli occhi degli uomini. RIFLESSIONI. Su Maria - "Umile ed alta più che creatura", come la definisce Dante, non possedeva nessun requisito di grandezza umana. Tutto il suo valore sta nel fatto di essere stata scelta da Dio, di avere avuto un ruolo d'importanza superiore a qualsiasi esaltazione umana (chi ha il potere di innalzare una donna alla dignità di Madre di Dio?) e di avere sempre corrisposto pienamente, con intelligenza e libertà, alle attese del suo Signore. Su noi - Anche ognuno di noi è stato pensato da Dio fin dall'eternità e deve compiere quel ruolo di salvezza, per sé e per gli altri, che Dio gli assegna e gli fa conoscere attraverso le circostanze della vita, oltre che attraverso "i talenti" (beni materiali e doti personali) che ha ricevuto dal suo Signore. La nostra grandezza dipende da come corrispondiamo e da come siamo agli occhi di Dio.

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Secondo giorno Tuttasanta sei. Maria Dio ha pensato a ciascuno di noi da tutta l'eternità, ci ha assegnato un compito e ci ha fatti nascere al momento giusto e nel luogo giusto, fornendoci di quelle doti che sono necessarie per lo svolgimento del nostro ruolo. Così ha fatto anche con Maria. Volendole poi affidare un compito straordinario, l'ha preparata a dovere. Possiamo riassumere tale preparazione in tre parole, che saranno l'oggetto delle nostre riflessioni in questo capitolo e nei due seguenti: Immacolata, Vergine, Sposa di Giuseppe. Il primo dono, il grande regalo che Dio ha fatto a Maria nell'istante del suo concepimento, è stato quello di renderla immacolata, applicandole in anticipo i meriti della redenzione di Cristo. Doveva diventare madre di colui che veniva per distruggere le opere di Satana, ossia il peccato con tutte le sue conseguenze. Così Maria, concepita immacolata, dimostra la sua uguaglianza con noi, perché anch'essa ha avuto bisogno di essere redenta dal sacrificio della croce; d'altra parte la sua immacolatezza la predispone all'altissima missione che poi le è stata offerta. Uno dei titoli mariani più antichi, rimasto particolarmente caro agli ortodossi, è Tuttasanta. Esprime bene i due aspetti che intende esprimere, invocando Maria Immacolata. Un primo aspetto è di puro privilegio, l'esenzione dal peccato originale in vista della divina maternità. Qui dobbiamo solo contemplare le meraviglie operate dal Signore. Ma c'è di più, c'è un secondo aspetto per cui si afferma che Maria non ha mai commesso la minima colpa attuale, pur essendo una creatura intelligente e libera. Contrariamente all'apparenza, tocchiamo con mano in questo l'imitabilità di Maria, che tanto può incidere nella formazione cristiana: vediamo in Maria la bellezza della natura umana pervasa dalla grazia. L'Immacolata è un ideale che ci attira, non ci abbaglia; non ci allontana la figura di Maria, ma ci spinge alla sua imitazione con la grazia battesimale, con le grazie attuali, con la lotta contro il peccato. 006

Una delle più grandi colpe della mentalità moderna contro l'umanità è quella di voler togliere il senso del peccato e della tremenda presenza di Satana. Così si misconosce la redenzione, che è la vittoria di Cristo sul peccato e sul demonio; così si lascia l'uomo decaduto nella sua miseria e non lo si aiuta a risollevarsi, a diventare migliore, a riacquistare la sua bellezza originale, di creatura fatta a immagine di Dio. L'Immacolata ci dice: io sono così per la grazia di Cristo e per la mia corrispondenza; anche tu devi tendere, corrispondendo alla grazia, a vincere il male e purificarti sempre più. L'Immacolata non è un ideale astratto, da contemplare; è un modello da imitare. E bello anche ripercorrere il lungo cammino che ha portato alla definizione dogmatica dell'Immacolata Concezione, nel 1854. Subito la sensibilità dei credenti ha intuito la completa santità di Maria e l'ha esaltata conforme alla sua profezia: "D'ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata" (Lc 1,48). Si noti che, proclamando Maria Tuttasanta, si intendeva soprattutto sottolineare che non aveva mai commesso colpe attuali; e in tal senso si è pronunciato il concilio di Trento. Ma già precedentemente la riflessione e la convinzione del popolo di Dio erano andate oltre e avevano intuito che la totale santità di Maria era incompatibile con la colpa originale, per cui doveva esserne stata esclusa. Riguardo a questa verità, la riflessione biblica e teologica aveva bisogno di approfondimento. Sappiamo che i dogmi sono "punti fermi", che non bloccano gli studi e gli arricchimenti, ma li indirizzano nel senso giusto. Sappiamo che la proclamazione dogmatica di una verità significa che essa è contenuta nella sacra Scrittura; ma non tutte le verità sono contenute con la stessa chiarezza: alcune sono esplicitamente affermate (si pensi ad esempio alla risurrezione di Cristo), altre sono contenute solo implicitamente, e occorre tempo e la luce dello Spirito Santo per evidenziarle. Perciò non meravigliano le esitazioni e le difficoltà. E noto come san Tommaso d'Aquino, a proposito dell'Immacolata Concezione, era contrario perché temeva che in tal modo la Vergine venisse esclusa dalla redenzione; sarebbe stato per lei un torto, non un'esaltazione. Il dubbio era reale, ben fondato; occorreva risolverlo. E lo risolse Duns Scoto comprendendo che Maria doveva l'esenzione dal peccato originale ai meriti di Cristo, che le sono stati preventivamente applicati. Così Maria è il primo e il più bel frutto della redenzione. 007

Un'altra domanda che spesso è stata posta: se la Madonna è stata tentata da Satana e se avrebbe potuto peccare. Certamente la Vergine, come tutti noi, aveva quel dono della libertà che il Signore ci ha dato e che rispetta in tutte le sue creature superiori. In passato, quando si amava esaltare i privilegi, si pensava che Maria aveva una "morale impossibilità" di peccare. Quanto alle tentazioni del demonio, come le ha avute Gesù, certamente le ha avute anche Maria, anche se il vangelo non ne parla, essendo questa una condizione della nostra umanità ancora prima della colpa originale. Oggi, insistendo meno sui doni straordinari, si ama porre in luce gli aspetti più umani di Maria: il suo duro cammino di fede, le sue continue sofferenze; su questa linea insiste l'enciclica Redemptoris Mater, di Giovanni Paolo secondo. Ma si riflette anche su due considerazioni: a) La peccabilità non è necessaria alla libertà; gli angeli e i santi sono pienamente liberi, anche se impeccabili. b) Alla Madonna fu interamente applicata la redenzione preventivamente: anche per noi la redenzione avrà raggiunto il suo pieno compimento quando, raggiunta la gloria celeste, pur rimanendo creature intelligenti e libere, non avremo più la possibilità di peccare. RIFLESSIONI. Su Maria - Ha corrisposto perfettamente alla grazia, che le è stata accordata in pienezza. Concepita immacolata, in vista della maternità divina, è poi stata la più fedele ascoltatrice e discepola del suo Figlio. La santità di Maria, che l'avvicina a Gesù quanto più è possibile a creatura umana, non l'ha affatto esentata dal duro cammino della fede, della sofferenza, delle croci più sanguinose. Su noi - L'Immacolata Concezione ci invita alla lotta incessante contro il peccato; ci invita a migliorare noi stessi e a fare della nostra vita un continuo cammino di conversione e di purificazione, per tendere a quella santità a cui Dio ci chiama. Gesù ci invita ad essere santi come il Padre, perfetti come il Padre, misericordiosi come il Padre. L'Immacolata ci dice come è possibile, con la grazia divina, riuscire ad avvicinarci alla santità di Dio, per quanto è consentito a una creatura umana.

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Terzo giorno Tre volte Vergine C'è un libro apocrifo molto autorevole per la sua antichità, potrebbe risalire ai primi decenni del secondo secolo; è il Protovangelo di Giacomo. Da questo libro conosciamo il nome dei genitori di Maria, Gioacchino e Anna; conosciamo anche altri episodi che però vanno compresi nel senso giusto. La chiave di lettura di questo libro è di fornirci dei raccontini inventati per dirci delle verità. Un po' come un insegnante che istruisce i bambini con favole, che però hanno un contenuto reale. Quando questo antico autore ci narra che Maria a tre anni fu presentata al Tempio per esservi istruita, vuole dirci in realtà che Maria, fin dall'uso di ragione, si è offerta come tempio di Dio. Così la celebrazione del 21 novembre, che porta il solenne titolo di "Presentazione della Beata Vergine Maria", e che ebbe inizio nel 543 in ricordo della dedicazione di Santa Maria Nuova a Gerusalemme, in realtà è la festa della verginità di Maria. Anche la verginità è un dono di Dio, quando viene scelta per appartenere solo a lui e per conservarsi totalmente a sua disposizione. È un dono che lo Spirito ha fatto a Maria, come le aveva fatto il dono del concepimento immacolato. Affermiamo questo perché la storia di Israele non ci presenta nulla di simile. Non si conosceva neppure che la verginità consacrata fosse uno stato di vita gradito a Dio, e tutte le grandi donne d'Israele, poste a modello e che, sotto certi aspetti, preludono alla Madonna (Sarà, Debora, Giuditta, Ester...) erano sposate o vedove. Israele apprezzava solo la maternità; la mancanza di figli era stimata una vergogna, una maledizione, un castigo di Dio. Come può la Vergine, con un coraggio che non ha spiegazione umana, aver concepito il proposito di rimanere vergine? Poi verrà Gesù a insegnare ciò che è più perfetto; lo seguirà uno stuolo di uomini e donne che, lungo i secoli, vivranno interamente consacrati a Dio. Ma la Madonna non aveva davanti a sé nessun modello di questo tipo. Solo lo Spirito Santo può averle suggerito una scelta così originale e averle dato la forza di seguirla. Forse avrà penetrato, fin dall'uso di ragione, il 009

grande precetto continuamente ripetuto dai pii israeliti: "Tu amerai il Signore Dio tuo con tutto il cuore, con tutta l'anima e con tutte le forze" e avrà voluto viverlo in modo assoluto. Ma è inutile voler cercare una spiegazione umana a una scelta divina. Credo che anche qui Maria abbia avuto un'anticipazione degli insegnamenti di Gesù e sia stata veramente "figlia del suo Figlio", come la definisce Dante. Penso pure che abbia agito con piena spontaneità e semplicità: senza rendersi conto di seguire una via nuova e di aprire una via nuova; senza patemi d'animo su come vivere questa scelta del tutto senza precedenti, soprattutto quando i genitori l'hanno data in sposa a Giuseppe. E nello stile di Maria una fede assoluta, senza crearsi problemi o chiedere spiegazioni, ma abbandonandosi interamente al Signore. Paolo sesto sottolinea un altro aspetto: con la scelta della verginità, Maria non ha rinnegato nessun valore umano; seguire la via della verginità non è mai uno sminuire il matrimonio opporre un limite a quella santità a cui tutti sono chiamati. E seguire con generosità una particolare vocazione del Signore. Maria è tre volte vergine: prima del parto, durante e dopo. E necessario esaltare la verginità in questo mondo in cui sembra così bistrattata; con la conseguenza che non solo soffriamo di un pauroso calo di vocazioni, ma che l'unità della famiglia è troppo spesso distrutta. Sembra di vivere in un mondo così sporco, così immerso nel sesso e nella violenza, che il vizio gira a testa alta per le nostre strade, spesso difeso da leggi permissive, mentre sembra che la virtù debba nascondersi vergognosa. Ma il giudizio di Dio e il bene della società sono del tutto in senso opposto. Non c'è dubbio che la verginità di Maria ci richiama anche a quella virtù della purezza che il Decalogo difende in due comandamenti e che san Paolo quasi identifica con la santità, illustrandone i motivi di fede, come mai nessuno aveva fatto. Egli supera il concetto di semplice dominio di sé, importante ma solo umano, già apprezzato dai pagani. E importante che le donne siano rispettate, ma è importante che siano loro le prime a rispettare se stesse! San Paolo ci invita a un salto di qualità. Intanto notiamo come l'impurità nella Bibbia sia indicata con la parola greca pomeia (la iniziale pomo è di facile comprensione), che deriva da un verbo che significa vendersi. San Paolo prende le mosse da questo punto di partenza per suggerirci tre motivi di fede, che inculcano orrore per la porneia, per l'impurità. 1) Non puoi venderti perché non 010

appartieni a te stesso; sei stato riscattato da Gesù a caro prezzo, per cui appartieni a lui. Pensiamo a come era chiaro il concetto di riscatto di uno schiavo, a quei tempi. 2) Tu appartieni a Cristo non come un oggetto esterno di sua proprietà, ma come suo membro. Oseresti prendere un pezzo di Cristo, un suo membro, e buttarlo nella prostituzione, nella pomeial' 3) Il corpo è sacro perché è tempio dello Spirito Santo. Pensiamo a quanto, presso tutte le religioni, siano rispettati i luoghi di culto. E tu oseresti profanare il tempio dello Spirito? Compiresti questo sacrilegio? Dobbiamo riconoscere che nessuna religione, nessuna filosofia ha un rispetto così grande del corpo umano come il cristianesimo: membro di Cristo, tempio dello Spirito, destinato alla risurrezione gloriosa. "Credo in Gesù Cristo, ma non credo nella castità dei preti", mi diceva un professionista. "Il mio ideale è di diventare una porno-star", mi confidava una sedicenne. "Padre, preghi per mio figlio che convive con una donna sposata, che ha vent'anni più di lui", si raccomandava una mamma. "Come è possibile: nostra figlia tutta casa e chiesa, ora convive con un ragazzo drogato e non vuol saperne di tornare a casa", si sfogavano due genitori. Potrei continuare; sono fatti di ogni giorno, mentre i giornali sembra che parlino solo di violenza contro le donne e contro i bambini. Che la Mamma nostra celeste, vergine tre volte, colei che per eccellenza è La Vergine, aiuti a risanare la nostra società con la sua purezza immacolata. In tutte le icone ortodosse la triplice verginità di Maria viene espressa pitturando tre stelle: sulla fronte e sulle spalle di Maria. RIFLESSIONI. Su Maria - Il candore di Maria ci incanta. Il suo segreto è stato l'ubbidienza ai richiami dello Spirito Santo: con umiltà e con coraggio ha sfidato l'andazzo generale, i timori di incomprensione e di disprezzo, le difficoltà che potevano sembrare insormontabili. Ma è così che Gesù ha voluto sua madre. Chi si preoccupa di piacere a Dio, confida nel suo aiuto e ha la grazia di vincere ostacoli che sembrano insuperabili.

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Su noi - L'esempio di Maria è modello e la sua presenza è intercessione. Ognuno deve osservare la virtù della castità secondo il suo stato. Il richiamo di Paolo: "Non conformatevi alla mentalità di questo mondo" (Rm 12,2) e i tre motivi di fede a cui abbiamo accennato ci siano di sprone ad essere meglio che possiamo veri figli della "Vergine." Beati i puri di cuore (la purezza interiore, totale, non solo formale) perché vedranno Dio" (Mt 5,8).

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Quarto giorno Un matrimonio voluto da Dio Ci troviamo ora a riflettere sulla terza condizione voluta da Dio, per preparare Maria all'incarnazione del Verbo: occorreva che la Madre prescelta, oltre che immacolata e sempre vergine, fosse sposa. I motivi sono tanti e alcuni sono evidentissimi: occorreva una copertura, un aiuto, un educatore; occorreva che il Figlio di Dio, dandoci l'esempio anche di una vita comune, spesa nel nascondimento, vivesse in una vera famiglia, esemplare anche se diversa, conforme allo scopo voluto da Dio. Ma c'era anche il disegno di dare compimento alle profezie messianiche, per cui il Messia promesso doveva essere "figlio di Davide". A quei tempi le ragazze si sposavano molto presto, a 12-14 anni; e i ragazzi a 17-18 anni. Quando leggiamo che la figlia di Giairo, risuscitata da Gesù, aveva 12 anni, a noi questo dettaglio dice solo che era una fanciulla; invece è una sottolineatura importante: era nel fiore dell'età, quando un padre si preoccupava di trovare uno sposo per la figlia. Tenendo conto degli usi e della giovane età, erano i genitori a combinare tutto. Al tempo giusto, i genitori del ragazzo cercavano la giovane adatta al loro figliolo, e i genitori della ragazza cercavano la persona adatta a cui darla in sposa. Iniziavano le trattative e si fissava il mohar, ossia il compenso in danaro o in natura che l'aspirante sposo doveva versare ai genitori della sposa. Si noti che non era, come presso altri popoli, il prezzo della sposa; era un piccolo patrimonio "di garanzia" custodito dai genitori, ma di proprietà della sposa, che ne entrava in possesso in caso di vedovanza o di divorzio. A questo punto avveniva il matrimonio, che si svolgeva in due tempi. Prima, nella casa della sposa e alla presenza dei parenti più stretti, avveniva la dichiarazione di matrimonio (è fuorviante chiamarlo fidanzamento), che aveva già tutti gli effetti giuridici. La benedizione dei genitori conferiva carattere sacro alla semplice cerimonia. Dopo un anno, in cui gli sposi continuavano ad abitare presso i rispettivi genitori e in cui lo sposo preparava la dimora per la nuova 013

famiglia, avvenivano le nozze solenni, ossia l'introduzione della sposa nella casa dello sposo, con ampia presenza di parenti e amici, con una festa che durava comunemente sette giorni. Anche per Maria e Giuseppe le cose si sono svolte conforme agli usi. Non credo possibile che Maria abbia rivelato ai genitori il suo proposito di verginità; gli Ebrei, in caso di voti particolari, dovevano richiedere il permesso ai genitori o al marito. Ma è nello stile di Maria tacere e affidarsi interamente al Signore, con una fede eroica che talvolta, come vediamo in questa occasione e come vedremo nell'Annunciazione e ai piedi della croce, sfida l'evidenza dei fatti. E parliamo ora di Giuseppe, lo sposo scelto dal Signore, tramite i genitori, per colei che sarebbe diventata la Madre di Dio. Già il nome ci ricorda Giuseppe l'ebreo, che salvò dalla carestia quel primo nucleo del popolo ebraico, formato dalla numerosa famiglia di Giacobbe. Di san Giuseppe il vangelo ci dice tre cose importanti. Prima di tutto ci dice con insistenza, sia attraverso Luca sia attraverso Matteo, che apparteneva alla famiglia di Davide. È un dato molto importante. L'episodio più significativo della vita del rè Davide è appunto quando il Signore gli promette una casa che durerà per sempre. La profezia fu presto intesa in senso messianico, anche perché l'importanza politica della famiglia di Davide, ai tempi di Gesù, era cessata da cinquecento anni, con Zorobabele. Luca e Matteo, per darci la genealogia di Gesù, ci danno la genealogia di Giuseppe. E chiaro che il matrimonio fra Maria e Giuseppe è l'anello di congiunzione che attua la profezia per cui il Messia sarebbe stato un discendente di Davide. Il vero appellativo con cui indicare Giuseppe non è "padre putativo", o "padre nutrizio", o altre espressioni di comodo; è molto meglio chiamarlo "padre davidico" di Gesù. Il vangelo ci fornisce un secondo dato su Giuseppe, il mestiere: era fabbro-falegname. Sappiamo così la condizione economica sua e la condizione in cui sarebbe vissuta la Santa Famiglia, e Gesù stesso con Maria, dopo la morte di Giuseppe. Un artigiano era considerato di media condizione sociale: povero, ma non misero. Viveva del suo lavoro quotidiano, che poteva essere completato con i frutti di un orto, di alberi da frutta, di qualche animale domestico. Una terza informazione ce la fornisce Matteo, definendo Giuseppe un uomo "giusto". È molto ricco il significato biblico di questo termine: 014

indica grande rettitudine, piena osservanza della legge di Dio, apertura e totale disponibilità alla volontà divina. Non c'è dubbio che i genitori dei due sposi abbiano cercato, per i loro figlioli, la persona adatta; e non c'è dubbio che lo Spirito Santo li abbia assistiti nella loro decisione. La condizione sociale di Giuseppe, un onesto e bravo artigiano, ci fa comprendere anche le condizioni economiche della famiglia di Maria. A differenza dei fantasiosi racconti degli apocrifi, che fanno di Maria una figlia unica e ricca ereditiera, è chiaro che anche la famiglia di Maria era di modeste condizioni. Così pure la vita della Santa Famiglia sarà stata contrassegnata da questo carattere di povertà dignitosa, non da miseria. Umile il paese in cui vivono, umile il mestiere di Giuseppe e poi di Gesù; povera la condizione in cui si trovano a Betlemme e povera l'offerta che fanno al Tempio, in occasione della presentazione di Gesù, a quaranta giorni dalla nascita. Maria e Giuseppe appartenevano a quei "poveri diJahvè" che la Bibbia esalta, perché si abbandonano fiduciosi al Signore; il Signore si rivela a loro e li trova disponibili per realizzare i suoi grandi piani. La povertà che il vangelo chiama "beata", sì da proporla anche come scelta volontaria, non è esaltazione del pauperismo e della miseria. E riconoscimento di quanto i valori spirituali siano superiori, rispetto alla tendenza umana a rincorrere i valori passeggeri. E fede nelle promesse divine e costante apertura a compiere la volontà di Dio, ricercata nelle sue parole e nelle circostanze della vita. RIFLESSIONI. Su Maria - Non si è sottratta agli usi del suo popolo, ne all'ubbidienza ai suoi genitori. Ha saputo vedere in tutto questo l'opera di Dio, contrariamente all'apparenza. L'evidenza dei fatti, ossia il matrimonio con Giuseppe, sembrava rompere e annullare il suo proposito di totale appartenenza al Signore. Non ha cessato di confidare che il Signore, se voleva questo da lei, le avrebbe fatto osservare la verginità anche nel matrimonio. Su noi - Certamente i genitori di Giuseppe hanno scelto bene, e Giuseppe si sarà sentito felice; in un paese così piccolo, si conoscevano tutti molto bene. Non hanno cercato la ricchezza o valori effimeri, ma la 015

virtù. Non c'è vero amore se non nella luce di Dio e col desiderio di compiere la sua volontà, la missione che si aspetta da noi. La disponibilità a compiere la volontà di Dio non ci fa mai sentire dei frustrati, anche se gli avvenimenti ci portano fuori dai nostri progetti e dalle nostre aspirazioni. Dante direbbe: "Ed in sua voluntate è nostra pace".

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Quinto giorno Esulta, rallegrati, gioisci! Immacolata, sempre vergine, sposa di Giuseppe: ora Maria è pronta per il grande annuncio della sua missione. Il fatto si colloca chiaramente durante l'anno di attesa delle nozze, quando già era avvenuta la dichiarazione di matrimonio, per cui la ragazza era già sposa di Giuseppe a tutti gli effetti, anche se normalmente, in questo periodo, si aspettava ad avere i rapporti matrimoniali, benché legittimi. Il messaggero divino irrompe potentemente nella vita della Vergine, in modo sconvolgente; quasi certamente il fatto è avvenuto nella sua casa, per cui è legittima la scritta che leggiamo sia a Nazaret sia a Loreto, ove si ritiene che abbia avuto luogo l'Annunciazione: "Qui il Verbo di Dio si è fatto carne". Kdire, kecaritoméne: esulta, o favoritissima di Dio; rallegrati, tu che sei ricolma delle grazie divine; gioisci, eletta da Dio che ti ha ricolmata di predilezione. Così possiamo tradurre il saluto dell'angelo. Sono parole di grande pregnanza e di diretto riferimento messianico; perciò hanno il potere di turbare la fanciulla: comprende che in esse c'è uno straordinario progetto da parte di Dio, ma non capisce di che cosa si tratti. Kdire non è il comune saluto ebraico, shalòm, pace a te; ne il semplice ave, o salve, che purtroppo hanno prevalso nelle nostre traduzioni. Kdire (esulta, rallegrati, gioisci) è un saluto particolare, usato solo dai profeti Gioele, Zaccaria, Sofonia, e solo con riferimento messianico: "Esulta, figlia di Sion, perché il Signore è in mezzo a te". Al sentirsi rivolte queste parole messianiche, riferite proprio a lei, è spontaneo il turbamento di Maria che vi riflette, senza capire; ma non chiede nulla, perché lei è la vergine che attende, che crede, che non domanda spiegazioni. Una piccola parentesi. I biblisti sono concordi nel dirci che tutto questo racconto non ricalca gli schemi biblici delle nascite miracolose; ad esempio, quando a Sara viene annunciata la nascita di Isacco, o ad Anna la nascita di Samuele, o a Zaccaria quella del Battista. Eventi supplicati e desiderati, resi impossibili dalle circostanze di vecchiaia e 017

sterilità, ma per i quali non occorreva chiedere alcun consenso. Invece l'Annunciazione segue gli schemi biblici delle missioni speciali, delle vocazioni straordinarie: c'è il saluto iniziale, l'annuncio della missione, l'attesa della risposta. Maria riflette su quel saluto messianico, sull'evidente fatto che Dio le chiede qualche cosa di grande. Lei sa che il Messia sarebbe nato da una donna (Protovangelo) e che sarebbe stato concepito da una vergine nel popolo ebraico; non sa che la donna prescelta è proprio lei, l'umile e sconosciuta fanciulla di Nazaret. E l'angelo spiega: "Non temere... avrai un figlio... lo chiamerai Gesù... sarà grande, sarà Figlio di Dio, sarà rè...". Maria non esita un istante; non chiede segni, ma chiede ordini: come deve comportarsi per corrispondere pienamente alla volontà divina? La sua domanda: "Come avverrà questo? io non conosco uomo", ossia non ho rapporti coniugali, è un'esplicita rivelazione del suo proposito di verginità. "Debbo continuare così? Debbo cambiare?". Non pone nessuna condizione a Dio, lei che è la schiava del Signore; chiede solo cosa deve fare. La risposta di Gabriele, "Lo Spirito Santo scenderà su di te...", non è solo la conferma di come nascerà quel Figlio, e non è solo la conferma che sarà il vero Figlio di Dio; ma è anche il darle la sicurezza che il suo proposito di verginità proveniva da Dio e che sarebbe stato mantenuto pure nel matrimonio. A questo punto è Dio che aspetta una risposta dalla sua creatura. Ci ha creati intelligenti e liberi, e come tali ci tratta. Anche i suoi doni eccelsi il Signore li offre, mai li impone. Dirà il Vaticano secondo: "Volle il Padre delle misericordie che l'accettazione della madre predestinata precedesse l'incarnazione" (Lc 56) e aggiungerà nello stesso paragrafo: "Maria non fu strumento meramente passivo nelle mani di Dio, ma cooperò alla salvezza dell'uomo con libera fede e obbedienza". E subito la pronta risposta: "Eccomi, sono la schiava del Signore; avvenga di me quello che hai detto". Non so se si possa pensare a un momento più grande nella storia umana, paragonabile a questo, quando il Verbo di Dio si è fatto carne ed è venuto ad abitare in mezzo a noi. E venuto e non ci ha più abbandonati: "Resterò con voi fino alla fine dei tempi". Quando Adamo ed Eva furono cacciati dal paradiso terrestre, con la prospettiva della fatica e della morte, non uscirono da disperati. Iddio

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aveva detto per loro una grande parola, condannando il serpente che li aveva ingannati: "Sii tu maledetto... Porrò inimicizia tra te e la donna, il tuo seme e il seme di lei; esso ti schiaccerà la testa" (Gn 3,15). C'era una speranza: quella donna e il suo figlio (il seme di lei) che avrebbe sconfitto Satana. Ma quando sarebbe venuta quella donna? E quando avrebbe trionfato il suo figlio? Nel lungo periodo di attesa la promessa messianica si è andata precisando. Con Abramo Dio si sceglie un popolo, da cui sarebbe nato il Benedetto. Tra le varie tribù di Israele la predilezione cade sulla tribù di Giuda; tra le tante famiglie di Giuda la promessa si fissa su quella di Davide. Ma quando e come si sarebbero realizzate le profezie? Ecco finalmente la donna prescelta e benedetta. I suoi genitori l'hanno chiamata Maria; l'angelo Gabriele la chiama "ricolma dei favori celesti"; essa stessa si definisce "schiava del Signore". E lei la donna promessa, la vergine che partorirà un figlio. Il popolo ebraico attendeva il Messia, un uomo. Mai più avrebbe potuto pensare che l'inviato da Dio sarebbe stato il suo stesso Figlio unigenito. E qui la pagina dell'Annunciazione si fa ancora più importante. Per la prima volta appare con tutta chiarezza il mistero trinitario, di cui nell'Antico Testamento c'era solo qualche velata allusione: il Padre invia l'angelo Gabriele, che già era apparso a Daniele per le grandi profezie messianiche, e che alcuni mesi prima era apparso a Zaccaria, per annunciargli la nascita del Battista; il Figlio si incarna nel seno della Vergine, unendo così alla sua natura divina la natura umana, nell'unica persona del Verbo; lo Spirito Santo scende su Maria per attuare quel grande mistero, per cui Maria restando vergine diventa madre, e madre del Figlio di Dio. A questo punto non resta che contemplare il mirabile procedere di Dio e come compie le sue promesse assai meglio di quanto l'uomo avrebbe potuto desiderare o sognare. RIFLESSIONI. Su Maria - La sua grandezza: è grande perché è prescelta; è grande perché crede; è grande perché è disponibile a quanto il Signore le 019

domanda, senza condizioni. I tre nomi con cui viene indicata: Maria, significa "amata da Dio", è il primo passo verso ciò che Dio voleva fare di lei; "ricolma dei favori celesti" (siamo anche soliti dire: "piena di grazia"), è quanto il Signore sta operando in lei; "schiava del Signore", è la più giusta risposta della creatura umana di fronte alle divine richieste. La Trinità che si rivela e opera in lei la suprema meraviglia, l'incarnazione del Verbo, acquista con lei un rapporto unico, irripetibile, al di sopra di ogni altro rapporto con esseri creati. Su noi - Queste meraviglie di Dio non si sono operate con lo scopo di onorare Maria, ma per la nostra salvezza. Vediamo subito l'amore della Santissima Trinità verso ciascuno di noi: Gesù si è incarnato per noi, per salvarci. È evidente il ruolo di Maria in questo piano divino che si realizza, la sua collaborazione con Dio e la gratitudine di cui le siamo debitori.

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Sesto giorno Due madri più due figli "Vedi, anche Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia, ha concepito un figlio e questo è il sesto mese per lei, che tutti dicevano sterile. Nulla è impossibile a Dio". Così aveva detto Gabriele a Maria, annunciandole che suo figlio sarebbe nato per opera dello Spirito Santo, ossia in un modo del tutto miracoloso: Colui che aveva reso fecondo il seno sterile e vecchio di Elisabetta aveva tutto il potere di rendere fecondo il seno giovane di Maria, mantenendola vergine. La Madonna non aveva chiesto nessun segno, nessuna prova. Perché allora l'angelo le ha dato un segno, e quel segno? Ci sembra facile capirlo. In primo luogo voleva ribadire a Maria che in lei sarebbe avvenuto un fatto del tutto miracoloso, di cui non c'era mai stato un esempio prima e di cui non ci sarebbe mai più stato un esempio dopo: che una vergine concepisse ad opera dello Spirito Santo, rimanendo vergine prima, durante e dopo il parto, conforme alla scelta che Maria aveva fatto, dietro ispirazione divina. Ma c'era anche un altro motivo che la giovanissima madre ha compreso subito: annunciandole la miracolosa concezione del Battista, Gabriele voleva farle capire che c'era una stretta relazione tra quei due bambini, nati entrambi in modo miracoloso, anche se diverso, e della cui nascita Gabriele stesso era stato l'annunciatore inviato dal Padre. Maria comprende che c'è un legame tra il suo bambino, Figlio di Dio, e il bambino di Elisabetta; un legame di missione, per cui il Battista sarà il precursore di Gesù, colui che gli preparerà la strada. Ecco allora che Maria corre là dove il piano di Dio ha iniziato a realizzarsi. La città montana della Giudea, in cui abitava Elisabetta, viene comunemente identificata con Ain Karem, a sette chilometri da Gerusalemme. Era facile trovare carovane dirette alla Città Santa, a cui aggregarsi per il viaggio, certamente in compagnia di qualche parente. Pensiamo che non ci sia stata la compagnia di Giuseppe, suo marito, che altrimenti avrebbe scoperto subito il grande mistero nascosto nella sua sposa: non si spiegherebbe la sua meraviglia dimostrata al ritorno di 021

Maria a Nazaret. Un percorso di circa centosessanta chilometri potrà aver richiesto cinque o sei giorni di cammino (si camminava a piedi, ma c'era un'abitudine a camminare che noi abbiamo completamente perduto). Ed ecco finalmente il grande incontro, che siamo soliti indicare con la parola visitazione. Lo chiamo grande incontro perché non si è trattato di una visita privata tra parenti. Nel vangelo non c'è posto per episodi di valore personale; il vangelo è la predicazione della buona novella, è annuncio della salvezza operata da Dio; non è storiografia. Qui c'è subito un insegnamento che l'evangelista vuole darci e che ha un valore perenne: da quando Maria ha concepito il Figlio di Dio, pervasa dallo Spirito Santo, ovunque lei si rechi, c'è anche sempre la presenza di Gesù e dello Spirito. Ecco l'esperienza che ha fatto subito Elisabetta, appena la giovanissima parente ha messo piede nella sua casa e la saluta. Non so che timbro avesse la voce di Maria, ma conosco bene l'efficacia della sua presenza. E non è solo questo il primato di Elisabetta, ne ha ben altri: è la prima che, alla presenza di Maria, viene ripiena di Spirito Santo; e la prima ad esaltare Maria per la sua maternità: "benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo!"; è la prima a riconoscere in Maria la Madre di Dio, chiamandola "madre del mio Signore"; è la prima ad annunciare una beatitudine evangelica: "beata te che hai creduto". Si noti che tutta la Bibbia è piena di beatitudini, è il libro delle beatitudini; si pensi anche solo a quanti salmi incominciano con le parole: "beato chi...". Così il vangelo, che non contiene solo le otto beatitudini del discorso della montagna, anche se queste hanno un particolare valore programmatico. Mi pare che Elisabetta, quanto a primati, ne abbia una buona collezione. A questo punto è chiaro che i protagonisti dell'incontro diventano esplicitamente i bambini che le due mamme portano in grembo. Giovanni esulta di gioia alla presenza del suo Signore, realizzando la profezia detta da Gabriele a Zaccaria, cioè: che il bambino sarebbe stato santificato fin dal seno materno. E Gesù inizia la sua grande opera di santificazione. È stato appena concepito, ma non è un grumo di sangue, come pretendono i moderni assassini, che hanno fatto approvare leggi assassine; è il Figlio di Dio! È questo un insegnamento che deve avere ben chiaro ogni donna che concepisce un figlio. C'è poi un altro aspetto da sottolineare, in questo incontro di grande 022

valore profetico e salvifico: esso richiama un episodio biblico che sembra esserne un'anticipazione. Quando l'arca dell'alleanza, di cui Dio aveva preso possesso ricoprendola con la sua ombra per indicare la propria presenza, fu riportata a Gerusalemme dal rè Davide, fece prima una sosta. Il rè ebbe un momento di esitazione, di terrore per la santità dell'arca, quando Uzza morì improvvisamente, solo perché aveva osato toccarla. Davide la fece allora sostare nella casa di Obed Edom per tre mesi, lo stesso periodo che Maria passò presso la cugina. Poi, quando si decise a farla trasportare definitivamente a Gerusalemme, sentì tutta la sua indegnità ed esclamò: "A che debbo che l'arca del mio Signore venga a me?" (2Sam 6,9). Tutto quell'episodio era un segno profetico. La vera arca dell'alleanza è Maria, a cui l'angelo ha detto: "Lo Spirito Santo scenderà su di te, su di te stenderà la sua ombra la potenza dell'Altissimo". Ed Elisabetta, compenetrata dalla divina presenza, ripete quasi le parole umili di Davide: "A che debbo che la madre del mio Signore venga a me?". E stupendo questo realizzarsi del piano di Dio, che dalle anticipazioni velate dell'Antico Testamento trova le sue attuazioni nel Nuovo. La visitazione ci riporta uno degli episodi più gioiosi della vita di Maria. E non sono poi tanti! L'esultanza di Elisabetta, l'esultanza del Battista ci dicono chiaramente la gioia che arreca la presenza di Maria, ovunque si rechi, ovunque ottenga accoglienza. Perché con lei c'è sempre la presenza di Gesù che dona la grazia della salvezza, e la presenza dello Spirito Santo che illumina, che fa comprendere i grandi misteri di Dio. RIFLESSIONI. Su Maria - È la vera e stabile arca dell'alleanza, ossia la dimora di Dio; anzi è di più, perché è colei da cui Dio ha assunto la natura umana, per vivere in mezzo a noi come nostro fratello. Accogliere Maria è la via per ricevere Gesù e lo Spirito Santo. La prima beatitudine del vangelo, "beata te che hai creduto", è la beatitudine della fede; ad essa corrisponde bene l'ultima beatitudine proclamata da Cristo risorto, a Tommaso: "Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che credono, pur senza aver visto!" (Gv 20,29). Maria è modello di chi crede senza prima vedere. 023

Su noi - Forse non abbiamo ancora compreso chi è Maria; i vari primati di Elisabetta ci sono di aiuto e di guida. Illuderci di ottenere Gesù e lo Spirito Santo senza passare attraverso Maria, non è conforme alla via seguita da Dio. La fede, non la sensibilità, ci dice che la salvezza inizia accogliendo Maria.

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Settimo giorno Il canto della gioia Non riporto qui il Magnificat (Lc 1,46-55), ma prego chi legge di averlo ben presente. Al saluto esaltante e ispirato di Elisabetta, Maria risponde con un cantico di lode a Dio che costituisce il principale inno del Nuovo Testamento. Coloro che hanno l'impegno o la buona abitudine di recitare a sera la preghiera dei Vespri, non mancano mai di ripetere quotidianamente il canto della Vergine. Elisabetta, illuminata dallo Spirito, ha rivolto a Maria un saluto stupendo, che noi continuamente ripetiamo recitando \Ave Maria; non deve meravigliare se la Vergine, più che mai ripiena di Spirito Santo e tempio vivente del Figlio di Dio, risponda con un cantico di straordinaria ricchezza. Teniamo anche conto del momento psicologico che in quel momento pervade la giovane madre. Certamente il suo cuore traboccante di gioia, per quanto il Signore stava facendo in lei, aveva dovuto chiudersi nel suo discreto silenzio, non aveva potuto confidarsi con nessuno. Ora finalmente, vedendo che il suo segreto era stato rivelato alla cugina, già felice da parte sua per l'inaspettato concepimento del Battista, può esplodere liberamente in quell'inno di lode, che certamente si era già andato formando dentro di lei, e che cantava nel suo cuore, fin dalla partenza dell'angelo annunziatore. Il Magnificat ha caratteristiche uniche. Ogni sua espressione, ogni sua parola trova riscontro nell'Antico Testamento e potremmo elencare oltre un'ottantina di citazioni. Eppure il risultato non è una cucitura di testi biblici, quasi un'antologia di citazioni, ma è un canto nuovo, che rivela tutta la freschezza e la spontaneità del cuore in festa che lo ha composto. Maria è felice. E felice perché Dio l'ha scelta, senza badare al suo niente; è felice perché in lei c'è Gesù: è il Figlio di Dio, ma è anche pienamente figlio suo, carne della sua carne, sangue del suo sangue; già se lo stringe al cuore e sogna i suoi occhi, il suo sorriso, quel volto che certamente più di qualsiasi volto le rassomiglia (come si esprime 025

Dante). E felice perché si trova con una parente che la comprende e con la quale può dare sfogo alla sua gioia. La felicità di Maria ha un'unica origine, deriva tutta da ciò che Dio ha operato in lei. Perciò ogni lode va data a Dio. Elisabetta loda e benedice Maria; Maria loda e benedice Dio. All'inizio prende le mosse dal cantico di Anna, un'altra mamma che si è trovata nella gioia della maternità per una grazia straordinaria del Signore, essendo sterile, e ha cantato la sua lode a Dio in attesa del figlio Samuele. Poi Maria ripercorre, con i riferimenti del suo canto, un po' tutti i libri storici e profetici della Bibbia; soprattutto cita i Salmi. Eppure non c'è nessuna pesantezza in questo accavallarsi di riferimenti, ma c'è tutta la spontaneità di un inno nuovo. Come è possibile? Un segreto che tutti siamo chiamati a scoprire è la bellezza dei Salmi: Dio stesso ci insegna le parole con cui lodarlo, parole che spesso rispecchiano anche la nostra situazione presente, lo stato d'animo in cui ci troviamo in quel momento. Le preghiere bibliche non sono solo preghiera; sono anche scuola di preghiera. Chi le usa abitualmente, come certamente faceva Maria, impara anche a rivolgersi a Dio con preghiere spontanee, che ricalcano i concetti, le parole stesse della Bibbia. Giustamente il Vaticano secondo ha incoraggiato tutti i fedeli a recitare l'Ufficio divino, specie Lodi e Vespri, che ne costituiscono i cardini (SC 100). Se poi analizziamo il Magnificat, rileviamo con facilità la sua divisione in tre parti, dall'andamento e dal contenuto del tutto diversi. All'inizio il canto è strettamente personale: la Vergine riflette su quanto il Signore ha operato in lei; eppure, anche se i concetti sono riferiti alla sua persona, esprimono verità di valore universale; tutto ciò che Dio ha fatto in Maria ha lo scopo di attuare il piano della salvezza. Il Signore ha rivolto il suo sguardo alla nullità della sua serva; essa si sente proprio di essere un niente, ma un niente che è stato oggetto della scelta gratuita di Dio, che ha operato in lei grandi cose; perché lui solo è grande, potente, santo. È un chiaro invito a non guardare e lodare lei, ma guardare e lodare Dio; ciò che lei è divenuta, di una grandezza eccezionale, è tutta opera di Dio. E procede. Pensiamo al coraggio di questa fanciulla che, in attesa di un figlio, osa fare su se stessa una profezia che nessuno avrebbe mai azzardato: "D'ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata". Chi non avesse avuto la luce di Elisabetta, l'unica presente, avrebbe pensato al vaneggiare di una donna impazzita. Invece, a duemila anni di 026

distanza, noi siamo testimoni di come questa profezia si sia avverata e continuamente si avveri, con un crescendo impressionante. La seconda parte del Magnificat presenta un andamento tutto diverso. La mitissima Maria, riflettendo sul comportamento divino, usa un linguaggio quasi violento: i superbi e i loro progetti vengono gettati nel nulla; i potenti sono scaraventati a terra dai loro troni; i ricchi si ritrovano miserabili. In compenso sono innalzati gli umili e gli affamati sono ricolmati d'ogni bene. È già proclamata la rivoluzione del discorso della montagna, la proclamazione delle Beatitudini. É una rivoluzione tutta nuova, rispetto ai cantici dell'Antico Testamento (penso a Debora, a Maria sorella di Mosé, a Giuditta), in cui si esaltava Dio per vittorie militari. Ora la vittoria è ben altra. Nella terza parte Maria si identifica col suo popolo, il popolo dell'Alleanza, depositario della grande promessa. Cita in particolare Abramo, il primo prescelto e di cui essa si sente figlia; Dio gli aveva giurato: "In te saranno benedette tutte le nazioni della terra" (Gn 12,3). Maria vede realizzate in sé tutte le promesse fatte da Dio a Israele, per mezzo dei padri, ma rivolte alla salvezza di tutta l'umanità. Il passato è rievocato in vista del futuro; Israele è stato suscitato perché fosse depositario delle promesse divine e si è sviluppato in vista dell'avvento del Messia. Ora questa missione è terminata perché si è attuata in Maria. Da lei prende l'avvio il Messia stesso e il nuovo popolo di Dio. RIFLESSIONI. Su Maria - L'umiltà non è mai contro la verità. Maria è consapevole della grandezza a cui è stata innalzata e insieme del fatto che, personalmente, non ha nulla di cui vantarsi: tutto è dono di Dio, e lui solo va lodato, E la sola volta in cui Maria parla a lungo; forse vuole insegnarci che è molto importante parlare con Dio, adorarlo, ringraziarlo, riferire a lui quanto possiamo avere di buono. Su noi - Le preghiere bibliche sono preghiera e scuola di preghiera; impariamo a farle nostre al punto di esprimerci con preghiere 027

spontanee, ispirate ai concetti biblici. Uniamoci al coro di tutte le generazioni che lodano Maria; ma non dobbiamo mai fermarci a Maria: attraverso lei si giunge sempre a Dio. "Per Mariam ad Jesum": attraverso Maria si giunge a Gesù. È per questo che il centro e il culto di tutti i santuari mariani non è mai Maria, ma Gesù eucaristico.

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Ottavo giorno Come soffre un giusto "Ecco come avvenne la nascita di Gesù: sua madre Maria, sposa di Giuseppe, prima che iniziassero a vivere insieme, si trovò incinta per opera dello Spirito Santo. Giuseppe suo sposo, che era giusto e non voleva esporla al pubblico ludibrio, decise di dimetterla in segreto. Ma quando aveva già preso questa decisione, ecco che un angelo del Signore gli apparve in sogno per dirgli: "Giuseppe, figlio di Davide, non temere a prendere con te Maria, tua sposa. Ciò che in lei è stato concepito è opera dello Spirito Santo. Darà alla luce un figlio e tu lo chiamerai Gesù; egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati" (Mt 1,18-21). Notiamo la meticolosità con cui Matteo ci narra questi fatti. È molto importante sapere con esattezza come sono andate le cose, non per soddisfare il nostro interesse storico che, come già abbiamo rilevato, esula dalle intenzioni degli evangelisti, ma per confermarci su due verità di fondamentale importanza salvifica: che veramente Gesù è Figlio di Dio, concepito per opera dello Spirito Santo, come ci ha riferito Luca nella pagina dell'Annunciazione; e che veramente Gesù è il Messia promesso, in cui si sono avverate tutte le profezie. In particolare: che doveva essere un discendente di Davide e che sarebbe stato concepito da una vergine. Sono questi gli scopi che Matteo si prefigge, per cui prende le mosse da un fatto che diventa sempre più evidente, dopo i tre mesi passati da Maria presso Elisabetta: Giuseppe si accorge che sua moglie è incinta. Quali giornate drammatiche, di dubbio atroce, deve aver passato questo giovane sposo! Uomo giusto, era ben deciso a fare un santo matrimonio conforme alla legge di Mosé; e lo aveva contratto con la certezza di aver trovato la sposa ideale: una fanciulla che conosceva dalla nascita (in quel paesetto era così per tutti), verso cui aveva una stima e un affetto immensi, tali da escludere in modo assoluto di trovarsi di fronte a un tradimento; se avesse pensato questo, avrebbe avuto il dovere di denunciare la moglie come infedele. Forse i genitori, 029

gli amici già si rallegravano con lui per il figlio che gli sarebbe nato; in Giuseppe c'è solo un tormento che non gli dà pace, che cresce di settimana in settimana, come cresce in lui il maturarsi di una dolorosissima decisione. Ci stupisce il silenzio di Maria; ma se riflettiamo sulla sua personalità, sul suo modo di comportarsi, non ci stupiamo più e troviamo che il suo silenzio ha seguito il comportamento più ragionevole da tenersi in quella occasione. Anche lei deve aver sofferto pene tremende. Leggeva nel volto del suo sposo, sempre più marcato ad ogni incontro, il dubbio, la sofferenza, l'incertezza sul da farsi, ma capiva che non spettava a lei intervenire. Ciò che era avvenuto in lei era straordinario ed era l'attuazione del più grande piano divino. Non era suo compito rivelarlo e farlo comprendere; un fatto così straordinario apparteneva al Padre, che le aveva mandato l'angelo; al Figlio che portava nel seno; allo Spirito che l'aveva resa feconda. Perciò taceva e aspettava, quando tacere e aspettare sono le due cose che costano di più. Ammiriamo il silenzio di Maria, ma ci sbalordisce il silenzio di Dio. Con Elisabetta era bastato il suono della voce di Maria perché lo Spirito le rivelasse tutto. Quanto avrà sofferto Giuseppe per il silenzio di Maria, ma quanto avrà sofferto Maria per il silenzio di Dio! Poco per volta Giuseppe matura la decisione più dolorosa di tutte: si convince di trovarsi di fronte a un mistero, a un fatto più grande di lui. Meglio troncare tutto. Nella forma più delicata possibile, "in segreto" come dice Matteo (bastava la presenza di due testimoni), decide di dare alla sposa il libello di ripudio; allora era molto facile per un uomo ripudiare la propria moglie, con qualsiasi pretesto. E il libello di ripudio era considerato una garanzia per la donna, che così era libera di sposarsi di nuovo. Solo allora, quando Giuseppe era giunto nella sofferenza a questa decisione, arriva l'angelo a rivelargli la verità. Siamo sinceri, noi siamo propensi a pensare subito: perché Dio non ha mandato l'angelo prima? Perché ha permesso tanto tempo di lancinanti dolori per entrambi i santi sposi, da lui così amati e prediletti? Credo che siano gli stessi motivi per cui il Padre ha richiesto al Figlio il sacrificio della croce. Le vie di Dio non sono le nostre vie. Il Signore ci chiede di fare la sua volontà, non ci chiede di comprenderne i motivi profondi, spesso superiori alle nostre capacità terrene.

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A questo punto possiamo capire la gioia di Giuseppe. "Non temere di prendere con te Maria, tua sposa", gli ha detto l'angelo. Non aveva più nessuna paura; sarà corso da Maria con quanta forza aveva in corpo, per dirle che ora sapeva tutto, che tutto era chiaro; avrà avuto fretta di stabilire il giorno delle nozze solenni; dopo tanta paura di doversi staccare dalla sua amatissima sposa, ora si sentiva certo che non si sarebbe mai più staccato da lei. Anche per la Vergine sarà stata la fine di un incubo e avrà ringraziato Dio, che ha così premiato la sua fiducia, il suo abbandono. Ma queste sono solo considerazioni personali, umane. Ben altro è quello che ha compreso Giuseppe. Ha capito che la sua sposa era addirittura la Madre di Dio, ha capito che lui era il fortunato discendente di Davide, per mezzo del quale si realizzavano le profezie messianiche. Ha capito che il suo matrimonio con Maria era tutt'altra cosa rispetto a quello che lui immaginava: Iddio affidava proprio a lui le persone più care e più preziose che siano mai esistite: Gesù e Maria. Ha compreso e accettato con gratitudine il suo ruolo, di cui si sarà sentito totalmente indegno. Qui davvero dobbiamo scoprire il piano di Dio riguardo alla figura di Giuseppe; ne parleremo nella prossima riflessione. A conclusione ci limitiamo a far notare come la profezia di Isaia, "Una vergine concepirà", riceve solo da Matteo un'esatta spiegazione. Spesso le profezie dell'Antico Testamento contengono accenni velati, che si chiariscono solo al momento della realizzazione. Anche in questo caso l'espressione non era chiara. Lo stesso termine usato da Isaia, almah, poteva indicare una fanciulla, una giovane sposa. Solo con la straordinaria maternità di Maria e il richiamo di Matteo ne comprendiamo il senso esatto: una vergine. RIFLESSIONI. Su Maria - La divina maternità non l'ha esentata dalla sofferenza. Forse, questo dubbio di Giuseppe e l'incertezza sulle sue decisioni, è stata la prima sua grande sofferenza; ma molto più grandi e continue saranno quelle future. Giustamente santa Teresa d'Avi la ci fa notare che il Signore manda più croci a coloro che più ama. La sua elezione non ha neppure dato alla Vergine una comprensione dei piani di Dio che la 031

preservasse da dubbi, incertezze, interrogativi rimasti senza risposta. Su noi - Spesso il cammino della nostra vita segue un corso tutto diverso dalle nostre previsioni. Giuseppe per noi è un grande modello di disponibilità. Il Signore non è tenuto a darci spiegazioni sul suo comportamento; egli cerca chi fa la sua volontà, anche se spesso non ce ne dice o non ce ne fa comprendere i motivi. Talvolta ci chiede un intervento attivo; altre volte ci chiede un abbandono fiducioso. Avere pazienza, tacere, attendere, sono virtù che spesso ci costano assai più che agire.

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Nono giorno Sposi felici uniti da Dio "Non temere di prendere con te Maria, tua sposa": era il desiderio più grande di Giuseppe, che in tutta quella sua sofferenza temeva soprattutto di dover rinunciare a sua moglie. Risolto felicemente ogni dubbio, non mancava che procedere alle nozze solenni, ossia all'introduzione della sposa nella nuova casa, che nel frattempo lo sposo aveva preparato. Anche i poveri, per quell'occasione unica nella vita, con l'aiuto dei parenti, ponevano ogni cura per solennizzare al massimo la festa. facile pensare che anche le nozze di Giuseppe e Maria siano state lietissime, con la numerosa presenza di parenti e amici, rallegrate da musiche e canti, per la durata di sette giorni, come era l'uso del tempo. Ma tra i due sposi c'era un segreto che essi soli conoscevano: c'era la presenza del Figlio di Dio, colui che li aveva uniti e per il quale sarebbero vissuti. Per cui Giuseppe non può avere ignorato la sacralità di quel gesto, di introdurre Maria, la nuova e vera arca di Dio, nella sua casa. E assai facile, con la conoscenza che tutti gli ebrei avevano della Bibbia, che abbia pensato al sacro testo: "In quei giorni Davide convocò tutto Israele in Gerusalemme, per trasportare l'arca del Signore... Disse ai capi dei leviti di mandare i loro fratelli, i cantori con gli strumenti musicali, arpe, cetre e cembali, perché innalzando le loro voci facessero udire i suoni di gioia" (1 Cr 15,3ss). Ma ciò è ancora poco. Occorre affrontare un altro argomento che ci fa comprendere la grandezza di Giuseppe, per il ruolo che Dio gli ha affidato e che lui ha con gioia accettato. Anche lui forse avrà detto, conscio della sua pochezza, le parole di Davide e di Elisabetta riguardo all'arca dell'alleanza e alla vera arca di Dio: "Chi sono io, perché la madre del mio Signore e il mio stesso Signore vengano nella mia casa?". E avrà incominciato a rendersi conto dei motivi che gli facevano comprendere il suo ruolo. Un sicuro motivo per cui lui era stato scelto, un motivo ripetuto dall'angelo nell'annuncio a Maria e dall'angelo che gli era apparso in 033

sogno: lui era un figlio di Davide, un membro della casa di Davide; è per mezzo suo, in forza del suo matrimonio con Maria, che il Messia avrebbe attuato la profezia di appartenere alla famiglia di Davide. A noi forse può sembrare poco; ci parrebbe meglio se fosse stata Maria ad appartenere al ceppo davidico. Invece non fu così. Dobbiamo tener conto che spesso le profezie messianiche sono generiche, e che Dio nell'attuarle usa grande libertà. Fin dall'inizio, quando il profeta Natan promette a Davide una casa stabile (2Sam 7,14), è naturale pensare a una dinastia regale a tempo indeterminato. Invece la dinastia davidica è terminata con la deportazione in Babilonia. Al ritorno dall'esilio, l'unico personaggio importante, tra i discendenti di Davide, è Zorobabele; ma è vissuto circa cinquecento anni prima di Cristo. Poi il casato di Davide non ha più avuto nessuna importanza politica, e sempre più le parole di Natan sono state interpretate in senso messianico. Dio le ha realizzate col matrimonio tra Maria e Giuseppe. Ma qualcosa di ben più importante ha compreso Giuseppe: ha capito chi era la sua sposa e chi era il bambino che ella aveva concepito. Maria era la donna tanto attesa, profetizzata nella Genesi; era la vergine partoriente, predetta da Isaia come un segno di salvezza; il figlio, concepito per opera dello Spirito Santo, era il Figlio stesso di Dio, Dio come il Padre. Ha capito che il silenzio di Maria aveva avuto un duplice scopo: di salvaguardare il segreto sull'identità di quel bambino, segreto che Gesù stesso rivelerà poi poco per volta, con molta discrezione; e taceva per non rivelare la sua personale identità di Madre di Dio. Credo che sia questo il momento in cui Giuseppe ha riflettuto seriamente su se stesso, comprendendo che cosa Dio si aspettava da lui, affidandogli Gesù e Maria. Se prima aveva una stima tale di Maria, da escludere in qualsiasi modo una sua infedeltà, poi questa stima si è trasformata in venerazione vera e propria: Giuseppe è il vero e grande primo devoto di Maria santissima. Ma c'è altro. Nei primi secoli del cristianesimo la figura di Giuseppe era studiata e conosciuta più di oggi. Penso, ad esempio, al grande arco ricoperto di mosaici in Santa Maria Maggiore a Roma, risalente all'anno 432, in ricordo che l'anno prima, ad Efeso, Maria era stata proclamata Madre di Dio. Osservando le varie scene, vediamo che Giuseppe domina in quattro di esse: è visto come il capo della santa famiglia e della Chiesa, rappresentante del vescovo, testimone e custode della verginità di

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Maria, protettore ed educatore di Gesù. Riguardo a Gesù stesso, il segreto che Giuseppe custodisce nel suo cuore, insieme a Maria, è l'identità divina di quel figlio. Ma è anche la missione di quel bambino, che l'angelo gli ha rivelato con le parole: "Tu lo chiamerai Gesù; egli infatti libererà il suo popolo dai suoi peccati". Ecco delineato il compito per cui il Figlio di Dio si è fatto uomo: per salvare, per redimere dal peccato e così riaprire le porte del cielo. Proprio lui, Giuseppe, sarebbe stato il formatore, l'educatore, sotto l'aspetto umano, del Figlio di Dio, per prepararlo alla sua missione. A questo punto non è difficile capire il "sì" gioioso di Giuseppe, non meno gioioso del fiat di Maria, al ruolo che il Padre gli assegnava. Il suo matrimonio sarebbe stato diverso da quello che lui credeva e si proponeva, ma era immensamente più grande. Sempre Dio, quando chiama a una missione straordinaria, chiede la rinuncia ai progetti e alle vedute umane. Così fece con Abramo, quando lo invitò a lasciare la sua casa e la sua terra e a partire, senza dirgli dove l'avrebbe condotto. Così con i profeti (basti pensare ad Amos), che pensavano solo di continuare l'umile lavoro dei loro padri; così ha fatto con gli apostoli, invitandoli a lasciare tutto per seguirlo. E così continua a fare con chiunque chiama a una totale dedizione a lui. Quando, l'8 dicembre 1870, Pio nono proclamò san Giuseppe patrono della Chiesa universale, è sembrato a molti che invocasse un protettore in più, nel momento in cui stava per cessare il potere temporale dei papi. Era invece il riconoscimento di un dato evangelico: affidando a Giuseppe la persona di Gesù, Dio gli ha affidato anche il suo corpo mistico, la Chiesa. RIFLESSIONI. Su Maria - La sua fiducia, il suo abbandono in Dio hanno avuto piena ricompensa, anche se dopo tanto dolore. Da quel momento Maria ha l'aiuto anche di un fidatissimo compagno, che condividerà con lei gioie e dolori, come con lei già condivide i segreti dell'identità sua e di Gesù. I rapporti tra Maria e Giuseppe, dal momento che la loro unione era stata voluta da Dio tutta in funzione di Gesù, erano di estremo rispetto e intesa; non vi erano i comuni rapporti coniugali, ma vi era il vero amore, quell'amore che non sta nei sensi. 035

Su noi - La disponibilità ai piani di Dio, espressi dalle nostre doti e dalle circostanze, spesso possono portarci a dover rinunciare a progetti e mete. Il piano di Dio su ciascuno di noi è sempre un piano di salvezza: purché rimaniamo nella volontà di Dio, la nostra vita sarà un successo, in qualsiasi caso. E oltre all'aiuto di Maria, invochiamo l'aiuto di Giuseppe, sentendoci affidati a lui, come membra del corpo di Cristo.

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Decimo giorno Betlemme, la casa del pane "In quei giorni un decreto di Cesare Augusto ordinò che si facesse il censimento di tutta la terra". Così Luca, in 2,1, ci introduce al grande evento della Natività. Dio si serve delle cause seconde, che a noi sembrano del tutto accidentali, per compiere i suoi disegni. Il profeta Michea aveva profetizzato che il Messia sarebbe nato a Betlemme; il Signore si è servito di questa circostanza perché Gesù nascesse proprio là. Betlemme, che significa "casa del pane" (non ci sfugga il riferimento eucaristico), era un piccolo villaggio a sette chilometri da Gerusalemme; ora è una cittadina sempre in crescente sviluppo, che quasi si congiunge con la grande città. Incontriamo più volte Betlemme nella Bibbia. Da lì partì Noemi con i suoi due figli sposati, che morirono senza lasciare eredi. Allora Noemi ritornò nella casa natale, accompagnata da una delle nuore, la moabita Ruth. Il racconto biblico, nel libro che da Ruth prende il nome, ci riferisce con ammirazione la grande scelta di questa straniera. Invitata da Noemi a ritornare nella sua casa, come l'altra nuora, Ruth fece una scelta coraggiosa e di fede: "Il tuo popolo sarà il mio popolo, il tuo Dio sarà il mio Dio". Sposerà Booz e meriterà di far parte della genealogia del Messia, divenendo la bisnonna di Davide. A Betlemme Davide sarà unto rè da Samuele, quando ancora regnava Saul, alla presenza dei suoi fratelli. Sono grandi eventi, per un paese così piccolo. Ma l'evento più grande, che renderà Betlemme nota nel mondo, sarà la nascita di Gesù. Giuseppe si fa accompagnare da Maria, in occasione del censimento. Notiamo che le donne non erano tenute a far iscrivere il loro nome; forse Giuseppe non voleva separarsi da Maria in vicinanza del parto, o forse voleva fare iscrivere Maria nel censimento, tra i componenti della famiglia di Davide, perché anche il bambino risultasse pienamente tra i mèmbri di tale famiglia. "Per essi non c'era posto nell'albergo": penso che la scelta provvisoria dei santi coniugi sia stata dettata da convenienza, tenendo conto dell'evento che stava per compiersi in 037

Maria. Certamente i parenti, così ospitali presso gli ebrei, li avrebbero accolti. Ma le case consistevano in un'unica stanza, dove di sera si stendevano le stuoie per riposare, tutti insieme. Non era la soluzione adatta. Nel caravanserraglio c'erano stanze tranquille, ma a pagamento e quindi non adatte ai poveri; ci si poteva riparare sotto il porticato, in comune con tutti gli altri; ma anche questa soluzione non era soddisfacente. Meglio allora una grotta isolata, che serviva da riparo occasionale per i pastori e per il bestiame. Era un ripiego povero, ma discreto, tranquillo. Ed è qui che è nato Gesù, noi diremmo nelle condizioni di un baraccato. Eppure intorno a lui quanta maestà naturale! Ancora oggi, contemplando Betlemme dal "campo dei pastori", specie all'ora del tramonto o di notte, si resta incantati per il paesaggio collinoso, la vegetazione, il cielo tersissimo. Soprattutto Gesù era accolto dai due cuori più puri del mondo. I bizantini esprimono tutto questo con una bella preghiera natalizia: "Che cosa ti offriremo, o Cristo, per essere apparso sulla terra come uomo? Ognuna delle creature da te create ti offre infatti la sua riconoscenza: gli angeli, il canto; i cieli, una stella; i magi, i doni; i pastori; la loro ammirazione; la terra, una grotta; il deserto, un presepio. Ma noi ti offriamo per madre la Vergine Maria". San Francesco, con la sua grande sensibilità, ha voluto riprodurre al vivo la scena della Natività; ha così diffuso i presepi che, nei giorni natalizi, contempliamo nelle chiese, nelle case, spesso anche nelle piazze, nelle strade, nelle vetrine dei negozi. E ripetiamo con fiducia, in mezzo alle preoccupazioni che ci angustiano, le parole consolanti di Isaia: "E nato per noi un bambino, ci è stato dato un figlio", il Figlio di Dio. Più che mai nel Natale Maria rifulge per la sua massima elevazione: madre di Dio. Ma dobbiamo comprendere bene questo titolo stupendo. Mai nel vangelo leggiamo questa espressione, ma ella è illustrata e chiamata continuamente "madre di Gesù" ed è detto chiaramente che Gesù è Dio. Per cui, quando i primi scrittori cristiani usarono il termine Theotoékos (generatrice di Dio) non incontrarono nessuna obiezione. Fu Nestorio ad opporsi a questo titolo, perché era caduto in un errore cristologico: riteneva che in Gesù ci fossero due persone, quella divina e quella umana, per cui Maria era madre solo della persona umana di Cristo; era madre di un uomo. Insorse la polemica che determinò il concilio di Efeso, nel 431. La preoccupazione del concilio fu 038

principalmente cristologica: fu definito che in Gesù vi è un'unica persona, quella del Verbo, che incarnandosi in Maria ha associato alla natura divina la natura umana. Di conseguenza Maria è vera madre di Dio perché suo figlio è veramente Dio. È importante capire bene questa verità, per non incorrere in errori. Mai si è inteso fare di Maria una dea; essa resta sempre un'umile creatura come noi, che ha avuto bisogno di essere redenta in Cristo. E neppure quel titolo significa che Dio abbia bisogno di una madre che gli trasmetta la divinità. Il titolo "madre di Dio" è un titolo cristologico: significa che Gesù, nato da Maria, è vero Dio. Con quel titolo si afferma che Gesù è Dio fin dal primo istante della sua concezione. Per cui veramente Maria è madre di un figlio che è Dio. Ecco perché giustamente la proclamiamo Madre di Dio. Per noi cattolici questi concetti sono chiari. Dobbiamo però anche saperli esprimere con esattezza, per rispondere alle eventuali obiezioni. Aggiungiamo che anche per gli ortodossi e per i protestanti non ci sono dubbi sui due grandi dogmi mariani, definiti fin dall'antichità, prima di ogni scissione: Maria madre di Dio e Maria sempre vergine. Le difficoltà, specie per alcune confessioni della Riforma protestante, riguardano i due ultimi dogmi mariani di più recente promulgazione, l'Immacolata Concezione e l'Assunzione. Verso queste verità hanno posizioni diversificate; varie confessioni le propongono come possibilità a cui si è liberi di credere o non credere. Ma forse la difficoltà maggiore è data dagli altri titoli mariani, che noi attribuiamo alla Vergine, e dal culto da noi così sviluppato. RIFLESSIONI. Su Maria - Certamente il giorno della nascita di Gesù è stato uno dei giorni più gioiosi della sua vita, per cui non ha sentito i disagi della precaria sistemazione. La grandezza di Maria, madre di Dio, non ha tolto nulla alla sua umiltà, al suo attribuire tutto al dono gratuito di Dio. Per cui ella si offre a noi più che mai con la sua materna attrattiva. Su noi - Ripensiamo alla gioia del Natale con senso religioso: per ringraziare il Padre, adorare il Figlio, aprirci alle illuminazioni dello 039

Spirito Santo. Possiamo riflettere su Quale è la nostra accoglienza al Dio che si fa uomo. È importante saper vedere l'umiltà della sua venuta, per comprendere che è venuto per salvare, per redimere. Quando tornerà nello splendore della gloria, verrà per giudicare e per dare a ciascuno quello che avrà meritato. Affidiamoci alla Madre di Dio perché sempre più ci faccia conoscere il Figlio di Dio e figlio suo.

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Undicesimo giorno La fede dei più piccoli Dio predilige decisamente i piccoli, i poveri, le persone che secondo la mentalità umana non contano. Era giusto che il primo annuncio della nascita del Messia venisse dato al popolo ebraico, ed è questo uno dei significati principali di tutto l'episodio. Ma poi ci si rivelano i gusti di Dio nella scelta dei privilegiati. I pastori allora non godevano buona fama, nonostante l'importanza della pastorizia nell'economia di Israele. Basti pensare che non potevano essere eletti giudici, ne testimoniare in tribunale. Diremmo che non avevano pieni diritti civili. E proprio a loro Iddio manda la rivelazione angelica con queste parole: "Vi annunzio una grande gioia per tutto il popolo: oggi nella città di Davide è nato per voi un salvatore, che è il Cristo Signore. Questo è per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, che giace in una mangiatoia" (Lc 2,10-12). Già Isaia aveva profetizzato, tra i segni messianici, che il vangelo sarebbe stato predicato ai poveri. Qui ne abbiamo la prima realizzazione. I poveri sono subito pronti a credere e sono disponibili a muoversi. Il segno di riconoscimento è abbastanza significativo, non è generico come a noi potrebbe sembrare. Oltre a indicare la povertà umana di quel bambino, aiuta a trovarlo. Anche nelle famiglie più povere, quando una mamma attendeva un bambino, si preparava un cestello, una culla in cui porlo. Perché un bambino venisse posto in una mangiatoia voleva dire non solo che era povero, ma che apparteneva a gente di passaggio. Giunti a Betlemme, non sarà stato difficile informarsi se c'era una viandante prossima alla maternità e avere indicazioni su dove poteva essersi rifugiata. I pastori vedono e credono. Vedono un bambinello che vagisce, e credono che quello è il Messia promesso. Lieti di questo, sono i primi a farsi banditori di Cristo, ad annunciare la buona novella che è nato il Salvatore. Dicono con semplicità quanto hanno udito dagli angeli e quanto hanno visto, senza paura e senza rispetto umano; non si pongono il problema se saranno creduti o derisi; a loro basta 041

testimoniare i fatti. E da loro conosciamo lo stupendo canto angelico: "Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini che egli ama"; non cesserà più quel canto nella nostra liturgia, come mai saranno dimenticati i pastori, nelle raffigurazioni del presepio. Le parole angeliche sembrano quasi programmatiche, sono già un compendio dell'opera di Cristo, venuto per dare gloria a Dio e pace agli uomini. Due scopi immensi e strettamente collegati: solo dando gloria a Dio e osservando le sue leggi ci può essere pace nel cuore di ciascun uomo e nella società umana. Quando gli uomini riconosceranno Dio per Padre, si accorgeranno di essere fratelli e vivranno come tali. L'episodio della visita dei pastori si conclude con una frase un po' misteriosa, che Luca ripete anche a conclusione del ritrovamento di Gesù nel tempio, a dodici anni. Sembra volerci dire che il cuore di Maria è lo scrigno che conservava quei ricordi: "Maria da parte sua serbava tutte queste cose, meditandole nel suo cuore" (Lc 2,19). affermata una meditazione sapienziale che Maria fa dei vari episodi della vita del figlio; ma sembra proprio che l'evangelista voglia rivelarci quale è stata la fonte delle sue informazioni. Non dimentichiamo che Luca, all'inizio del suo vangelo, afferma di scrivere gli avvenimenti "così come ce li hanno trasmessi coloro che fin dall'inizio ne furono testimoni oculari", e insiste su questo aggiungendo di essersi deciso a scrivere "dopo aver accuratamente indagato ogni cosa fin dall'origine". Ci piace insistere su questi passi, perché è molto importante conoscere quale è stata la fonte d'informazione per san Luca, non solo riguardo all'episodio dei pastori, ma riguardo a tutta quella parte che viene chiamata "vangelo dell'infanzia", ossia riguardo a quanto abbiamo detto. Il richiamo ai testimoni oculari (non si è accontentato di testimonianze indirette) e all'indagine fin dall'origine, dà ragione ai Padri e agli esegeti che ritengono che la fonte d'informazione di san Luca sia stata la Vergine stessa. Mi piace riassumere, a questo proposito, quanto scrive un biblista contemporaneo, Aristide Serra, professore alla Pontificia Università "Marianum". Egli afferma: 1) In seno alla prima comunità apostolica Maria era la sola "testimone oculare" dell'incarnazione e degli anni di vita privata di Gesù; mentre molti erano i testimoni della sua vita 042

pubblica. 2) La Pentecoste abilitò tutti, oltre che a comprendere a fondo, a "testimoniare" quanto avevano visto e udito, anche se non tutti erano chiamati ad "evangelizzare". In più Maria dimostra, nel Magnificat, di essere pienamente cosciente delle grandi cose che Dio aveva operato in lei. Le derivava allora l'obbligo, tanto inculcato dall'Antico Testamento, di far conoscere da una generazione all'altra le grandi opere di Dio. 3) Con queste premesse non pare possibile immaginare che la Vergine sia rimasta zitta, ripiegata su se stessa, gelosa dei misteri divini di cui era stata protagonista. È logico supporre invece che abbia riversato sulla Chiesa i tesori che custodiva nel suo cuore e che non le appartenevano. Perciò è giusto immaginare Maria sempre pronta a "testimoniare" i fatti agli apostoli e a coloro che, per insegnare o per scrivere, ricorrevano a lei come alla fonte unica e sicura. Sappiamo che Luca faceva parte di costoro. Non meravigliamoci se, dopo tutto quello che Luca ha scritto sulla Vergine, una tradizione lo abbia fatto passare come "il pittore di Maria". In varie chiese si venerano immagini mariane che vantano il titolo di "Madonna di san Luca". Si tratta sempre di icone del tipo detto "odigitria" (colei che indica la via). Le più antiche risalgono al sesto secolo; le più famose ai secoli dodicesimo-tredicesimo. È chiaro che non sono opera di san Luca che è stato "pittore" di Maria solo in quanto "scrittore" dei fatti principali della sua vita. RIFLESSIONI. Su Maria - È nominata per prima, quando i pastori si avvicinano alla grotta. Sembra già che sia lei a presentare Gesù, iniziando così una sua preziosa missione: quel bambino nato da lei non è per lei; è per il Padre e per l'umanità. Lungi dal guardarlo con un senso possessivo, lo presenta, lo offre, collaborando fin dagli inizi alla sua missione. Per noi - è necessario farci piccoli, "farci come bambini", per comprendere i segreti di Dio. Ciò significa un'apertura d'animo, un'umiltà, che è possibile a tutti. La vita della Chiesa ci presenta anche tante persone di cultura, o con posti di grande prestigio e responsabilità, anche sovrani o principesse, persone che erano dotate di quella umiltà di cuore e totale disponibilità a Dio, tali da essere adatte a comprendere 043

e viverne la dottrina. I pastori vedono e testimoniano; Maria sa e non esita a rivelare le grandezze di Dio. Ogni cristiano deve sentirsi in dovere di testimoniare quella fede che lo anima.

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Dodicesimo giorno Il nome della salvezza "Quando furono passati gli otto giorni prescritti per la circoncisione, gli fu messo nome Gesù, come era stato chiamato dall'angelo, prima di essere concepito nel grembo della madre" (Lc 2,21). La circoncisione, praticata pure da altri popoli, diventa un rito sacro con Abramo, quando Dio gliela impone come segno di appartenenza al popolo eletto. Impegnava alla pratica delle leggi date da Dio e non era una formalità, per il fatto di essere un segno esterno: sempre più spesso i profeti parlavano di "circoncisione di cuore", ossia di aprire l'animo all'amore di Dio e del prossimo. Oggi, per appartenere al nuovo popolo di Dio, Gesù ha istituito il battesimo, in cui si pronunciano le promesse che riassumono i principali impegni del cristiano. Anche per Gesù fu osservato quel rito che si compiva in casa, ad opera del padre o di altra persona pratica; e da quel momento ha fatto parte ufficialmente del popolo ebraico, appartenenza che mai fu contestata da nessuno. Un rito e un nome: dopo quell'evento la salvezza non dipendeva più da quel rito, ma da quel nome. Il nome per gli ebrei aveva grande importanza: per i familiari che avevano portato lo stesso nome e per le figure bibliche che ricordava. Quando poi il nome era imposto dal Cielo, o cambiato per volere divino, acquistava ancor più importanza, perché indicava la missione voluta dal Padre. Gesù significa "Salvatore". "Egli salverà il suo popolo dai suoi peccati", aveva detto l'angelo a Giuseppe. E una missione nuova, rispetto a quanto il popolo si aspettava dal Grande Profeta; sperava nella liberazione dai romani e in una grandezza politica. E invece è infinitamente di più. Gesù è venuto per distruggere le opere di Satana, come afferma Giovanni; è venuto per liberare tutti quelli che si trovano sotto il giogo del demonio, come dice san Pietro a Cornelio. E il nome della salvezza e della grazia. Ripensiamo solo ad alcuni testi evangelici: "Tutto quello che chiederete al Padre mio nel mio nome, ve lo concederà"; "Nel mio 045

nome caccerete i demoni, guarirete i malati"; "Chi da anche solo un bicchiere d'acqua nel mio nome, non perderà la sua ricompensa". Pietro e Giovanni, quando compiono il primo miracolo nel nome di Gesù, guarendo il paralitico che mendicava alla porta del tempio, proclamano a gran voce: "Sia noto a tutti voi e a tutto il popolo che nel nome di Gesù costui è stato guarito. Non vi è infatti altro nome dato agli uomini sotto il cielo nel quale sia stabilito che possano essere salvi" (cfr. At 3 e 4). Un grande predicatore, san Bernardino da Siena, diffondeva ovunque targhe e quadri da appendere alle porte di casa, o faceva incidere, sull'architrave d'ingresso, un sole radioso in cui erano scritte tre lettere: JHS ("Jesus Hominum Salvator", Gesù salvatore degli uomini). Quando predicava in una città, voleva poi che in tutte le famiglie, sulle porte di ingresso, vi fosse questo richiamo al nome che salva. Comprendiamo bene: il nome di Gesù ha una forza straordinaria, ma non è una parola magica. La forza è data dalla fede di chi invoca la persona del Signore; lo si invoca con quel nome che indica la sua missione, essendosi incarnato "per noi uomini e per la nostra salvezza", come ripetiamo nel Credo. Chi credesse di ottenere qualche effetto invocando il nome di Gesù meccanicamente, senza una fede profonda nella sua persona divina, non otterrebbe niente. Ma l'episodio su cui stiamo riflettendo contiene anche un'altra verità di eccezionale importanza. In questa sola occasione, in cui avviene la circoncisione (appartenenza al popolo ebraico) e l'imposizione del nome di Gesù (colui che salva), si evidenzia una realtà nuova, sconvolgente, un'autentica rottura. Da quel momento la salvezza non dipende più dalla circoncisione, ma dal nome di Gesù. Noi oggi stentiamo a comprendere la difficoltà quasi tragica in cui si sono venuti a trovare quei primi cristiani, che erano pii ebrei, quanto mai praticanti. Essi continuarono a frequentare il tempio ogni giorno e ad essere fedelissimi osservanti delle leggi che Dio aveva dato ai loro padri. Ma la difficoltà sorse quando incominciarono a convertirsi i pagani ed esplose in tutta la sua crudezza quando Paolo e Barnaba incominciarono a predicare con tanto successo ai gentili. Ecco allora il problema: debbono costoro sottoporsi alla circoncisione o no? Si noti che la circoncisione comportava anche l'osservanza di tutte le leggi date al popolo eletto. E stata la prima grande difficoltà affrontata nel tempo apostolico. Si 046

dirà in seguito: il mondo era pronto a farsi cristiano, ma non avrebbe mai accettato di farsi ebraico. Paolo avvertì la gravità del pericolo quando incominciò a predicare che la circoncisione non serviva più, perché la salvezza dipendeva dalla fede in Gesù Cristo. Fu fortemente contestato dai giudeo-cristiani, ossia dai cristiani provenienti dal giudaismo, in tutti i posti in cui andava. La questione fu demandata agli apostoli, a Gerusalemme: è il cosiddetto primo concilio. Vi fu una discussione accesissima. Rendiamoci conto della mentalità di quegli ebrei divenuti cristiani: vedevano nella fede dei padri le promesse che si erano realizzate in Gesù, ebreo, circonciso, osservante della legge, anche se con attenzione alla sostanza. E dobbiamo comprendere la difficoltà teologica: se la circoncisione era necessaria, si negava che la salvezza dipendesse totalmente dalla fede in Gesù Cristo. In più, si bloccava di colpo l'evangelizzazione a tutti i popoli. Gli apostoli, illuminati dallo Spirito Santo, diedero piena ragione a Paolo: basta con la circoncisione; non serve più. Così avvenne la definitiva rottura tra Sinagoga e Chiesa: siamo salvati dalla fede in Gesù Cristo, colui che riconcilia in sé il popolo dell'antica alleanza e il nuovo popolo di Dio. In seguito la Chiesa ha conosciuto altri problemi analoghi, anche se non così tragici come quel primo dilemma; problemi comunque che, mal compresi e mal risolti, hanno bloccato l'evangelizzazione. Si pensi, ad esempio, all'incomprensione dei riti cinesi e malabarici, ai tempi di Benedetto quattordicesimo. Si sono attraversati tempi in cui pareva che fosse necessario occidentalizzarsi per divenire cristiani. L'apertura decisiva, anche se non ancora totalmente applicata, si è avuta col Vaticano secondo, specie nella Gaudium etspes, ove si proclama il rispetto delle culture, in cui occorre valorizzare tutto ciò che è compatibile col cristianesimo. RIFLESSIONI. Su Maria - La Vergine ha visto il primo sangue versato dal figlio e le sue prime sofferenze; forse vi ha compreso qualcosa di profetico. La gioia di chiamare Gesù col suo nome, significativo di quella missione, di cui lei aveva già beneficiato in anticipo: ha capito che quel nome 047

avrebbe risuonato in benedizione per tutta la terra. Su noi - Riflettiamo sul battesimo, dato per volontà di Gesù nel nome della Trinità, che ci rende mèmbri del nuovo popolo di Dio, partecipi della natura divina, membra di Cristo, uniti alla sua missione sacerdotale profetica e regale, e ci conferisce lo Spirito Santo. Invochiamo con fede il nome di Gesù, approfondendone la forza.

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Tredicesimo giorno Gesù offerto al Padre Dio aveva ordinato a Mosé che tutti i primogeniti venissero riscattati, perché appartenevano a lui. Era un ricordo di quella decima e definitiva piaga d'Egitto che aveva sterminato tutti i primogeniti degli egiziani e aveva risparmiato quelli degli ebrei. Fu l'episodio culminante che decise il faraone a lasciare partire il popolo eletto. Ai tempi di Cristo, bastava inviare al tempio l'offerta di cinque sicli d'argento, corrispondente all'incirca alla paga di due mesi di lavoro; occorreva anche inviare due animali (per i poveri bastavano due piccioni), uno per l'olocausto e uno per la purificazione a cui era tenuta la madre. Quando il primogenito era maschio, tutto questo andava eseguito quaranta giorni dopo la nascita. Luca ci tiene a sottolineare che i due giovani sposi hanno fatto tutto in ottemperanza alla legge data a Mosé. Ma in realtà descrive il comportamento di Maria e Giuseppe con particolarità uniche, che fanno intravedere come essi realizzarono in pieno quel rito che era stato ordinato in una forma che velava la realtà, compiuta solo con Gesù. Prima di tutto non era prescritto che gli sposi si recassero al tempio. Già questo fatto, anche se la vicinanza tra Betlemme e Gerusalemme rendeva facile questo omaggio non richiesto, ci dice come si sia fatto più del dovuto. Non troviamo nessun altro esempio simile nella Bibbia. Poi Luca parla di "loro purificazione", includendo Giuseppe. Anche questo dettaglio rivela un fine profondo. I santi coniugi, dietro indubbia ispirazione divina, hanno veramente offerto quel figlio al Padre, a colui che era il vero Padre da ogni punto di vista. Ma già è evidente che è offerto per i peccati, come è la sua missione. Per questo Luca ha accomunato Giuseppe a Maria: i due sposi diventano i rappresentanti di tutto il popolo, affinché l'offerta di Gesù avvenisse in un contesto di purificazione. Il valore di questo episodio diventa profetico. Non dimentichiamo che, per Luca, Gerusalemme è sempre vista come la città della 049

passione. Noi qui notiamo che non ha nessuna importanza il rito di purificazione della madre; ha invece enorme importanza l'offerta del figlio: vera offerta sacrificale, a cui Maria si associa comprendendone il significato, anche se avrà capito solo vagamente che si trattava di un presagio e di un anticipo di ben altra offerta, quella della croce. La croce sarà la salvezza di tutta l'umanità, e già Gesù è proclamato "luce delle genti". Infatti a questo punto si inserisce un fatto che completa e spiega pienamente l'offerta sacrificale appena avvenuta: l'incontro col vecchio Simeone. Questo pio israelita aveva ricevuto dallo Spirito una promessa: "Non morirai senza prima aver visto il Messia". E lo Spirito che lo spinge a recarsi al tempio in quel giorno ed è lo Spirito che, in mezzo al consueto viavai del tempio, lo fa avvicinare ai giovani sposi. Si rivolge alla madre stupita, per chiederle un favore: vuole tenere il bambino tra le sue braccia, vuole guardarlo bene, per pronunciare una stupenda preghiera, che fa capire ai santi coniugi come il Signore gli abbia rivelato la vera identità di quel bambino. E una preghiera che viene ripetuta ogni sera, da chi recita Compieta, e che posso rendere così: "Ora, sì, Signore, che puoi prendermi nella tua pace, perché mi hai dato la gioia di vedere il Salvatore, come mi avevi promesso". Ed esalta il bambino: luce delle genti e gloria di Israele. Ma a questo punto l'incontro col santo vecchio prende un'altra piega. Si sarà forse oscurato il volto di Simeone, mentre si rivolgeva direttamente alla madre, la vera madre, per una duplice e dolorosa profezia: sul bambino e su lei stessa, così pienamente associata alla missione del figlio. Chissà come cadono pesanti quelle parole sul cuore di Maria. "Egli è qui per la rovina e per la risurrezione di molti in Israele e come segno di contraddizione": parole tremende, che pesano su ciascuno di noi quando saremo giudicati in base alla nostra accoglienza o al nostro rifiuto nei riguardi di Gesù e dei suoi insegnamenti. Dalla nostra risposta e dal nostro comportamento coerente dipenderà vedere se Gesù sarà stato per noi salvezza o rovina. Non meno gravi le parole profetiche rivolte alla madre: "E una spada trapasserà la tua anima, affinché vengano svelati i pensieri di molti cuori". La profezia su Gesù mostra chiaramente che nessuno può restare indifferente di fronte alla sua persona. Lui stesso dirà: "Chi non è con me è contro di me". Qui sulla terra molti si illudono di poter tenere più 050

o meno questo atteggiamento: "Signore, non ce l'ho con te, ti rispetto, ma tu lasciami in pace; così staremo bene tutti e due". Come se non dipendessimo totalmente da Dio, "in cui viviamo, ci muoviamo e stiamo", secondo l'espressione di Paolo, nel discorso agli ateniesi. Come se non fossimo stati creati da Dio in vista di Cristo e per Cristo; per cui, se il Signore non ci sostenesse, cadremmo immediatamente nel nulla. Come se potessimo trattare con Dio alla pari, imponendo le nostre condizioni. Più difficile è spiegare la profezia su Maria: Perché è necessario che una spada le trapassi l'anima, ossia attraversi e divida tutta la sua vita, per svelare i pensieri reconditi dei cuori umani? Vediamo in queste parole un'unione delle sofferenze di Maria alle sofferenze del figlio, e un accenno alla separazione finale del giudizio. A questo punto, essendo stupiti Maria e Giuseppe, deve essere stato un grande balsamo la presenza della vecchia Anna, anch'essa ripiena di Spirito Santo, la quale dimostra di aver ricevuto piena rivelazione sulla vera identità di Gesù, per cui loda il Signore e parla di quel bambino indicandolo come il Salvatore a coloro che aspettavano la redenzione di Gerusalemme; ossia si rivolge ai piccoli, a quanti hanno il cuore disponibile ai piani di Dio e ne attendono con fiducia lo svolgimento. RIFLESSIONI. Su Maria - Più che mai la vediamo nell'atteggiamento di offerta: offre non solo se stessa, ma offre quel figlio che è suo, ma che non è per lei. Lo offre al Padre per la salvezza degli uomini dai loro peccati. La meraviglia con la quale, insieme a Giuseppe, assiste a questi fatti, ci dice come il Signore l'andava preparando poco per volta, attraverso un duro cammino di fede. La profezia su Gesù è bivalente: di gioia e di dolore. Ma la profezia su di lei è solo una promessa di continua sofferenza. Su noi - Offrirci al Padre, perché compia su di noi i suoi disegni. Prendere decisamente posizione, nei riguardi di Cristo: Chi è Gesù per me? Come cerco di conoscerlo per potergli ubbidire? Mi rendo conto che la sua offerta sacrificale è per la mia salvezza, ma dipende da me 051

che mi venga applicata a redenzione? La figura di Giuseppe sembra in ombra, in questo episodio; eppure, alla presenza dei protagonisti, è colui che meglio ci rappresenta: partecipa e riceve i frutti della redenzione.

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Quattordicesimo giorno L'omaggio dei pagani Matteo ci narra la visita dei Magi al bambino. Questi sapienti, venuti dall'Oriente, molto probabilmente dall'Arabia, erano esperti in astronomia, una scienza molto studiata fin dai tempi antichi. Dio si adatta agli usi e alle mentalità diverse: per avvertire i pastori che era nato Gesù, trattandosi di ebrei che ben conoscevano dalla Bibbia l'esistenza degli angeli, si serve di tali messaggeri celesti. Per avvertire invece questi saggi pagani, si serve di un segno conforme alle loro conoscenze; una stella straordinaria, sicuramente miracolosa, tanto da indicare un evento portentoso e tale da poter addirittura indicare la casa della santa famiglia. Non è quindi identificabile con una cometa o con gli astri celesti di nostra conoscenza. Possiamo collocare questo episodio circa dopo un anno dalla nascita di Gesù; lo deduciamo dal fatto che Erode, calcolando il tempo della comparsa della stella, fa uccidere i bambini dai due anni in giù, con un certo margine di sicurezza. Noi siamo abituati a collocare le statuette dei Magi nei presepi, perché l'Epifania cade vicino a Natale e ci torna comodo utilizzare il presepio già pronto. Ma il vangelo ci dice che i Magi incontrarono il bambino e sua madre "in una casa". È molto probabile che la sistemazione provvisoria nella grotta sia durata poco, forse solo i quaranta giorni in cui una madre non poteva uscire di casa dopo il parto. Nel frattempo Giuseppe avrà cercato una sistemazione conveniente e avrà ripreso il suo lavoro; si può pensare che abbia voluto evitare al neonato lo strapazzo del viaggio di ritorno a Nazaret; ed è facile anche supporre che si sia sistemato in modo soddisfacente, sia come casa sia come lavoro, dal momento che, di ritorno dall'Egitto, il suo primo progetto è di rientrare a Betlemme. L'importanza salvifica di questa visita è da sempre stata riconosciuta in questo fatto: come Gesù si era rivelato agli ebrei nella persona dei pastori, ora si rivela ai pagani nella persona dei Magi. I doni hanno un valore simbolico che la tradizione ha così spiegato: con l'oro si 053

riconosce la regalità di Cristo, con l'incenso si rende omaggio alla sua divinità, la mirra preannuncia la sua sepoltura. Dai tre doni è derivata anche la credenza che i Magi fossero tre, benché l'antichità ci fornisca numeri discordi. Anche questo omaggio dei pagani è stato certamente gioioso; una lieta sorpresa per la famigliola, che ha interrotto per una giornata l'abituale nascondimento. Ma anche in questa occasione, alla letizia per il riconoscimento tributato al bambino, per i doni, per la festosa accoglienza, non tarda ad associarsi il dolore. Il finale è decisamente tragico. I Magi vengono avvertiti in sogno di non tornare da Erode; Giuseppe viene avvertito, pure lui in sogno, di fuggire subito in Egitto, ossia all'estero, "perché Erode cerca il bambino per ucciderlo". La storia ci parla di Erode il Grande come di un geniale costruttore di edifici grandiosi, oltre alla ricostruzione del tempio di Gerusalemme. Ma ci parla anche della sua eccezionale crudeltà, specie contro i rivali politici o presunti tali. Tra i tanti suoi eccidi, ricordiamo che ha fatto massacrare tre figli e due mogli. Gelosissimo del potere, era riuscito a farsi dare dai romani il titolo di rè e non tollerava il pensiero di possibili rivali. Ecco perché si turba di fronte alla domanda dei Magi: "Dove è nato il rè dei giudei?". Per un sovrano così crudele era poca cosa fare uccidere i bambini del villaggio di Betlemme, dai due anni in giù. Come numero, si calcola che possano essere stati da venti a trenta. Non ha esitato a compiere questo orribile crimine appena si è accorto di essere stato burlato dai Magi, che erano tornati ai loro paesi senza ripassare da lui e dirgli dove era il bambino, futuro rè. È stato un orrido delitto, come ogni uccisione di vita umana. Ma questo non toglie l'orrore per l'orribile strage di innocenti, che a milioni vengono uccisi nei cosiddetti nostri paesi civili, con l'approvazione di leggi aberranti. Ha cominciato presto, troppo presto, ad avverarsi la profezia di Simeone: Gesù sarà segno di contraddizione e Maria sarà trafitta da una spada. I pastori e i Magi sono andati in cerca del bambino per adorarlo; Erode lo cerca per ucciderlo. La presenza di Gesù, benché venuto per la nostra salvezza, per alcuni è subito scomoda. Possiamo immaginare come l'annuncio dato dall'angelo del pericolo imminente che minacciava il bambino abbia messo le ali ai piedi della sacra famiglia. Fuggono subito, condividendo così la sorte dei profughi, dei perseguitati politici, di coloro che sono costretti dalla perfidia umana a lasciare tutto e tutti per affrontare l'ignoto, in terra straniera. 054

Sappiamo che l'evangelista Matteo ha scritto il suo racconto tenendo presente soprattutto le esigenze dei giudeocristiani, per cui ci tiene a sottolineare l'avverarsi delle profezie. Nel narrarci la presenza di Gesù a Betlemme richiama tre profezie. La prima è appunto che il Messia sarebbe nato a Betlemme, conforme all'indicazione preannunciata da Michea. Poi, a commento della strage degli innocenti, si ricollega a quanto scrive Geremia sul pianto di Rachele: commemora così il pianto delle mamme a cui viene ucciso il figlio. Infine ricorda la profezia di Osea, "Dall'Egitto ho richiamato mio figlio", per dirci che anche l'esilio di Gesù e poi il suo ritorno erano stati profetizzati. Specialmente negli ultimi due casi notiamo una certa libertà di interpretazione e di adattamento: è molto significativa per farci comprendere come la sacra Scrittura sia molto ricca di significati. Essa presenta spesso figure o episodi che rivestono significati molteplici. Talvolta certi riferimenti che a noi sfuggirebbero vengono messi in luce dallo Spirito Santo, che della Bibbia è l'autore principale. Nell'episodio che abbiamo considerato, dalla pia visita dei Magi alla crudele strage di Erode, c'è un succedersi di fatti, di comportamenti, di stati d'animo, che merita la più attenta considerazione. Perché il centro di tutto è la persona di Gesù ed è lui a suscitare reazioni così diverse, a seconda di come viene accolta o respinta la sua presenza. RIFLESSIONI. Su Maria - Vediamo in lei un rapido alternarsi di gioie e di dolori: gioie quando il figlio viene riconosciuto, amato, adorato; dolore quando resta incompreso o addirittura combattuto. È giusto pensare anche al suo dolore per la strage degli innocenti: che colpa avevano? Possibile che proprio il suo figlio, il Figlio di Dio, fosse occasione per lo scatenarsi di tanta perfidia? Forse anche in questa occasione la fede di Maria è stata messa a dura prova: il Figlio di Dio costretto a fuggire di fronte a un piccolo e perfido uomo. Su noi - Anche questo episodio ci spinge a riflettere su come siamo spesso chiamati a prendere posizione: con i Magi o con Erode. Essere cristiani e vivere da cristiani può essere talvolta molto scomodo e può suscitare le ire degli altri. Quante persecuzioni lungo la storia passata e 055

contemporanea! Da parte nostra ci può essere la tentazione di schierarci con il più forte, o con l'andazzo corrente, o assecondando le passioni o gli interessi. E la nostra fede può essere messa in crisi dal comportamento di Dio, che non interviene conforme alle nostre vedute.

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Quindicesimo giorno Si ritorna a casa "Rimani in Egitto fino a un mio nuovo avviso", aveva detto l'angelo a Giuseppe. Il Cielo vegliava certamente su quella preziosa famiglia. La fuga era stata precipitosa, col timore di essere inseguiti e raggiunti, fino a che non avessero varcato il confine. E molto probabile che la famigliola abbia percorso la carovaniera che da Beersheba conduceva al mare, passando vicino a Gaza; un'altra carovaniera costeggiava il Mediterraneo fino ad Alessandria. Era la nota via maris (via del mare), che anche Giuseppe avrà imparato a conoscere dal racconto dei commercianti e dei beduini: un percorso di circa quattrocento chilometri, che avrà richiesto una ventina di giorni di cammino. Dove avranno fissato la loro dimora? Le tradizioni, benché tardive (dal quarto secolo in poi), sono abbastanza unanimi nel porre la residenza della sacra Famiglia nei pressi del Cairo, probabilmente accanto a un gruppo di famiglie ebraiche, che non era difficile incontrare in Egitto. A pochi chilometri dal Cairo, in una località chiamata Mataneh, si conserva recintato un sicomoro plurisecolare, conosciuto come "albero della Vergine". Ma non sappiamo nulla di preciso, se non il fatto che la loro permanenza in Egitto si è protratta fino a nuovo avviso. Si saranno sistemati alla meglio, con quella precarietà tipica degli esuli, dei provvisori, che vivono sorretti dalla speranza di poter presto ritornare nella loro terra. È ragionevole pensare che Giuseppe abbia ripreso il suo mestiere, ricominciando tutto da capo: lo sforzo di guadagnarsi la stima, la fiducia e quindi una nuova clientela. Si pensa che l'esilio non sia durato molto. Al tempo della strage degli innocenti Erode era verso la fine della vita. Finalmente è di nuovo un angelo che, sempre in sogno, avverte Giuseppe: "Alzati, prendi con te il bambino e sua madre e va' nel paese di Israele; sono morti coloro che insidiavano la vita del bambino" (Mt 2,20). Finalmente l'annuncio sospirato, per poter tornare in patria. Non 057

è morto solo Erode, ma "coloro che..."; forse l'angelo avrà voluto rassicurare del tutto Giuseppe che proprio non c'era più nessuno che potesse attentare alla vita di Gesù; o ha voluto ripetere le parole che Dio disse a Mosé, quando era fuggito dall'Egitto per salvarsi dal faraone: "Sono morti coloro che insidiavano la tua vita" (Es 4,19). Ecco che di nuovo la famigliola si rimette in viaggio, ripercorrendo presso a poco l'itinerario dell'andata, ma con ben altro animo: non c'era più nessun pericolo e non ci si dirigeva verso l'ignoto, verso un paese straniero, ma si tornava nella propria terra, presso il proprio popolo, i parenti, gli amici. Lungo il viaggio, prima di giungere a Betlemme dove Giuseppe aveva pensato di ritornare, egli viene a conoscere dai compagni di viaggio o dai viandanti incontrati le notizie circa la situazione che avrebbe trovato. Erode aveva fatto un testamento, ratificato dai romani, in cui lasciava la Palestina divisa tra i due figli. La Giudea e la Samaria passavano sotto il dominio di Archelao; la Galilea e la Perea sotto Erode Antipa. Era un vero guaio perché così anche Betlemme, in Giudea, era governata da Archelao. Era questi uno dei figli peggiori di Erode: dal padre non aveva ereditato la grandezza, ma solo la crudeltà e la dissolutezza, tanto che poi Augusto lo deporrà e lo costringerà all'esilio in Gallia, nell'anno 6 dopo Cristo, per i suoi vizi ed eccidi. Giustamente Giuseppe ha un momento di esitazione a ritornare in un posto in cui regna un uomo così perverso. Ancora un angelo in sogno lo conferma della validità dei suoi timori, per cui decide di tornare a Nazaret, nel paese natale. Giunti qui, possiamo immaginare la festosa accoglienza dei parenti e amici. Si noti anche una particolarità degli ebrei: ogni proprietà, casa o terreno, per quanto povera, veniva conservata con grande rispetto per il legittimo proprietario, anche se questi si assentava per lunghi anni. Possiamo pensare alla gioia di ritornare nella propria casetta, per modesta che fosse. Il piccolo Gesù, che potrà avere avuto tre o quattro anni, compariva a Nazaret per la prima volta e sarà stato al centro della lieta accoglienza. A questo punto Matteo, così attento nel non lasciarsi sfuggire ogni possibile verificarsi di profezie, presenta un vero rompicapo per i poveri biblisti: afferma che la scelta di Nazaret è stata fatta anche perché " si adempisse il detto dei profeti: "Sarà chiamato Nazareo" (Mt

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2,23). È un riferimento vago, su cui non troviamo riscontro. Con più semplicità e chiarezza Marco e Luca parlano di Gesù "nazareno", ossia abitante di Nazaret. Sappiamo che i primi cristiani venivano chiamati "nazareni", ossia seguaci di uno dell'oscuro villaggio di Nazaret, con un accento di disprezzo. Solo nella città cosmopolita di Antiochia, dove avvengono le prime conversioni in massa di pagani, nasce per la prima volta il nome di "cristiani" per i seguaci di Cristo, nome che rimarrà definitivo. Dagli usi e costumi del tempo, possiamo farci un'idea della vita quotidiana della famigliola. Gesù, verso i cinque anni, incomincia a frequentare regolarmente la sinagoga e a iniziarsi al mestiere del padre. Maria accudisce alla casa e all'orto; ogni giorno si reca alla fontana per attingere acqua, rivivendo i giorni della sua fanciullezza. Tutta la giornata è ritmata dalla preghiera; per gli ebrei non c'è la distinzione tra tempi sacri e tempi profani: ogni azione è resa sacra dalla benedizione che l'accompagna, un po' come per noi le preghiere prima dei pasti. Conosciamo un centinaio di queste benedizioni che offrivano a Dio ogni azione. La vita modesta, umile, in apparenza quasi insignificante del Figlio di Dio e dei suoi santi genitori, ci insegna il grande valore delle azioni comuni, fatte con amore e offerte a Dio. La santità non sta nel compiere opere straordinarie, ma nel vivere santamente la vita d'ogni giorno. RIFLESSIONI. Su Maria - La sua fiduciosa permanenza nel paese straniero: così vuole il Padre, così voglio io. La gioia del ritorno in patria, gioia che il figlio potesse crescere ed essere educato nell'ambiente ebraico. La sua piena fiducia in Giuseppe e la soddisfazione di saperlo illuminato da Dio. L'umile svolgersi della vita quotidiana, che nascondeva a tutti la reale grandezza del figlio e sua. La faticosa vita di allora: la casa, l'orto (certamente le mani di Maria erano mani callose, di lavoratrice del campicello), la cura degli animali domestici, la macinatura del grano per fare il pane... Su noi - Saper attendere i piani di Dio con piena disponibilità e fiducia. Le vie di Dio sono spesso quelle che costano più sacrificio. 059

L'impegno del lavoro quotidiano, per guadagnarci il pane con il sudore della nostra fronte; la monotonia della vita d'ogni giorno; compiere ogni azione con amore, offrendola a Dio: questa è la via normale in cui ci santifichiamo.

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Sedicesimo giorno Un fanciullo che sconcerta Siamo soliti indicare questo episodio come "lo smarrimento e il ritrovamento di Gesù nel tempio". In realtà il fatto ci induce a pensare sulla missione di Gesù maestro, sulla sua consapevolezza di essere il figlio di Dio, e sulla redenzione attraverso la croce. E un avvenimento di grande importanza profetica, l'unico che i vangeli ci narrano, quasi interrompendo il lungo silenzio sugli anni passati da Gesù a Nazaret. Uno studio approfondito, che qui ci limitiamo ad accennare, ci dice la reale portata dell'episodio. Gerusalemme, per san Luca, come già abbiamo detto, è la città della crocifissione; il suo racconto evangelico si sviluppa come un unico itinerario di Gesù verso Gerusalemme, dove subisce la passione: anche le altre due volte in cui Luca ci parla della presenza di Gesù nella Città Santa hanno un diretto riferimento al Calvario. Già lo abbiamo visto quando Gesù fu presentato al tempio: la profezia di Simeone sul bambino e sulla madre contengono un riferimento preciso. Anche in questo episodio del fanciullo dodicenne, benché non appaia a prima vista, il riferimento al mistero pasquale è implicito e conferisce al fatto un significato di preannuncio e di preparazione. Eccone il valore più profondo. Lo smarrimento di Gesù, la sua scomparsa, è un indice di quella che sarà la sua morte. I tre giorni di ricerca con l'ansia di rivederlo si addicono ai tre giorni passati nel sepolcro. Il felice ritrovamento è un preannuncio della gloriosa risurrezione. Vediamo allora adombrato il dramma della croce, col suo aspetto di atroce sofferenza orientata alla gioiosa conclusione. Perciò il fatto è visto come profetica anticipazione e preparazione al mistero pasquale, mistero di morte e di risurrezione, di dolore che si tramuta in gioia, di sconfitta trasformata in vittoria. Ci soffermiamo su qualche dettaglio. Gli scribi e i farisei si dimostravano molto accoglienti, nei locali adiacenti al tempio, con i giovani che accorrevano a Gerusalemme in occasione della Pasqua. Era 061

per i giovani un'occasione preziosa per avvicinare quei grandi esperti di sacra Scrittura, al cui studio e predicazione dedicavano la vita. Spesso erano personaggi famosi, le cui sentenze venivano riferite anche nei villaggi più sperduti. In famiglia era il padre a leggere e spiegare la Bibbia; poi non mancava l'istruzione nelle sinagoghe, in cui chiunque dei presenti poteva intervenire. Ma a Gerusalemme si trovavano quelli che noi chiameremmo i famosi teologi, o gli insegnanti d'università. L'intelligenza di Gesù e le sue risposte sono oggetto di stupore. Non c'è da pensare a quello che sarà il suo insegnamento, "fatto con autorità". E più probabile che i dottori e i presenti si siano meravigliati nel vedere come questo fanciullo venuto da Nazaret, ossia da un paese di nessuna importanza e privo di scuole rabbiniche, avesse tanto zelo e tanta conoscenza della parola di Dio, e come sapesse rispondere così saggiamente alle domande che gli venivano poste. Non è pensabile che abbia dimostrato originalità; piuttosto avrà destato ammirazione per l'amore alla parola di Dio e per lo zelo nell'interpretarla in modo più conforme allo spirito che alla lettera. Il fatto che sia rimasto in città senza che i genitori se ne accorgessero si spiega facilmente se si pensa a come si compivano i viaggi in carovana: si partiva a scaglioni, verso la prima tappa fissata; i ragazzi potevano andare con chi volevano. Solo a meta raggiunta si ricomponevano le famiglie, e quando erano giunti gli ultimi gruppi ci si accorgeva di chi mancava. Così dopo il primo giorno di partenza e il secondo giorno di ritorno, con un'altra carovana, finalmente al terzo giorno i genitori hanno ritrovato il figlio, dove certamente avevano pensato che fosse. Non c'è dubbio che l'importanza si accresce per la domanda di Maria, posta ancora in primo piano, e la risposta misteriosa di Gesù. "Figlio, perché ci hai fatto questo?". Forse, data la conoscenza che la madre aveva del figlio, la richiesta poteva includere tante spiegazioni: "Hai in vista decisioni particolari, alla vigilia di diventare maggiorenne, a 13 anni? Stai già attuando un tuo programma? Abbiamo forse mancato noi in qualche cosa? C'è una svolta nella tua vita?". Esplode con amorevolezza il dolore sofferto in quei giorni: "Tuo padre e io straziati ti cercavamo". Straziati: Luca usa lo stesso termine di cui si servirà per indicare le pene dell'inferno. E per quei santi genitori sono state proprio tre giornate d'inferno.

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Risuonano allora le prime parole di Gesù riportate nei vangeli: "Perché mi cercavate?". Non è facile capire una domanda che risponde a una domanda. Forse c'è un riferimento a quando i genitori l'avevano offerto al Padre, con un'oblazione a cui Maria si era pienamente associata. Resta ancora più misterioso l'altro interrogativo: "Non sapevate che debbo occuparmi delle cose (o della casa) del Padre mio?". Qui sono chiare tre contrapposizioni: la casa del Padre e la casa dei genitori; l'ubbidienza al Padre e l'ubbidienza ai genitori; la persona del vero Padre rispetto al padre davidico, che non viene umiliato ma ricondotto al suo ruolo. E una risposta che resta oscura a Maria e Giuseppe, tanto che il vangelo afferma: "Essi non compresero". Hanno la gioia del ritrovamento, che è un preludio alla gioia pasquale. Ma viene spontaneo pensare all'osservazione di Isaia: "Tu sei un Dio misterioso" (Is 45,15). È forse una velata preparazione a tante sofferenze che Maria subirà senza capirle subito. Anche per lei ci sono dei perché che non hanno risposta su questa terra, come ci saranno per lo stesso Gesù, quando griderà dalla croce: "Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?". La risposta verrà solo dopo, e la darà Gesù stesso ai discepoli di Emmaus: "Non era forse necessario che Cristo patisse tutto questo, per entrare nella sua gloria?" (Lc 24,26). La risposta non viene dalla croce e dalla morte, ma dalla risurrezione. A conclusione dell'episodio vediamo che i santi sposi non chiedono altro; si fidano di Dio e tornano a casa, dove Gesù si comporta da figlio obbedientissimo. RIFLESSIONI. Su Maria - Il Signore non le ha risparmiato ne il dolore ne il tormento di non capire. È sempre penoso per una madre non comprendere il proprio figlio. Maria è colei che si è sempre fidata di Dio ad occhi chiusi, senza nessuna pretesa di spiegazioni. L'occasione di questa grande sofferenza è stata la visita rituale a Gerusalemme. Talvolta il Signore ci chiede i sacrifici più grandi proprio nei momenti in cui ci sembra di essere più meritevoli. Eppure questa prova per Maria è stata un dono, una necessaria preparazione.

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Su noi - Non meravigliamoci se la vita ci presenta tanti perché a cui non possiamo dare risposta: il bambino che nasce mongoloide; gli sposi desiderosi di figli e che non ne hanno; tutto il vasto campo del male e della sofferenza. Dobbiamo fidarci di Dio; le spiegazioni verranno poi; saranno complete solo nell'altra vita. Uniformarci alla volontà di Dio è vera sapienza, anche se non ne comprendiamo i motivi, Tutto questo episodio ribadisce il primato assoluto di Dio, anche nei confronti delle persone più autorevoli e più care. I doveri verso Dio sono prioritari di fronte a qualsiasi altro tipo di doveri.

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Diciassettesimo giorno Un silenzio prezioso Dopo l'episodio della sosta nel tempio, quando Gesù aveva dodici anni, i vangeli ci riparlano di lui quando inizia la vita pubblica: tacciono su circa vent'anni, ossia per il periodo più lungo della sua vita terrena. Eppure questo periodo vissuto nell'obbedienza ai genitori e nel lavoro, questo periodo di maturazione umana e spirituale, in cui Gesù "cresceva in sapienza età e grazia, davanti a Dio e davanti agli uomini" (Lc 2,52), ha molto da insegnarci, se noi ci sforziamo un po' di penetrare in quel silenzio. Abbiamo detto come Maria serbava e meditava nel suo cuore tutto quanto riguardava il figlio divino; abbiamo anche detto che, conforme all'uso ebraico, non si sarà mai sottratta all'obbligo della testimonianza, quando ne capitava l'occasione. Non avrà mai parlato di questi vent'anni? E possibile; ma in questo caso sono gli evangelisti ad aver taciuto perché, come non ci stanchiamo di ripetere, il loro scopo non era storico-biografico, ma di annunzio del messaggio della salvezza. Eppure noi cerchiamo di penetrare quel silenzio, perché anche questo periodo è stato vissuto da Gesù per noi uomini e per la nostra salvezza; Gesù è sempre il grande e unico maestro: quando parla, quando agisce e quando tace. Forse è proprio questa monotonia quotidiana quella che ha tanto da insegnarci, perché così simile allo svolgimento comune delle nostre giornate. Uno scrittore contemporaneo, un ebreo tanto aperto e rispettoso verso noi cattolici, non esita ad affermare che questi sono stati gli anni più "ebraici" della vita di Gesù; ossia gli anni in cui ha vissuto ed è stato educato da pio ebreo, conforme alla legge data da Dio al popolo eletto, senza particolarità, seguendo solo gli usi invalsi in quei posti e in quell'epoca. Parlo dello scrittore Robert Aron, che ha cercato di approfondire la sua ricerca, valendosi della profonda conoscenza che è andato acquisendo su quei tempi. Dobbiamo a lui due libri interessanti e utili: Gli anni oscuri di Gesù (Ed. Mondadori) e Così pregava l'ebreo Gesù (Ed. Marietti). 065

Anche Paolo insiste sull'ebraicità di Gesù e sui meriti del popolo eletto. "Quando venne la pienezza dei tempi, Dio mandò suo Figlio, nato da una donna, nato sotto la legge, per riscattare coloro che erano sotto la legge, perché ricevessimo l'adozione a figli" (Gal 4,4-5). E ancora: "Da essi (gli israeliti) proviene Cristo secondo la carne, egli che è sopra ogni cosa, Dio benedetto nei secoli" (Rm 9,4-5). Non possiamo tacere la svolta radicale che il Vaticano secondo ha dato al modo di guardare al mondo ebraico: un occhio di riconoscenza per come nel popolo eletto si è preparato l'avvento del Messia; perciò il nome più giusto e più bello, dato da Giovanni Paolo secondo, in visita alla sinagoga di Roma, è stato di chiamare gli ebrei "nostri fratelli maggiori". Ma il fatto principale, su cui penso abbia voluto istruirci il Figlio di Dio, è che la santità non sta nelle grandi opere, ma nel vivere rettamente giorno per giorno. Saranno stati anni sereni, ma non idillici. La vita paesana di allora era dura e piena di fatica, sostenuta dalla costante preghiera e dall'amore reciproco. Non pare proprio che il comportamento di Gesù abbia dato nell'occhio per una qualche particolarità, se poi i paesani si meraviglieranno tanto quando inizierà la vita pubblica e verranno a conoscenza dei miracoli che operava. Anche questo pare un segno che, in quegli anni, non ha mai fatto nulla di straordinario. Se qualche volta avrà preso la parola, per spiegare la sacra Scrittura nella sinagoga, cosa facile da pensare in un paesetto così piccolo, lo avrà fatto con tutto zelo, ma senza quell'autorità che dimostrerà nella vita pubblica. Poteva fare di più e di meglio? Possibile che il Figlio di Dio sciupasse i suoi talenti per tanto tempo nel nascondimento? Anche in questo c'è un grande insegnamento: non esiste nulla di più perfetto che fare la volontà di Dio; e Gesù attendeva serenamente le indicazioni del Padre. Ma c'è un episodio che certamente avviene in questi anni, anche se i vangeli non ne parlano, perché di valore privato: la morte di Giuseppe. Durante la vita pubblica non comparirà più e Maria vivrà con i parenti, secondo l'uso delle donne sole. Per di più, quando i sinottici riferiscono la meraviglia dei nazareni per quanto Gesù ha iniziato a fare, Luca si esprime con le parole: "Non è costui il figlio di Giuseppe?"; invece stranamente Matteo e Marco riferiscono: "Non è costui il figlio di Maria?". Pare un segno che già da tempo i paesani si erano abituati a 066

vedere Gesù solo con la madre. Tra Maria e Giuseppe, con lo scopo comune e le vicissitudini comuni, si deve essere sviluppato un amore sempre più intenso. Credo che si possa dire che mai uno sposo è stato amato quanto Giuseppe e mai una sposa è stata amata quanto Maria. Forse solo un amore così casto, dovuto a uno scopo sublime, può raggiungere finezze e affinità d'animo così profonde. Maria avrà compreso sempre più quale tesoro di sposo, aiuto, amico il Signore le aveva assegnato. Per Gesù poi, che per primo chiamò Abba (papà) Giuseppe, questi è stato veramente l'immagine del Padre. Giuseppe gli ha dato tutto ciò che di meglio un padre può dare al figlio: l'educazione umana, un nome rispettato, la conoscenza di Dio, gli ha insegnato a pregare, a lavorare, con un costante esempio di vita retta. Ecco perché trovo riduttivi certi nomi di comodo attribuiti a Giuseppe, come padre putativo, padre nutrizio e simili. Giuseppe è il padre davidico di Gesù: gli ha dato, prima di tutto, l'appartenenza alla casa di Davide, conforme alle profezie. Siamo soliti invocare san Giuseppe anche come patrono della buona morte, perché certamente è spirato tra le cure premurose di Gesù e di Maria; non è possibile pensare a una migliore assistenza. Avranno essi pregato il Padre per la sua guarigione? Certamente; ma, come farà poi Gesù nell'orto degli Ulivi, subordinando la loro richiesta alla volontà di Dio. L'uomo giusto aveva terminato la sua missione ed era maturo per il Cielo. Gesù non ha pianto solo sull'amico Lazzaro e sulla città di Gerusalemme. E Maria, oltre al grande dolore, ha dato inizio a una nuova missione, comune a tante donne: quella di essere un modello per le vedove. RIFLESSIONI. Su Maria - Più che mai vediamo come si è santifi-cata nella vita di casalinga, una vita molto dura a quei tempi, per la povera gente. Le comuni fatiche di ogni giorno ce la fanno sentire più che mai nostra sorella. Ogni giornata, scandita dalla preghiera e dal lavoro, era un dono di Dio: si spendeva per il Figlio di Dio; ma tutte le mamme, tutti i papà, si spendono per i figli di Dio, dal momento che Gesù ha detto che ciò che 067

facciamo agli altri è fatto a lui. Su noi - La riflessione principale riguarda la comprensione del valore della vita comune, nascosta, monotona, se è offerta al Signore, se è vissuta in grazia. Per questo è necessario che sia intessuta di preghiera. Anche la vita di chi è vedovo, di chi è solo, di chi non ha realizzato il sogno, forse, di un amore e di una famiglia, è preziosa se vissuta in grazia. E, come dice la Bibbia, è preziosa agli occhi di Dio la morte dei giusti.

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Diciottesimo giorno Nozze di Cana Il vangelo di Giovanni è l'ultimo in ordine di tempo. Egli non ripete quello che è scritto nei sinottici, ma ci dice cose che negli altri vangeli non troviamo. Riguardo a Maria, l'apostolo prediletto ci narra in esclusiva due interventi: a Cana e presso la croce. La cornice dell'episodio salvifico di Cana è data da una gioiosa festa nuziale. Ci troviamo agli inizi della vita pubblica di Gesù, quando lasciata Nazaret, si era fatto battezzare da Giovanni nel Giordano; poi, durante i quaranta giorni di digiuno nel deserto, aveva affrontato faccia a faccia Satana, l'avversario. Radunati i primi discepoli, partecipa alle nozze di Cana, un villaggio vicino a Nazaret. Prima di lui arriva Maria. L'evangelista pone in rilievo questa presenza quasi a insinuarci che dove c'è Maria arriva Gesù; o forse è stata lei stessa a fare invitare il figlio, che arriva quando già sono incominciate quelle nozze che, come già abbiamo rilevato, duravano comunemente sette giorni. La festa nuziale è solo la cornice di fatti ben più importanti; basti pensare che non viene dato nessun rilievo agli sposi, protagonisti della festa. L'importanza è ben altra. Diciamo subito uno degli scopi del racconto, che risalta a prima vista: la conseguenza di questo miracolo di Gesù, giustamente chiamato "segno", è di manifestare la sua divinità, anche se verrà compresa poco per volta, in modo da suscitare la fede in lui da parte dei suoi primi seguaci. Infatti il racconto termina con le parole: "E i suoi discepoli credettero in lui". Ma ci sono anche altri significati, in cui l'evangelista si sofferma più a lungo. Provengono dalla presenza di Maria, dalla sua iniziativa e dal breve dialogo che ha con Gesù e poi con i servi. C'è un'occasione: la madre di Gesù (come sempre la chiama Giovanni, che non usa mai il suo nome), probabilmente parente degli sposi e, come costumava in simili occasioni, pronta a dare una mano nello svolgimento della festa, 069

si accorge di un grave inconveniente che avrebbe umiliato gli sposi e interrotto il festoso incontro. Non chiede nulla esplicitamente; Dio non ha bisogno dei nostri consigli. Dice semplicemente a Gesù: "Non hanno più vino". La risposta del figlio, che alcuni esegeti stimano la frase di Giovanni di più difficile interpretazione, va capita nell'insieme del contesto: "Che ho da fare con te, o donna? Non è ancora giunta la mia ora". Le prime parole, tradotte anche "Che c'è tra me e te", le troviamo altre volte nella sacra Scrittura per indicare un rifiuto. Qui chiaramente il significato è un altro, e va scoperto alla luce di come si svolge l'intero episodio. Anche l'appellativo donna, pur rispettoso, potrebbe sembrare una diminuzione in confronto al nome madre, che ci saremmo aspettati. Invece contiene un riferimento biblico preciso, che scandisce il ruolo di Maria in cinque momenti fondamentali della storia umana. 1) "Porrò inimicizia tra te e la donna" (Gn 3,15): è il primo annuncio di Maria, che coincide col primo annuncio della salvezza. 2) "Quando venne la pienezza dei tempi, Dio mandò suo Figlio, fatto da una donna" (Gal 4,4): Paolo esprime così la piena umanità di Cristo. 3) Qui a Cana, la parola donna risuona come una svolta, e lo vedremo subito, perché Gesù si accinge a dare la nuova legge. 4) Dalla croce, la stessa parola, donna, conferirà a Maria una nuova maternità. 5) Alla fine del mondo, quando comparirà la donna vestita di sole, come grande segno di salvezza. Così allora Gesù conferma a Maria: sei tu quella donna che ha un ruolo così fondamentale nella storia umana. "Non è ancora giunta la mia ora". Nel vangelo di Giovanni, l'ora di Gesù indica sempre il mistero pasquale. Qui forse fissa un appuntamento, dopo un periodo di distacco, quando l'ora sarà giunta e si incontreranno di nuovo sul Calvario. La risposta di Gesù non è e non viene intesa come un rifiuto; tanto è vero che poi compie il miracolo. Ha invece un significato molto più profondo, secondo cui Maria, inserita come abbiamo visto in tutto il piano della redenzione, qui riveste un ruolo di mediazione che occorre scoprire. Infatti rivolge ai servi quell'invito: "Quello che vi dirà, fatelo", che non è soltanto il testamento di Maria (le ultime parole che di lei ci riferisce la Bibbia); non è solo quello che, attraverso i secoli, andrà ripetendo ogni volta che farà sentire la sua voce, nelle apparizioni straordinarie. Qui il 070

significato è ancora più profondo. I biblisti notano che Giovanni, in questa sua narrazione, segue il grande schema delle alleanze bibliche: la prima è quella del Sinai, che viene poi più volte rinnovata lungo la storia d'Israele. Sempre, nelle alleanze, c'è un mediatore. Sul Sinai è Mosé, a Cana è Maria. Sempre è ripetuta una frase che indica l'accoglimento delle parole di Dio. Sul Sinai il popolo dice: "Quello che il Signore ci dirà noi lo faremo"; a Cana è la Madonna che dice: "Quello che vi dirà, fatelo". Sul Sinai Dio risponde aquesta disponibilità dando le norme dell'antica alleanza, il Decalogo; a Cana Gesù risponde alla disponibilità dei servi dando il vino nuovo. Il vino vecchio che è terminato rappresenta l'antica alleanza; il vino nuovo, che è migliore e viene messo a disposizione in abbondanza, indica la nuova alleanza, la dottrina nuova del vangelo, che Gesù si appresta a predicare e in cui i discepoli credono già, incoraggiati da quel primo segno. Vediamo bene ora il valore della cornice gioiosa, offerta dalla festa nuziale; spesso le nozze sono richiamate dal vangelo come un segno del regno dei cieli, delle nozze eterne con l'Agnello; ossia significano la felicità eterna del paradiso. Ecco allora il senso generale di tutto questo episodio. Nella cornice festosa delle nozze. Gesù dà inizio alla nuova alleanza dando il vino nuovo, ossia la sua dottrina. È ben sottolineato il ruolo di Maria, ed è importante quel primo miracolo, per rinsaldare la fede dei discepoli. RIFLESSIONI. Su Maria - "Per Mariam ad Jesum": quando si va da Maria si trova Gesù. La sua potenza, di intercessione non è mai in contrasto con i piani divini, ma è un coefficiente per attuarli. Non chiede ai servi ubbidienza a lei, ma a Gesù. Quelle sue ultime parole: "Quello che egli vi dirà, fatelo", compendiano bene i suoi desideri, i suoi suggerimenti, quello che raccomanda a ciascuno di noi. Su noi - Non occorre vedere i miracoli per avere fede; ci deve bastare la parola di Dio. Rinnoviamo la nostra fede nella persona di Gesù, vero Dio e vero uomo, come bene hanno compreso e creduto gli apostoli. 071

Confermiamo il nostro patto di alleanza col Maestro divino: i voti battesimali, l'adesione a tutti gli insegnamenti del vangelo. E confidiamo nella potente intercessione di Maria, che Gesù esaudisce sempre. Pensiamo alla bontà di Gesù, rivolta anche alle esigenze umane: e bello che abbia compiuto il suo primo miracolo per rallegrare una festa nuziale. Che la sua presenza non manchi mai tra gli sposi e nelle famiglie.

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Diciannovesimo giorno Nel nascondimento di Nazaret "Dopo questo fatto (Cana), discese a Cafarnao insieme con sua madre, i fratelli e i suoi discepoli; si fermarono là solo pochi giorni" (Gv 2,12). Sono i soli giorni in cui Maria ha la gioia di stare col figlio durante la vita pubblica. Vede così il piccolo centro sul lago di Genezaret, scelto da Gesù come punto d'appoggio per la sua predicazione in Galilea. Poi Maria torna a Nazaret, dove resta durante la vita pubblica del figlio. A quei tempi non esistevano le assicurazioni sociali, ma non c'era spazio per la solitudine. Basti pensare a quante volte la Bibbia incoraggia ed elogia chi si prende cura dell'orfano e della vedova. Quando una donna vedova rimaneva sola, andava ad abitare presso i parenti. E credo che così Maria abbia fatto per tutto il resto della sua vita. Tra la parentela di Gesù, ricca come tutte le parentele orientali, c'era spazio per tutti i possibili atteggiamenti verso la missione intrapresa dal Figlio di Dio: c'erano i suoi seguaci, che gli saranno fedeli fin dopo la morte, a Gerusalemme, ed è facile pensare che la Vergine sia andata ad abitare da loro; c'erano gli avversari, che lo prendevano per matto, e tentarono di interrompergli il ministero; e c'era certamente la grande schiera degli indifferenti. Per comprendere meglio la posizione di Gesù durante la vita pubblica, dobbiamo rifarci agli usi ebraici. Il lavoro era tenuto in grande stima, come mezzo necessario e obbligatorio di sussistenza. Anche Gesù, fino a quando è vissuto privatamente a Nazaret, si è mantenuto col suo lavoro. Ma quando uno si dedicava a fare il rabbi, ossia a predicare a tempo pieno la sacra Scrittura, cessava di lavorare e viveva di elemosina, lui e i suoi discepoli; così poteva muoversi liberamente, da un posto a un altro. Per fare un esempio vicino a noi, pensiamo al comportamento degli ordini mendicanti, fino all'ultima guerra. C'era sempre qualcuno incaricato di andare alla questua (ricordiamo il manzoniano fra Galdino): ciò che serviva al convento veniva consumato, il resto era distribuito ai poveri. 073

Così facevano Gesù e gli apostoli: vivevano di elemosina e davano il di più ai poveri. Anche su questo punto san Paolo ha rotto con gli schemi dell'ebraismo. Predicando in ambiente pagano, dove quest'uso non era conosciuto e non sarebbe stato apprezzato, ha rinunciato a questo diritto ebraico e ha continuato il suo mestiere. Più volte ripete, non senza un certo orgoglio, che per il mantenimento suo e dei suoi collaboratori ha provveduto col lavoro delle sue mani. Ma ritorniamo alla vita di Maria a Nazaret. Come era diversa da quando abitava a casa sua, con le persone più amate e che più l'amavano! Qualcuno potrebbe meravigliarsi perché la Madonna, rimasta sola, non sia tra le donne al seguito di Gesù. Il motivo è evidente. Il piccolo gruppo apostolico non aveva bisogno, come potremmo pensare noi, di chi lavasse loro i panni e facesse da mangiare. Ogni ebreo, per le sue necessità personali, sapeva provvedere da sé. Aveva solo bisogno di aiuto in danaro o in natura. Il vangelo afferma chiaramente, enumerando le donne che seguono Gesù e gli apostoli, che "li assistevano con i loro beni". Anche Maria Maddalena, che non ha niente a che vedere con la peccatrice innominata e neppure con Maria di Betania, doveva essere una persona facoltosa. La Vergine invece era povera; non era in grado di contribuire alle spese; perciò non può seguire il figlio. Certamente avrà sentito l'eco dei suoi discorsi, dei suoi miracoli, e anche delle diatribe con scribi e farisei. Ci sarà stato chi si è rallegrato con lei per avere un tale figlio, e chi l'avrà criticata per lo stesso motivo. È molto probabile che abbia continuato a frequentare il tempio, in occasione della Pasqua (Giovanni ci parla di tre Pasque passate da Gesù a Gerusalemme, durante la vita pubblica; è da questa sua informazione che deduciamo che la vita pubblica di Gesù sia durata tre anni); allora avrà ascoltato direttamente il figlio. Come lo avrà ascoltato nella sfortunata visita a Nazaret, che ha provocato in Gesù il deludente giudizio: "Nessuno è profeta nella sua terra". Addirittura i beneamati compaesani lo volevano uccidere, buttandolo giù da una rupe. Ancora oggi a Nazaret c'è una chiesetta intitolata a Santa Maria del Tremore, per ricordare l'angoscia di Maria in quella occasione. 074

I sinottici riportano un'eccezione, che pare dovuta più alla volontà dei parenti che a una iniziativa di Maria. "Un giorno andarono a trovarlo la madre e i fratelli, ma non potevano avvicinarlo a causa della folla. Gli fu annunziato: "Tua madre e i tuoi fratelli sono qui fuori e desiderano vederti". Ma egli rispose: "Mia madre e i miei fratelli sono coloro che ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica" (Lc 8,19-21). E una breve risposta, che ha un duplice valore. In primo luogo Gesù annuncia una nuova parentela con lui, non basata su vincoli naturali, ma sull'ascolto della sua parola. In secondo luogo ci indica la vera grandezza di Maria: più ancora che per la sua maternità, è grande perché ascolta e attua la sua parola; è la sua più fedele discepola. Il Vaticano secondo ha citato proprio questo testo (Lc 58) per esaltare la Vergine. Ci saranno stati altri incontri fra Gesù e Maria, non riportati dai vangeli? È probabile, ma in questo caso gli evangelisti li hanno considerati episodi di valore privato. Certo il cuore di Maria, i suoi pensieri, le sue preoccupazioni erano costantemente rivolte al figlio e alla sua attività. Pensiamo che il Signore abbia voluto presentarci un grande insegnamento in questo periodo della vita di Maria: come si possa collaborare efficacemente all'azione apostolica anche nel nascondimento di una vita comune, offerta con amore a Dio, nell'accettazione della sua volontà quotidiana e offrendo a tale scopo le preghiere, le fatiche, le sofferenze che la vita presenta. E per questo, venendo ai nostri tempi, che vediamo associati come patroni delle missioni san Francesco Saverio, il grande predicatore dell'Oriente, e santa Teresa di Lisieux, che mai si è mossa dal suo convento. RIFLESSIONI. Su Maria - Certamente le è costato immensamente essere messa in disparte. Dopo aver speso la sua vita e la sua attività direttamente per la persona del figlio, ella si è vista messa in un canto, ma ha accettato con totale generosità questo volere del Padre. Avrà capito che questo nascondimento non era inutile, in attesa del grande appuntamento ricevuto a Cana, quando sarebbe venuta l'ora, di Gesù. Con la preghiera e con la vita conforme agli insegnamenti del figlio, modello per ogni 075

suo seguace, è a sua volta un esempio per noi. Su noi - La vera parentela e intimità con Gesù si acquista ascoltando e attuando le sue parole; conta la vita conforme agli insegnamenti di Cristo, non servono le velleità di seguirlo: "Non chi dice Signore, Signore, ma chi fa...". Quando l'attesa nascosta costa più dell'azione diretta, pensiamo che sempre ciò che conta è attuare la volontà di Dio.

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Ventesimo giorno "Donna, ecco tuo figlio." "Presso la croce di Gesù stavano sua madre, la sorella di sua madre Maria di Cleofa e Maria Maddalena. Gesù dunque, vista la madre e, accanto a lei, il discepolo che amava, disse alla madre: "Donna, ecco tuo figlio!". Quindi disse al discepolo: "Ecco tua madre". E da quell'ora il discepolo l'accolse tra i suoi beni (di credente)" (Gv 19,25-27). È l'ora di Gesù, l'ora per cui si è incarnato. E Maria torna in primo piano: per lei è la seconda annunciazione, in cui viene proclamata madre di tutti gli uomini. Come suo solito, Giovanni non la chiama per nome, ma conforme al suo ruolo. Qui il ruolo di Maria è ben scandito da una parola che abbiamo sottolineato perché viene ripetuta cinque volte in tre soli versetti: madre. Da quell'ora la madre di Gesù è proclamata anche madre nostra: "Donna, ecco tuo figlio". Per Gesù questo è il compimento della sua azione messianica terrena; seguirà subito la morte. Per Maria è l'inizio di una nuova maternità: come avrebbe preferito morire col figlio! Ma la sua missione non era finita e non è ancora finita. Gesù non ha nessuna preoccupazione di affidare Maria a qualcuno: è già con i parenti e resterà con i parenti. Siamo noi che abbiamo bisogno di una madre. "Ecco tua madre". A questo punto il discepolo che Gesù amava compie un gesto di grande significato, un gesto che indica comprensione e accettazione del nuovo rapporto creato da Cristo. Questa volta non c'era bisogno del consenso di Maria; essa era già interamente votata a Gesù e alla sua opera; il suo consenso era già stato pronunciato pieno e definitivo, senza condizioni o limiti, con il fiat detto all'angelo Gabriele. A questo punto era il credente in Cristo, il discepolo amato, che doveva esprimere l'accettazione. "E da quell'ora il discepolo l'accolse tra i suoi beni". Abbiamo aggiunto: tra i suoi beni di credente, perché Giovanni rappresenta i discepoli che hanno creduto in Gesù e hanno ricevuto i beni necessari alla salvezza: la fede, l'eucarestia, lo Spirito Santo, Maria. Giovanni comprende che Maria è un bene necessario alla 077

salvezza, e l'accoglie come tale. "Si può forse essere cristiani se non si è mariani?", dirà Paolo sesto a Bonaria, il 24 aprile 1970. Dio ha voluto darci Gesù per mezzo di Maria: non si può mai prescindere da questa scelta operata dal Padre. Se non comprendiamo il ruolo di Maria verso Gesù, non capiremo mai il ruolo di Maria verso ciascuno di noi. Insisteremo ancora su questo accoglimento, che sta alla base della consacrazione a Maria e della maternità di Maria sulla Chiesa. Ma a questo punto ci preme soffermarci su un argomento che a nostro avviso ha grande importanza e su cui in genere si sorvola: i sentimenti di Maria in quel momento. È evidente il suo immenso dolore. La liturgia applica alla Vergine il passo delle Lamentazioni (1,12): "O voi che passate per via, fermatevi e vedete se c'è un dolore simile al mio dolore", quasi a dirci che non c'è mai stato un dolore come quello. I poeti ci hanno tramandato lo Stabat Mater, i vari "lamenti" di Maria sul figlio morto, il "Pianto" di Jacopone da Todi; pittori e scultori hanno riprodotto "Pietà" e "Addolorate", davanti a cui il popolo prega con fervore. Tutto questo è molto vero; ma ci sono altri sentimenti su cui è importante riflettere, perché ci danno la misura della fede eroica di Maria. Anzitutto nell'animo di Maria non c'è spazio per nessuna forma di rancore, di ribellione, di risentimento e simili. Vedeva intorno a sé solo persone che Gesù le aveva appena affidate come figli. Il Vaticano secondo ci dice che in quel momento essa si associava con animo materno al sacrificio di Gesù, "amorosamente consenziente all'immolazione della vittima da lei generata" (Lc 58). Consenziente: è la parola più forte e più nuova di quel grande documento mariano. Non era certo consenziente al male, all'uccisione, alle bestemmie, alle sfide verbali. Era consenziente alla volontà di Dio, a quella volontà che Gesù aveva pienamente accettato. Una volontà tremenda che le fa sanguinare il cuore più del martirio. Eppure l'accetta con adesione totale: così ha voluto il Padre, così ha voluto Gesù, a questa volontà ha dato la sua sofferta adesione anche Maria. C'è un altro aspetto non meno importante, che ci fa capire da quale fonte, da quale luce veniva a Maria una forza così eroica, un'adesione di fede così totale alla morte del figlio. Essa ha compreso, e in quel momento solo lei, il valore di ciò che stava accadendo, il valore di quella morte. Forse la Vergine, in tutto l'arco della sua vita, soprattutto

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durante l'attività pubblica di Gesù, avrà sentito risuonare dentro di sé continuamente le esaltanti parole profetiche di Gabriele: "Sarà grande, Dio gli darà il trono di Davide, suo padre; regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà mai fine". Parole lusinghiere, che lasciavano presagire un avvenire glorioso, un successo senza precedenti. Ebbene, ecco la fede eroica di Maria che sfida la più chiara evidenza degli occhi: mentre vede Gesù che agonizza e muore, Maria comprende che le parole profetiche di Gabriele si stanno avverando. Certo, si attuano nel modo più impensato e più atroce, ma si realizzano. Per gli altri, quella morte è un fallimento, è la fine di un sogno, di una grande speranza, come si esprimeranno sconsolati i due discepoli di Emmaus. Per Maria non è così, perché comprende che è proprio in quel modo, contrario ad ogni attesa umana e tanto più ad ogni attesa materna, che si stanno attuando il trionfo di Cristo, la sua vittoria sul peccato e sulla morte, la redenzione dell'umanità. Scaturisce allora spontaneo un altro pensiero: Maria capisce che è da quella morte che il mondo è salvato e lei stessa è stata redenta.È in forza di quella morte terribile che lei è tutto quello che è: immacolata, sempre vergine, madre di Dio...È in forza di quella morte che tutte le generazioni la chiameranno beata perché grandi cose ha fatto in lei l'Onnipotente. Mai Maria è così grande come in quel momento di fiat doloroso; mai aveva potuto dimostrare a tal punto una fede così profonda. E così che Cristo regna e salva. Il cuore sanguina, ma lei dice il suo "grazie". Ringrazia per sé e ringrazia per tutti noi: lei è salva, noi siamo salvi. Il sentimento culminante di Maria, ai piedi della croce, è una profonda gratitudine. RIFLESSIONI. Su Maria - Gesù dalla croce perdona; Maria rivive quel perdono verso ognuno di noi, anche se pecchiamo. Ci insegna a saper vedere la mano di Dio anche nel dolore e nelle speranze infrante. Ci insegna cosa è la vera fede, che crede anche contro ciò che sembra evidente. Ci insegna a ringraziare Gesù per il suo sacrificio.

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Su noi - Un esame profondo sul valore del sacrificio di Cristo, sul suo potere redentivo, sulla nostra gratitudine e corrispondenza, perché non venga vanificato in noi. Abbiamo accolto Maria come vera madre, sul piano della salvezza? Abbiamo imparato a credere, a sperare, a perdonare di cuore, a ringraziare anche se soffriamo? L'ubbidienza di Cristo riscatta la disubbidienza di Adamo; la partecipazione di Maria riscatta la partecipazione diEva. Ma occorre la nostra ubbidienza a Dio per poter ricevere i frutti della redenzione.

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Ventunesimo giorno Il sabato, giorno di Maria Sembra quasi che, nel grande triduo pasquale, ci sia un vuoto, una pausa d'attesa e di silenzio, tra la crocifissione e la risurrezione. Ma quel vuoto è colmato da una persona che ha il cuore pieno di speranza, di certezza, perché la sua fede, e solo la sua fede, non è crollata. Quando Dio la preannuncia nella Genesi, è lei il segno che verrà il Salvatore; la sua nascita è salutata come il sorgere dell'aurora che preannuncia il sole, Cristo. Il sabato santo è il tipico giorno di Maria e sempre più si sta diffondendo l'uso di celebrare in quel giorno "L'ora di Maria". La speranza è viva nel mondo solo in lei, perché solo lei attende fiduciosa l'ora del trionfo. Gli altri, no. Per gli altri quel sabato è ancora un giorno angoscioso, ricco solo di ricordi dolorosi, di incognite, di tenebre. I pensieri dei principali testimoni non potevano fermarsi che su tristi ricordi: l'atroce morte di Gesù, col suo contorno umiliante, reso ancora più indegno dal comportamento dei suoi amici. Si era consumato il tradimento di Giuda, che aveva posto fine alla sua vita d'apostolo con quella disperazione che l'aveva condotto a impiccarsi; davvero Satana era entrato in lui. Pietro, impulsivo e generoso, dopo il suo triplice rinnegamento, non aveva altra alternativa che versare lacrime amare di pentimento. Gli altri apostoli non avevano saputo fare di meglio che scappare; non riuscivano ancora a smaltire la paura di essere ricercati, per cui se ne stavano ben chiusi in casa. Anche le donne, le fedelissime di Gesù, mescolano al pianto solo una preoccupazione pratica: quella di portare a termine l'imbalsamazione del corpo morto di Cristo, dato che quel venerdì sera la sepoltura era stata compiuta in fretta, per il sopraggiungere del "grande sabato". Era evidente in tutti il crollo di ogni speranza, l'impressione del "tutto è finito". Mai più pensavano che "tutto stava per cominciare". Nessuno pensava che quel sangue versato per la nuova alleanza segnava il cammino del nuovo popolo di Dio. La risurrezione giungerà come una di quelle sorprese che si stenta a credere, per cui le prove si 081

susseguiranno a catena. Prima il sepolcro vuoto, e gli angeli che proclamano: "Non è qui, è risorto". Poi le varie apparizioni a singoli, a gruppi, a una folla di circa cinquecento fedeli. La liturgia pasquale sarà caratterizzata dal gioioso canto rivolto alla Vergine: "Rallegrati, Regina del cielo, perché tuo figlio è risorto come aveva promesso". Ma intanto, in quel sabato di silenzio, la fiaccola della fede dell'umanità è tutta e solo accesa in Maria. Per lei sarebbe stata una grande liberazione poter morire col figlio; ma doveva iniziare la nuova missione di madre nostra, ricevuta proprio lì dal figlio agonizzante. Anche a questo ha detto il suo fiat; e la sua missione inizia proprio in quel sabato, offrendo a Dio qualcosa di prezioso, di cui nessuno si rende conto: una fede incrollabile. Lei sola crede e pensa a ciò a cui nessuno crede e pensa; lei sola è preparata al grande evento, che nessun altro si aspetta. Avrà forse riflettuto a quel terzo giorno in cui aveva ritrovato Gesù nel tempio; o avrà ripensato a un altro terzo giorno, quando suo figlio la raggiunse a Cana e trasformò l'acqua in vino; poi, il giovedì santo, egli aveva trasformato il vino in sangue. O avrà ripensato a parole che probabilmente le furono riferite, quando Gesù, preannunciando la passione, concludeva sempre con una frase che gli apostoli non capivano: "E risusciterò il terzo giorno".È certo che il suo cuore era pieno di speranza, di certezza. Eppure si svolgeva stranamente quel sabato. Le guardie si alternavano a vigilare un sepolcro sigillato, con dentro un cadavere, come se l'uomo potesse porre un limite all'onnipotenza di Dio. Tutto il popolo accorso in città era in festa perché celebrava la Pasqua; non si rendeva conto che quella loro Pasqua era il segno profetico di una grande realtà, che si era già attuata nel dolore e stava per attuarsi nella gioia. Un sepolcro sotto stretta sorveglianza, la celebrazione di un rito che non ha più senso, sono due tra i tanti anacronismi di quella giornata in cui di valido c'è solo la fede di Maria, la certezza di ciò che sta per accadere e che sconvolgerà definitivamente le prospettive della vita umana. Così il sabato diverrà il giorno di Maria, il giorno di preparazione alla domenica di risurrezione, che soppianterà il sabato ebraico, come giorno festivo per i cristiani. Ci sarà un lento approfondimento cultuale e liturgico, per arrivare nel secolo nono a un'ufficiatura del sabato dedicato a Maria, con la messa e

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l'ufficio proprio della Vergine. Ma il primo avvio, il punto di partenza, sarà proprio l'importanza che la Madonna ha avuto in quel sabato santo. Sorge finalmente l'alba della domenica. Vediamo di buon mattino un piccolo gruppo di donne che si reca al sepolcro. Sono le stesse che avevamo visto ai piedi della croce; ma ne manca una, la più importante. Come mai Maria non è con loro?È un'assenza significativa. Forse le è già apparso il Signore risorto, anche se il vangelo non lo dice. O forse è così certa della sua risurrezione che non compie l'errore delle altre donne, di cercare il Vivente tra i morti. Possiamo pensarla come crediamo, ma è certo che essa non va al sepolcro perché c'è un forte motivo che la trattiene. Le donne, ammirevoli per la loro fedeltà e il loro zelo, troveranno una sorpresa: il sepolcro è vuoto. Questo evento fa sì che le mute pietre acquistino una particolare importanza: per il fatto di essere vuote diventano le prime testimoni della risurrezione di Cristo. Ed è per questo che il santo sepolcro diverrà il luogo più caro, più amato e più visitato dai cristiani. Poi si succederanno le varie apparizioni del Risorto, per cui i discepoli di Gesù si tramanderanno l'un l'altro il grido gioioso: "Gesù Cristo è vivo!". Ancora oggi, dopo duemila anni, il compito dei cristiani è di gridare a tutti gli uomini: "Gesù Cristo è vivo!". Ed è questo il lieto annuncio che li può salvare. RIFLESSIONI. Su Maria - La sua fede è eroica, ma non c'è dub-bio che aveva delle basi che l'alimentavano, e sono le stesse basi di cui si nutre anche la nostra fede: la preghiera incessante e la profonda meditazione delle parole e delle opere compiute dal figlio. Senza questi aiuti anche la sua fede non avrebbe avuto sostegno. Quando la Bibbia ci parla della fede di Abramo, ci dice che credette contro ogni speranza, ossia contro ogni evidenza dei fatti. Giovanni Paolo secondo ha osato dire che la fede di Maria è stata più grande di quella di Abramo: Abramo non ha visto morire il figlio; Maria sì. Ma ha creduto ugualmente.

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Su noi - Le promesse di Dio non vengono mai meno, come non vengono mai meno il suo amore e il suo aiuto. Quando le cose vanno bene può sembrare un gioco avere fede; ma la fede si prova nelle contrarietà. Vale per tutti l'osservazione che i grandi dolori, le grandi sofferenze mettono alla prova la nostra fede: o si irrobustisce o si perde. Anche noi abbiamo necessità di ricorrere al doppio aiuto, della preghiera e della parola di Dio.

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Ventiduesimo giorno Fuoco dal cielo La Pentecoste fornisce a san Luca l'occasione per rilevare ancora una volta la presenza di Maria al nascere della Chiesa. Il sacro testo elenca gli undici apostoli riuniti e aggiunge: "Tutti questi erano assidui e concordi nella preghiera, insieme con alcune donne e con Maria, la madre di Gesù, e i fratelli di lui" (At 1,14). Vediamo subito il rilievo dato alla presenza di Maria che, oltre agli apostoli, è l'unica persona di cui si indica il nome, con la precisazione della gloriosa qualifica di madre del Signore. Non molti giorni prima era avvenuto un importante episodio, a cui certamente hanno preso parte tutte le persone menzionate sopra, anche se non è detto espressamente: l'ascensione di Gesù al cielo. E un episodio importante e gioioso; con la sua risurrezione è sottolineata la glorificazione del corpo umano di Cristo e l'ingresso della sua natura umana nella sua gloria, come si esprime Gesù stesso parlando ai discepoli di Emmaus. Con l'ascensione anche l'umanità di Cristo acquista quella potenza di intercessione che usa subito per inviare lo Spirito e continua a usare continuamente a nostro favore. Prima di ascendere al cielo, Gesù dà un'ultima raccomandazione ai suoi: di non allontanarsi da Gerusalemme, fino a che non fossero stati battezzati di Spirito Santo; dallo Spirito Santo avrebbero ricevuto la forza per essergli testimoni in Gerusalemme e in tutta la Giudea e la Samaria, fino all'estremità della terra. Possiamo immaginare con quanta gioia anche Maria abbia assistito a questo ascendere del figlio al Padre, preludio di quando sarebbe venuta a prenderla in modo definitivo, senza più separazioni. Intanto, in obbedienza al figlio, prega invocando la discesa dello Spirito Santo. E preziosa questa sua presenza, espressamente affermata, perché è l'inizio di quella presenza e assistenza che Maria non cesserà più di avere sulla Chiesa e su ciascuno dei suoi figli. Ci piace pensarla così, come ci viene descritta in questa ultima menzione che il Nuovo Testamento fa di lei: presente e in atteggiamento di preghiera. Per cui non ci 085

stancheremo mai di invocarla: "Prega per noi, peccatori...". Il Vaticano secondo sottolinea la funzione di Maria nella Pentecoste, per implorare sugli apostoli "il dono dello Spirito, che l'aveva già ricoperta nell'annunciazione" (Lc 59). Lo Spirito, scendendo sotto forma di lingue di fuoco, dimostra subito un riferimento alla Parola: quella Parola divina che lo Spirito ha la missione di ricordare e di approfondire, e che gli apostoli hanno il dovere di predicare. Iniziano i primi successi con le prediche di san Pietro: tremila, cinquemila che chiedono il battesimo... Forse solo allora Pietro comprese il significato delle parole di Gesù: "D'ora in poi sarai pescatore di uomini"; proprio lui, il pescatore che era rimasto sbalordito quando, in una sola retata, aveva preso centocinquantatré grossi pesci. Ora è la Chiesa che inizia il suo cammino con un'esplosione iniziale che richiama la profezia di Isaia: "Può un paese nascere in un solo giorno? Può un popolo essere generato d'un tratto? Rallegratevi con Gerusalemme" (Is 66,8). E Maria è membro e madre di questo nuovo popolo. Siamo portati anche a riflettere su quali frutti avrà portato in Maria questa nuova effusione di Spirito Santo.È facile supporre, oltre a un accrescimento di unione con Dio e di pace, che la Vergine abbia avuto ancora maggiori luci per comprendere le parole e la vita del figlio; quegli stessi episodi che l'avevano meravigliata o che non aveva compreso, saranno divenuti sempre più chiari.È vero, già tante volte lo Spirito era sceso su di lei, con particolari effetti: a suggerirle la via della totale verginità; ad adombrarla per renderla feconda; a guidarla e sostenerla nelle varie tappe della vita; soprattutto a illuminarla ai piedi della croce.È facile pensare che la nuova effusione della Pentecoste, oltre a illuminarla sempre più sulla vita del figlio, le abbia dato a profusione le grazie necessarie per il compimento della sua nuova missione di madre nostra e madre della Chiesa. È utile riflettere su questa particolarità: lo Spirito Santo può essere ricevuto più volte, senza limiti, con crescente aumento di frutti. Scende in noi nel battesimo; con ancora più forza nella cresima; e poi tutte le volte che lo invochiamo, perché il Signore ha detto: "Il Padre vostro darà lo Spirito Santo a coloro che glielo chiedono" (Lc 11,13). Perciò non dobbiamo mai stancarci d'invocarlo, per poter sempre con più chiarezza ascoltare e seguire la sua voce, così diversa da quella

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della carne e del mondo, e per arrivare a quella piena imitazione di Cristo che il Signore si attende da noi. La vita della Vergine termina nel nascondimento.È il momento degli apostoli, degli evangelisti, dei diaconi. I successi si alternano alle persecuzioni, ma la buona novella prende il largo. Maria santissima avrà seguito tutto, incoraggiando e partecipando. Ci sono stati anche i primi martiri: il diacono Stefano e poi l'apostolo Giacomo, fratello di Giovanni. La presenza di Maria sarà stata a tutti di conforto, mentre la sua testimonianza illuminava gli scrittori sacri su quanto lei solo conosceva, soprattutto della nascita e dell'infanzia di Gesù. Dove avrà trascorso i suoi ultimi anni? Credo che non si sia più mossa da Gerusalemme. La tradizione che la vuole a Efeso, con l'apostolo Giovanni, è tardiva e viene diversamente spiegata, nella sua origine, da documenti scoperti di recente. Un vescovo di Efeso nel nono secolo, Eutimie, si lamenta che le scorrerie dei briganti rendano quasi impossibile ai pellegrini di andare a Gerusalemme, a pregare sul sepolcro della Dormizione di Maria, per celebrare la festa dell'Assunzione. Questo spiegherebbe perché allora sia stata costruita a Efeso la chiesetta della Dormizione. Se questo svolgimento dei fatti ottenesse ulteriori prove storiche, risulterebbe che la chiesa-ricordo a Efeso è stata costruita non per la presenza di Maria in quella città, ma per motivi di culto. In ogni caso, quando il Signore ha voluto, la Vergine è stata colta da "sorella morte", a cui ha detto il suo ultimo fiat. RIFLESSIONI. Su Maria - La gioia di contemplare, con la fede, la presenza di Gesù alla destra del Padre, dopo l'ascensione; e l'attesa del suo ritorno. La sua preghiera insieme agli apostoli, che essa continua con la Chiesa e accanto a ciascuno di noi. L'effetto su di lei della discesa dello Spirito Santo. Il conforto che dà nei tempi di persecuzione: tutte queste sofferenze erano state preannunciate dal Signore. Il suo sereno ritorno alla casa del Padre. Su noi - Confidare pienamente nella preghiera fatta nel nome di Gesù, perché egli incessantemente intercede per noi. Invocare continuamente lo Spirito Santo, specie nei momenti di maggior bisogno 087

di luce, per vivere conforme alla volontà di Dio e crescere nella nostra conformazione a Cristo, fidarci della presenza di Maria accanto a noi, avendo ricevuto il compito di esserci madre. Pensare alla morte con serenità: essa ci fa raggiungere la mèta definitiva della nostra esistenza.

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Ventitreesimo giorno Interamente glorificata Qual è stata la partecipazione di Maria alla risurrezione di Cristo? Noi vorremmo sempre avere tutto e subito; il tempo, agli occhi di Dio, ha ben altro valore. Pensiamo che la vera partecipazione di Maria all'evento pasquale sia stata la sua assunzione. San Paolo ci ricorda quello che avverrà a ciascuno di noi, alla risurrezione della carne, ottenuta grazie alla risurrezione di Cristo, quando anche i nostri corpi risorgeranno incorruttibili e immortali. Tutto questo per Maria è avvenuto subito dopo la morte.È ancora vivo nel ricordo di molti quanto avvenne il primo novembre 1950, quando Pio dodicesimo in Piazza San Pietro proclamò solennemente il dogma dell'Assunta. Fu veramente il giorno culminante di quell'Anno Santo. Si trattava quindi di una verità contenuta nella Bibbia, ma in modo implicito; è stato necessario un lungo approfondimento perché emergesse con tutta chiarezza. È interessante il procedimento seguito dal papa, che ha ricalcato quanto aveva fatto Pio nono per giungere alla proclamazione del dogma dell'Immacolata Concezione. In antecedenza, nel 1940, Pio dodicesimo aveva istituito una commissione per interpellare il popolo di Dio, attraverso tutti i vescovi del mondo, per sapere che cosa credono i fedeli e che cosa desiderano. Si tenga presente un principio che il Vaticano secondo ha espresso così: "L'universalità dei fedeli non può sbagliarsi quando, dai vescovi ai laici, consente in materia di fede e di morale" (Lc 12).È un caso di vera e propria infallibilità. L'esito fu sostanzialmente unanime. Così Pio dodicesimo "confermò la fede dei fratelli", come aveva raccomandato Gesù a san Pietro, affermando: "Al termine della sua vita terrena l'Immacolata madre di Dio, Maria sempre vergine, è stata assunta corpo e anima nella gloria celeste" (Munificentissimus Deus). Come si vede, è dichiarata l'assunzione di Maria; non si è voluto appesantire il testo col pronunciamento circa il fatto se Maria sia morta o no. Era una questione dibattuta nel passato, tenendo conto che in Maria non c'era la 089

colpa originale, che sottopose l'umanità alla morte. Oggi gli studiosi sono concordi che, come si è sottomesso alla morte Gesù, così sia morta anche Maria; Giovanni Paolo secondo lo ha affermato come sua convinzione personale. Ma crediamo che oggi la questione sia pacifica. Ci interessa piuttosto osservare come le definizioni dogmatiche siano provocate o da dispute ed errori, che esigono una risposta precisa, oppure dal desiderio di affermare solennemente una verità creduta da secoli e celebrata dalla liturgia, anche se non contenuta esplicitamente nella sacra Scrittura. Così prima si precisano i termini, si dirimono le difficoltà; anche dopo la definizione dogmatica, si continua a studiarne i fondamenti e le conseguenze. In passato si amava soprattutto vedere la grandezza di una persona ponendone in rilievo i privilegi; oggi si preferisce metterne in rilievo i servizi resi nel piano della salvezza; sono due aspetti non in contrasto, ma che si integrano, essendo entrambi veri. Per questo in passato si amava rilevare, nell'Assunta, il compimento della redenzione, essendo Maria glorificata in corpo e anima; ci si esprimeva, in teologia, con l'espressione: interamente redenta. Si metteva in luce la conformità di Maria al figlio: era giusto che fosse associata alla sua glorificazione, essendo stata associata a tutta l'opera della redenzione, specialmente al mistero pasquale. Si insisteva sulla convenienza che venisse glorificata quella carne da cui Gesù aveva tratto la sua carne, e si aggiungeva: come, per i meriti di Cristo, le è stata applicata preventivamente l'esenzione dalla colpa originale, così è giusto che le venga applicato preventivamente il frutto della risurrezione. Sono tutti argomenti validi e sostenuti ancora oggi. Ma si preferisce aggiungere altri motivi. Ogni privilegio è stato dato a Maria in vista di uno scopo che supera la sfera personale; anche l'assunzione non esula da questo criterio. Per cui non è stata concessa a Maria solo per onorare la sua persona, ma in vista di un evento salvifico. Maria ha ricevuto da Gesù una nuova missione, che durerà fino alla fine del mondo: la maternità su tutti gli uomini, in ordine alla salvezza. La sua missione sulla terra non è finita, come è finita per gli altri uomini, che potranno solo contribuire con la preghiera nella comunione dei santi. Per Maria non è così. Era dunque necessario che si trovasse nella completezza della sua persona, fatta di anima e corpo, per adempiere a questa nuova missione verso di noi.

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Ora il corpo di Maria, come il corpo di Gesù, non è più legato ai vincoli di spazio e di tempo. Per cui la loro presenza, accanto a ciascuno di noi, è incessante. Per offrirne un esempio, ripenso alle varie apparizioni di Gesù risorto. Dava l'impressione di arrivare, di partire, anche se le porte erano chiuse. Per cui i teologi si sforzavano di capire le proprietà di un corpo risorto, tra cui la sottigliezza... La realtà è un'altra. Gesù ha detto chiaramente che resterà con noi sempre, fino alla fine dei tempi, per cui è sempre presente. Quando vuole apparire, rende visibile questa presenza; poi, finito lo scopo, la rende di nuovo non percepibile dai sensi umani; ma questa presenza continua. La stessa cosa avviene per Maria. In più, non solo la sua presenza non ha più i limiti di spazio e di tempo, per cui sulla terra viveva solo in un posto e con i limiti temporali che abbiamo tutti; per questo anche l'attività poteva essere solo limitata dalle ore che passano e non ritornano. Adesso non è più così. La sua attenzione materna verso di noi non ha limiti e, come si esprime il Vaticano secondo, è un'opera che continua fino a che tutti gli uomini siano condotti alla patria beata (cfr. Lc 62). In tal modo ci è facile comprendere i motivi e le conseguenze dell'assunzione di Maria: assunta in cielo è viva, è vera nostra madre che sta sempre accanto a noi con una presenza quanto mai attiva, anche se non la vediamo; ma è una presenza costante e piena, perché non è più legata ai limiti di spazio e di tempo che anche lei aveva nella vita terrena. E una presenza materna ed efficace, in ordine alla salvezza, per cui noi la comprendiamo attraverso i titoli con cui ci rivolgiamo a lei: mediatrice d'ogni grazia, rifugio dei peccatori, avvocata, ausiliatrice... RIFLESSIONI. Su Maria - La contempliamo, pienamente redenta, nella felicità dell'intera persona umana, anima e corpo, come i santi stessi aspirano e a cui tutti tendiamo: vera primizia dell'umanità glorificata, per i meriti e in dipendenza del Cristo glorioso. Notiamo i doni che Dio le ha fatto, anche quello di averla assunta in cielo anima e corpo, per nostro vantaggio. Per cui la pensiamo sollecita verso ciascuno di noi.

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Su noi - Credere che Maria ci è sempre accanto, sentircela vicina, anche se non la vediamo. Da qui il continuo e fiducioso ricorso a lei. Sapremo solo in cielo quanto le siamo costati e ciò che ha fatto per noi, i pericoli da cui ci ha salvati, i suggerimenti che ci ha dato, le forze che ci ha infuso, le grazie ottenute; e tutto questo senza che neppure ce ne accorgessimo. Chi riflettesse seriamente a queste verità, della costante presenza accanto a noi di Gesù e di Maria, vivrebbe di fiducia e non soffrirebbe mai di solitudine.

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Ventiquattresimo giorno Apparve nel cielo un grande segno Solo Dio è eterno. Per cui prima dei tempi esisteva solo Dio, nel dinamismo d'amore insito nelle tre persone unite nell'unica natura divina. Poi il creato, angeli, cosmo e uomini, ha visto questo amore esprimersi esternamente, dando vita solo a creature belle e buone, di cui il Creatore si è compiaciuto. Ma il dono più bello, che forma la grandezza delle creature superiori, l'intelligenza e la libertà, ha indotto alla superbia e alla ribellione prima una parte di angeli e poi, per istigazione di questi, i progenitori. Così è entrato nel mondo il peccato, il male, la sofferenza, la morte, l'inferno, quando invece Iddio ha creato tutti per la felicità eterna. L'odio di Satana contro Dio lo ha portato e lo porta a indurre l'uomo alla ribellione e al peccato. Ma contro le conseguenze della colpa originale, la misericordia infinita di Dio preannuncia la salvezza: manderà il suo stesso Figlio, che verrà come redentore. Sarà figlio di una donna. Questa donna, subito annunciata, è posta da Dio stesso come la nemica di Satana.È il primo annuncio di Maria, agli albori della vita umana. Ecco il testo del protovangelo, o primo annuncio di redenzione: "Io porrò inimicizia tra te e la donna (è Dio stesso che crea questa inconciliabile rivalità), tra la tua stirpe e la sua stirpe; questa (ossia il figlio di quella donna) ti schiaccerà la testa e tu la insidierai al calcagno" (Gn 3,15). Maria è già preannunciata come segno di salvezza e come nemica di Satana.È un testo che va approfondito nel suo vero significato. L'abbiamo riportato secondo la traduzione della CEI, che riproduce fedelmente il testo ebraico. La traduzione greca, detta dei Settanta, poneva un pronome maschile, ossia un preciso riferimento al Messia: "Esso ti schiaccerà la testa". Mentre invece la traduzione latina di san Girolamo, detta Volgata, traduceva con un pronome feminile: "Essa ti schiaccerà la testa", favorendo una interpretazione tutta mariana, già preferita dai Padri più antichi, da Ireneo in poi.È chiaro che chi sconfigge Satana è Gesù; l'azione di Maria è sempre e solo dipendente 093

da quella del figlio. Con esattezza il Vaticano secondo precisa: "La Vergine ha consacrato totalmente se stessa alla persona e all'opera del figlio suo, servendo al mistero della redenzione sotto di lui e con lui" (Lc 56). Per cui sono legittime tutte le raffigurazioni che presentano Maria nell'atto di schiacciare la testa al serpente, purché questo gesto sia visto come cooperazione all'opera del figlio, venuto per distruggere le opere di Satana. Alla fine della storia umana vediamo il ripetersi della stessa scena: ricompare la donna come segno di salvezza e ricompare nell'atteggiamento di lotta contro Satana. Ecco il testo: "E un segno grandioso apparve nel cielo: una donna vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi e sul suo capo una corona di dodici stelle... E un altro segno apparve nel cielo: un dragone rosso vivo, con sette teste e dieci corna... il serpente antico, quello che è chiamato Diavolo e Satana, colui che inganna tutta la terra " (Ap 12,1ss). Chi è quella donna? Spesso nella Bibbia una stessa figura può rappresentare una molteplicità di soggetti. Quella donna può raffigurare la Chiesa; può raffigurare il popolo ebraico; sicuramente raffigura Maria, dato che il suo figlio è Gesù. Così Maria è il segno della salvezza, dal principio alla fine dell'umanità. San Bernardo amava dire e scrivere: "Maria è tutta la ragione della mia speranza". Un particolare: era questa la frase scritta sulla porta della cella di padre Pio; chissà quante volte il santo frate la ripeteva. Ma a questo punto siamo invitati a riflettere su quale sarà il ruolo di Maria alla fine del mondo. Conosciamo bene la parte fondamentale che ha avuto alla prima venuta di Cristo. Ma poi, quando Cristo è asceso al cielo, e gli apostoli con Maria continuavano a tenere lo sguardo rivolto nella sua direzione, vengono due angeli a interrompere l'incanto e a dichiarare: "Questo Gesù che è stato assunto di mezzo a voi verso il cielo, verrà così, in quel modo come lo avete visto andarsene in cielo" (At 1,11). Il Signore verrà; il Signore ritornerà; Maranathà: vieni, Signore Gesù. La tensione escatologica, l'attesa della parusia (ritorno glorioso di Cristo), è tipica dei tempi di fede viva, anche se non ne sappiamo la data, per cui il vangelo ci invita ad essere sempre pronti. Come dobbiamo essere sempre pronti all'arrivo di "sorella morte".

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Ma quale sarà il ruolo di Maria in quella occasione? I santi, particolarmente il Montfort, ritengono che la Vergine avrà un ruolo importantissimo e palese. Il libero "sì" di Maria, per volere divino, precedette l'incarnazione del Verbo. Maria, alla prima venuta di Cristo, fu madre e collaboratrice del Redentore, ma in un modo quanto mai discreto. Per la seconda venuta del Signore, che sarà un ritorno glorioso, il ruolo di Maria sarà invece aperto: sarà lei a preparare "gli apostoli degli ultimi tempi", come ama esprimersi il Montfort, e a condurre la lotta contro il drago rosso. Ecco il motivo del segno che apparve nel cielo, la donna vestita di sole. Intanto l'inimicizia perdura e la lotta è senza tregua. Paolo è molto chiaro: "Rivestitevi dell'armatura di Dio, per poter resistere alle insidie del diavolo. La nostra battaglia infatti non è contro creature fatte di sangue e di carne, ma contro i Principati e le Potestà, contro i dominatori di questo mondo di tenebra, contro gli spiriti del male che abitano nelle regioni celesti" (Ef 6,11-13). Maria è la vittoriosa, grazie al suo figlio, e ci aiuta in questa lotta. Qual è il suo segreto? Un giorno, un esorcista bresciano, il compianto don Faustino Negrini, interrogò il demonio: "Perché hai tanto terrore quando invoco la Vergine Maria?". Si sentì rispondere con una stupenda apologia: "Perché è la più umile di tutte le creature, e io sono il più superbo; è la più ubbidiente, e io sono il più ribelle; è la più pura, e io sono il più sozzo". Un altro esorcista, al corrente di questa risposta, a distanza di molti anni, chiese a Satana: "Hai esaltato Maria perché è la più umile, la più ubbidiente, la più pura di tutte le creature. Quale è la sua quarta virtù che ti fa tremare?". Ne ebbe subito la risposta: "E la sola creatura che mi può vincere interamente, perché non è mai stata sfiorata dalla più piccola ombra di peccato". La lotta per ognuno è forte; la posta in gioco è la salvezza eterna. Ma non c'è da temere: abbiamo la grazia meritata da Gesù e abbiamo l'aiuto della Vergine Maria. RIFLESSIONI. Su Maria - Il ruolo di Maria, non c'è dubbio, è andato sempre più approfondendosi e scoprendosi lungo la storia della Chiesa. E di pari 095

passo è progressivamente aumentato il suo culto sia liturgico sia popolare. La sua forza contro Satana, dovuta alle quattro virtù elencate, è un modello anche per noi. Non sappiamo i piani di Dio su Maria, per preparare la parusia; ma sappiamo l'aiuto che ci dà ora, come madre nostra in ordine alla salvezza, quindi, in particolare, in ordine alla lotta contro il peccato. Su noi - Riesaminare il nostro impegno di conversione e purificazione continua, la nostra preparazione. Il vangelo ci raccomanda di essere vigilanti, sempre pronti alla venuta del Signore: la morte può sorprenderci in qualsiasi momento. Ricorrere all'aiuto di Maria, alle sue invocazioni, alle sue preghiere, specie nelle lotte contro le tentazioni. E confidare nel potere di Maria di intercedere per noi.

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Venticinquesimo giorno Madre della Chiesa Dopo lunga rielaborazione, preceduta da duri dissensi, il Vaticano secondo approvò, il 21 novembre 1964, la costituzione Lumen gentium, sulla Chiesa, contenente l'ottavo capitolo, interamente dedicato alla Vergine Maria. A coronamento di quel capitolo, Paolo sesto promulgò, di fronte a tutto il concilio, il titolo attribuito a Maria, di madre della Chiesa, con lo scopo di riconoscere una verità ampiamente contenuta nel documento mariano approvato e che, in parte, compensava altri titoli desiderati da gran parte dei padri conciliari, di cui si era preferito non fare dichiarazioni ufficiali. Primo di tutti il titolo di mediatrice universale di grazie. Ecco le parole del papa: "Noi proclamiamo Maria santissima madre della Chiesa, cioè di tutto il popolo di Dio, tanto dei fedeli come dei pastori, che la chiamano madre amorosissima... Come infatti la divina maternità è il fondamento della sua speciale relazione con Cristo e della sua presenza nell'economia della salvezza operata da Cristo Gesù, così essa costituisce pure il fondamento principale dei rapporti di Maria con la Chiesa, essendo la madre di colui che, fin dal primo istante dell'incarnazione nel suo seno verginale, ha unito a sé come capo il suo corpo mistico, che è la Chiesa. Maria, dunque, come madre di Cristo è madre anche dei fedeli e dei pastori tutti, cioè della Chiesa". È un titolo di grande contenuto. Anche se la proclamazione solenne è stata fatta solo nel 1964, lo troviamo già sostanzialmente compreso nella maternità di Maria verso tutti noi, come viene illustrata dai padri Ireneo, Epifanie, Ambrogio, Agostino... Il Vaticano secondo aveva esitato di fronte a questo titolo, che proclama Maria non solo madre di tutti i singoli, ma anche della comunità ecclesiale. Eppure aveva già incluso nel documento mariano l'espressione usata da Benedetto quattordicesimo nel 1748: "La Chiesa cattolica, edotta dallo Spirito Santo, con affetto di filiale pietà venera Maria come madre amantissima" (Lc 53). I motivi dell'esitazione furono due. Anzitutto si voleva far risaltare 097

che Maria è pure membro della Chiesa, e come tale appare la sua presenza alla Pentecoste e la sua partecipazione successiva alla comunità di Gerusalemme. E vero, Maria è membro della Chiesa. Ma è anche vero che Maria è pure tipo e modello della Chiesa stessa: entrambe vergini e madri, generano i figli di Dio ad opera dello Spirito Santo. Dirà Paolo sesto: "Non si può parlare di Chiesa se non vi è presente Maria" (Marialis cultus 28). Un secondo timore era questo: che il titolo madre della Chiesa si prestasse a equivoci, come se la Chiesa fosse nata da Maria e non da Cristo. Anche questo timore è giusto, ma basta spiegare le cose. Abbiamo visto quanto il titolo di madre di Dio si potesse prestare a equivoci ben maggiori, senza un'adeguata spiegazione. Il titolo madre della Chiesa sottolinea la cooperazione di Maria alla nascita della Chiesa e a tutta la sua opera.È una cooperazione subordinata e dipendente dall'azione di Cristo; ma è una cooperazione evidente, dall'incarnazione alla Pentecoste, dalla Pentecoste alla parusia. Per cui sottolinea bene il ruolo che Maria ha avuto e che continua ad avere, per volontà del Signore. La Chiesa è stata voluta da Cristo, non dagli uomini. È il nuovo popolo di Dio poiché "Dio volle santificare e salvare gli uomini non individualmente e senza nessun legame tra loro, ma volle costituire di loro un popolo che lo riconoscesse nella verità e fedelmente lo servisse" (Lc 9). Anche se subito prima è affermato che "in ogni tempo e in ogni nazione è accetto a Dio chiunque lo teme e opera la giustizia": affermazione quanto mai importante; perché è vero che la via regale della salvezza è indicata dal Signore con le parole: "Chi crederà e sarà battezzato sarà salvo, chi non crederà sarà condannato" (Mc 16,16); ma è altrettanto vero che Dio vuole la salvezza di tutti, Gesù è morto per tutti, per cui Iddio si riserva anche altre vie per salvarci, che noi non conosciamo. Occorre insistere sul fatto che la Chiesa è fondata da Cristo, che lui l'ha voluta per prolungare la sua missione, che lui l'ama e la guida con la sua grazia e le ha dato come anima lo stesso Spirito Santo; che Maria ne è madre e come tale l'assiste...: tutte verità importanti e da tener ben presenti, perché oggi, in generale, la Chiesa non è amata. Dagli stessi cristiani è vista come un qualche cosa di esterno a loro 098

("la Chiesa sono i preti", afferma la mentalità corrente); e gli errori più perniciosi di oggi vertono sulle false concezioni che si hanno della Chiesa. Certo, la Chiesa riflette, in forma analogica, il mistero di Cristo, per cui giustamente si parla di "mistero della Chiesa". Il mistero di Cristo è di essere Dio e uomo: i suoi contemporanei vedevano un uomo come gli altri, che aveva bisogno di mangiare, di dormire, di riposarsi. Eppure quelle apparenze umane, limitate e deboli, celavano la realtà della sua persona divina, in cui si riunivano la natura umana e la natura divina. Era un mistero difficile e tremendo; per cui ogni volta che Gesù agiva da Dio (rimettendo i peccati o affermando: "Prima che Abramo fosse, io sono"), subito veniva trattato da bestemmiatore. Anche nella Chiesa si cela un mistero: essa è fatta di uomini, deboli e peccatori come gli altri; eppure ad essi sono stati donati dei poteri divini: di predicare con l'efficacia dello Spirito la parola divina, di perdonare o non perdonare i peccati, di consacrare l'eucarestia...È il mistero della Chiesa: santa e umana. Un aspetto particolare, che meriterebbe ben altro approfondimento, è che la maternità di Maria sulla Chiesa non riguarda solo cattolici o cristiani, ma tutti gli uomini, poiché la Chiesa è istituita per la salvezza di tutti. Così si sono espressi i vescovi latino-americani nei documenti di Puebia (1979): "Maria ha un cuore grande come il mondo e implora il Signore della storia a favore di tutti i popoli". Gesù ha detto a Pietro: "Pasci i miei agnelli, pasci le mie pecorelle" (Gv 21,15-17), ossia tutta l'umanità. Credo che sia un segno di questa universalità l'attrattiva irresistibile che Giovanni Paolo secondo esercita su tutti i popoli. Nei suoi viaggi, come in Thailandia, dove i cristiani sono pochi, le folle sono accorse. Non poteva essere solo un interesse verso il rappresentante dei cattolici. Crediamo che, per impulso dello Spirito Santo, le popolazioni intuissero una relazione personale con quel bianco padre venuto da Roma. San Cipriano affermava: "Non può avere Dio per Padre chi non ha la Chiesa per madre". Maria, madre della Chiesa, ci faccia comprendere e amare questa verità. RIFLESSIONI.

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Su Maria -È significativa la presenza di Maria nell'ascensione, nella Pentecoste, nella prima vita della Chiesa.è ancorpiù significativa la sua presenza in questi due millenni di vita della Chiesa. Il popolo di Dio è sensibilissimo a questa presenza, come testimoniano il suo culto, i suoi santuari, la sua continua invocazione. Maria porta a Gesù, Gesù ci ha dato la Chiesa: se non sappiamo seguire questo itinerario di grazia, rendiamo vana la cura della Vergine per il popolo di Dio. Su noi - Comprendere il mistero di Cristo, Dio e uomo; comprendere il mistero della Chiesa, nei suoi aspetti umani e divini, il titolo di Maria madre della Chiesa ci dice il suo amore e la sua cura per quest'opera del figlio. Sull'esempio di Maria, è necessario che sappiamo conoscere e amare la Chiesa, se vogliamo essere graditi al Signore e partecipare ai frutti della redenzione.

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Ventiseiesimo giorno Il cuore immacolato di Maria Nella Bibbia il cuore esprime tutto il compendio della vita interiore dell'uomo, per cui spesso Dio si rivolge al cuore per agire in profondità su tutta la persona; e quando, con il profeta Ezechiele, promette di dare un cuore nuovo, indica una totale conversione a lui, da parte del suo popolo che si era completamente sbandato. Perciò parlare del cuore di Maria significa penetrare in tutta la sua interiorità, nel suo rapporto con Dio e con gli uomini. La frase ripetuta da Luca, che Maria custodiva i fatti nel suo cuore e li meditava, fa diretta menzione del cuore di Maria; ma è solo un avvio iniziale di tutto uno sviluppo che è andato crescendo lungo i secoli e che è esploso soprattutto negli ultimi tempi. La riflessione patristica sul cuore di Maria ha insistito, specie con Agostino, nel vedere in esso "lo scrigno di tutti i misteri", in particolare del mistero dell'incarnazione, giungendo all'affermazione che "Maria ha concepito nel cuore prima che nel grembo". Sempre più nel Medioevo si è sviluppata la devozione al cuore di Maria che più tardi, con san Giovanni Eudes (morto nel 1680), acquisterà una rigorosa spiegazione teologica e riceverà ufficialmente un culto liturgico. Da qui ebbero impulso gli sviluppi più recenti, che possiamo individuare in tre avvenimenti. Nel 1830, quando la Vergine apparve a santa Caterina Labouré, chiedendole di coniare quella medaglia, la famosa "medaglia miracolosa", che si diffuse nel mondo in milioni di esemplari, fece riprodurre nel retro i due cuori di Gesù e di Maria, abbinandoli quindi nella devozione dei fedeli. Un secondo avvenimento significativo fu la ripercussione in campo mariano che si ebbe quando, a cavallo dei due secoli, esattamente nel 1899, Leone tredicesimo consacrò il mondo al Sacro Cuore di Gesù. Si pensava già allora che fosse maturo il tempo per procedere anche alla consacrazione del mondo al cuore di Maria, dal momento che il Signore ha voluto associare la Vergine madre a tutta l'opera di salvezza. Non si arrivò a questa realizzazione, ma si ottenne ugualmente un impulso alla 101

devozione al cuore di Maria e agli studi su tale devozione. Non c'è dubbio che lo sviluppo maggiore si ebbe con le apparizioni della Madonna a Fatima, nel 1917. Si può dire che, come per la devozione al Sacro Cuore di Gesù furono di grande sprone le apparizioni a santa Margherita Maria Alacoque, così le apparizioni ai tre pastorelli di Fatima diedero un impulso decisivo alla devozione al cuore di Maria. Già da tempo era invalso un appellativo nuovo. In passato si parlava solo di "cuore purissimo", "cuore santissimo", di Maria, ed espressioni simili. Dopo il 1854, ossia dopo la proclamazione del dogma dell'Immacolata Concezione, si incominciò a diffondere l'espressione "cuore immacolato di Maria", che significa: "cuore dell'Immacolata". Nell'apparizione del 13 giugno, a Fatima, la Madonna disse: "Dio vuole stabilire nel mondo la devozione al mio cuore immacolato". Ha poi chiesto che al suo cuore immacolato venisse consacrata la Russia; ad Alessandrina Maria Da Costa aveva chiesto che le venisse consacrato il mondo. Da allora non si possono contare i santuari, le parrocchie, le comunità religiose, le associazioni che sorsero con questo titolo. Qual è il valore di questa devozione, diretta soprattutto a invocare l'intercessione di Maria su di noi? In primo luogo dobbiamo tener conto di quanto ci dice il Vaticano secondo: "La funzione di Maria verso gli uomini in nessun modo oscura o diminuisce l'unica mediazione di Cristo, ma ne mostra l'efficacia. Poiché ogni salutare influsso della Vergine beata verso gli uomini non nasce da una necessità, ma dal beneplacito di Dio, e sgorga dalla sovrabbondanza dei meriti di Cristo, si fonda sulla mediazione di lui, da essa assolutamente dipende e attinge tutta la sua efficacia; non impedisce l'immediato contatto dei credenti con Cristo, anzi lo facilita" (Lc 60). Tutto questo è molto importante per comprendere che cosa significa Maria per la nostra vita di credenti.È Dio che ha voluto liberamente servirsi di Maria per incarnarsi; a lei ha voluto sottomettersi nella sua vita mortale; ha voluto associare a sé Maria nell'opera della salvezza; ha voluto continuare la redenzione di ogni uomo con Maria, per trasmettere ad ogni credente la vita divina; ha voluto unire a sé Maria nella gloria celeste, facendola partecipe della sua regalità. Non stupisce allora, come ha detto la Madonna stessa, se il Signore vuole che il cuore di Maria sia onorato unitamente al cuore di Gesù. Non si tratta di

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sentimentalismo, ma di un impegno profondo, che prende tutto l'essere. Il contrario di questa devozione è il formalismo, quel formalismo che ha strappato a Gesù il lamento: "Questo popolo mi onora con le labbra, ma il suo cuore è lontano da me" (Mt 15,8). Nella storia delle scuole di spiritualità, la devozione al cuore di Maria si è dimostrata una fonte inesauribile di vita interiore. Così risulta dalla spiritualità di Helfta, da quella benedettina, francescana, domenicana. Più tardi, è interessante notare come san Francesco di Sales veda, nel cuore della Vergine, il luogo di incontro delle anime con lo Spirito Santo; è importante rilevarlo di fronte a coloro che temono che i devoti di Maria attribuiscano a lei il ruolo specifico dello Spirito Santo. Da una parte, il cuore di Maria comprende tutto il mistero di Maria, visto come mistero di grazia, di amore, di piena corrispondenza e di dono totale che Maria ha fatto di se stessa a Dio e all'umanità. D'altra parte non possiamo passare sotto silenzio quei richiami mariani che sono stati occasione per lo sviluppo di tale devozione. Basti pensare a Fatima: oltre al richiamo alla conversione e alla preghiera; oltre al ricordo delle grandi verità come i novissimi; un particolare rilievo è dato all'eucaristia (si pensi alla comunione riparatrice dei primi sabati del mese) e all'impulso per una generosa riparazione. Basti citare, a questo proposito, l'incoraggiamento espresso con le parole: "Pregate, pregate molto per i peccatori. Perché molte anime vanno all'inferno perché non c'è chi si sacrifichi e preghi per loro" (Fatima, 19 agosto 1917). Sembra di risentire l'eco delle parole di Pio dodicesimo: "Mistero certamente tremendo e mai sufficientemente meditato: che cioè la salvezza di molti dipenda dalle preghiere e dalle volontarie mortificazioni a questo scopo intraprese dalle membra del corpo mistico di Gesù Cristo, e dalla cooperazione dei pastori e dei fedeli, specialmente dei padri e delle madri di famiglia, in collaborazione col divin Salvatore" (Mystici Corporis, 42). Collaborazione col Salvatore! Questo mistero tremendo ci mostra come la devozione al cuore immacolato di Maria sottolinei un amore che salva e ci invita a partecipare allo stesso amore salvifico, collaborando con Gesù alla salvezza eterna dei fratelli. RIFLESSIONI. 103

Su Maria - Il cuore di Maria sottolinea il suo amore totale, di tutto il suo essere, per Gesù e per i fratelli di Gesù; cioè in modo diverso, per tutti i suoi figli. Il cuore di una madre invita e convince con forza e dolcezza. Onorare il cuore dell'Immacolata significa onorare un cuore totalmente puro; dal peccato e da ogni condizionamento umano. Per cui spinge alla fiducia e all'imitazione. Su noi - Guardando al cuore di Maria, non c'è solo un'attrattiva che spinge alla fiducia; ci deve essere anche una disponibilità all'imitazione, ad aprirci a Dio con tutto il cuore, a seguire gli ammonimenti materni di Maria. E come non ricordare il cuore sofferente di Maria, il cuore trafitto di Maria, a causa dei nostri peccati?

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Ventisettesimo giorno Le apparizioni mariane Le apparizioni in generale, e particolarmente le apparizioni mariane così frequenti in questi ultimi secoli, ci interpellano sul loro valore e sull'atteggiamento da tenere nei loro confronti. Logicamente qui si intende parlare solo delle apparizioni di sicura serietà, non di quel pullulare di pseudoveggenti, pseudocarismatici e simili, di cui oggi il mondo è pieno, e che dicono e scrivono fiumi di messaggi spesso catastrofici (e questo è già un sicuro indizio di falsità) e che non meritano la nostra considerazione. Ma esistono le apparizioni autentiche, nel cui riguardo è condannabile un atteggiamento già preventivo di discredito, che non ha nulla a che vedere con la virtù della prudenza, e che possono rivelarsi come autentici interventi voluti da Dio. Non solo la storia della Chiesa, ma tutta la storia sacra è punteggiata da apparizioni. Occorre allora tener presente una prima distinzione, tra apparizioni bibliche ed extrabibliche. Le apparizioni riportate dalla Bibbia, ad esempio ad Abramo, a Mosé, ai profeti, a san Giuseppe (anche in sogno Dio può mandare i suoi messaggeri), a san Pietro, a san Paolo...; tutte queste apparizioni fanno parte integrale della rivelazione divina e hanno il valore ispirato di tutta la sacra Scrittura. Le apparizioni extrabibliche, anche se approvate ufficialmente dall'autorità ecclesiastica, restano apparizioni private, che non aggiungono niente al patrimonio della fede, e la cui importanza è molto diversificata: per un individuo, per una città, per una situazione passeggera. Ma possono anche avere una grande importanza dal punto di vista pastorale. Pensiamo pure subito all'importanza di Guadalupe, di Lourdes, di Fatima. Ma è bene ribadire, riguardo a tutte le apparizioni private, il concetto che non aggiungono nulla alla rivelazione pubblica. Il Vaticano secondo afferma con decisione questa realtà: "Non c'è da aspettarsi nessun'altra rivelazione pubblica prima della manifestazione gloriosa del Signore nostro Gesù Cristo" (DV 4). Non c'è lo spazio per la cosiddetta " venuta intermedia di Gesù Cristo", di cui tanto parlano 105

certi sedicenti veggenti moderni. Qualche esempio. Ha un'importanza personale il crocifisso che ha parlato a san Francesco, e tante apparizioni a santi, che hanno dato il via alla loro vocazione e missione. Ha avuto importanza per la città di Vicenza, colpita dalla peste, l'apparizione della Vergine a Vincenza Pasini, nel 1476, anche se ha dato luogo alla costruzione del santuario di Monte Berico, che è tuttora il santuario più frequentato del Veneto. Ha avuto importanza per una regione l'apparizione della Madonna a La Salette, nel 1846, ove la Vergine richiamò gli abitanti al dovere di santificare la festa, di osservare il venerdì, di non bestemmiare; anche se in seguito il santuario ha acquistato un'importanza più che nazionale. Ma ci sono state apparizioni mariane di una importanza pastorale immensa, tanto da segnare un'epoca e da perdurare nel corso dei secoli. Se dovessimo dire quali, a nostro parere, sono state finora le apparizioni mariane più importanti nella storia della Chiesa, non esiteremmo a indicare quelle di Guadalupe, a Città del Messico: il cristianesimo rischiava di essere introdotto nelle Americhe come una delle tante imposizioni odiose dei nuovi conquistatori d'oltre oceano, sul cui comportamento c'è molto da biasimare. La Vergine, apparendo nelle sembianze di una fanciulla del luogo, una fanciulla azteca, ha aperto a quelle popolazioni, specie nell'America latina, la fede cristiana come una religione rivelata anche direttamente per loro. Poi ricordiamo le apparizioni di Lourdes, del 1858, a quattro anni dalla definizione del dogma dell'Immacolata Concezione. In questo caso il valore è stato grandissimo. Prima di tutto il fatto straordinario dell'apparizione e i miracoli che ne sono seguiti hanno avuto l'importanza di una risposta del Cielo al razionalismo imperante: è stato proprio Dio che ha confuso la sapienza dei dotti con la stoltezza di una fanciulla quasi analfabeta, ma ambasciatrice della Vergine. L'importanza pastorale è ancora oggi evidente; c'è perfino da chiedersi a che cosa si sarebbe ridotta la fede in Francia se non ci fosse stata Lourdes. Infine Fatima, che è la grande apparizione mariana voluta da Dio per illuminare il nostro secolo buio, oscurato dall'ateismo e dalle guerre. Sì, l'aspetto religioso è predominante; il richiamo alla preghiera, alla conversione, alle tre grandi verità del paradiso, dell'inferno e del purgatorio, da a queste apparizioni il valore di una grande importanza 106

pastorale, che però si ripercuote nella vita pubblica. Disse la Vergine, il 13 luglio 1917: " La guerra sta per finire (la prima guerra mondiale). Ma se non smetteranno di offendere Dio, sotto il pontificato di Pio undicesimo ne incomincerà un'altra peggiore".È chiaro che la Madonna non viene a predire sciagure; viene a insegnarci come evitarle; e la seconda guerra mondiale era evitabile. Si noti anche che non è Dio che castiga; sono gli uomini che, allontanandosi da Dio, si castigano tra di loro. Il grande messaggio continua: "Se ascolteranno le mie richieste la Russia si convertirà e ci sarà pace. Se no, spargerà i suoi errori nel mondo, suscitando guerre e persecuzioni alla Chiesa... Alla fine il mio cuore immacolato trionferà, il Santo Padre mi consacrerà la Russia che si convertirà (si pensi a quanto è accaduto nell'Est europeo, dopo la consacrazione del 25 marzo 1984). E sarà concesso al mondo qualche tempo di pace".È un messaggio d'importanza eccezionale, che preannunzia tutto il futuro del secolo che sta per terminare. "Le guerre sono causate dai peccati degli uomini", ripeteva la piccola Giacinta, dietro suggerimento della sua grande Mamma. Che valore hanno queste apparizioni? Mi pare che sia chiaro: sono in diretto collegamento col piano della salvezza, che è dato per l'umanità e sono in relazione diretta con la vita umana: anche sociale, politica, economica. È inutile creare barriere fasulle, per relegare la fede in sagrestia. In un mondo in cui sembrano dominare sesso, violenza, orrore (basta sfogliare le pagine dei quotidiani o ascoltare un telegiornale), la Madonna richiama accoratamente i suoi figli alla preghiera e alla conversione. Come Gesù, che nella sua agonia del Getsemani diceva: "Vigilate e pregate, per non cadere in tentazione" (Mt 26,41). Così il messaggio mariano di Fatima termina con le accorate parole: "Che non offendano più Dio, nostro Signore, che è già molto offeso". RIFLESSIONI. Su Maria - Non c'è dubbio che le apparizioni di Maria a tutti i livelli, o di valore personale o di valore per l'umanità, fanno parte di quella sua missione di madre nostra, che Gesù le ha affidato dalla croce. Sarebbe 107

un errore non metterle sempre in relazione con le parole rivelate, di cui sono eco fedele e applicazione all'attualità. Ma sarebbe non meno errato sottovalutarne l'importanza e, spesso, l'urgenza. Su noi - È sicuramente errato l'atteggiamento di chi corre da un'apparizione all'altra, alla ricerca dell'ultimo messaggio. Questa è inutile curiosità. Dobbiamo ascoltare le parole della Vergine come richiamo al suo testamento: "Fate quello che egli vi dirà", ossia come un richiamo forte alle parole di Cristo che ha detto: "Se non vi convertirete, perirete tutti" (Lc 13,5).

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Ventottesimo giorno Mi consacro a te La consacrazione a Maria vanta una storia molto antica, anche se si è sempre più andata sviluppando negli ultimi secoli. Viene spontaneo, come punto di partenza, rifarsi ad alcuni testi biblici. Ce ne sono tanti, ma ne scelgo due. San Paolo: "Vi esorto, per la misericordia di Dio ad offrire i vostri corpi come sacrificio vivente, santo e gradito a Dio; è questo il vostro culto spirituale" (Rm 12,1). San Pietro: "Voi siete la stirpe eletta, il sacerdozio regale, la nazione santa, il popolo che Dio si è acquistato perché proclami le opere meravigliose di lui" (1 Pt 2,9). Un popolo che partecipa della funzione regale, profetica, sacerdotale di Cristo, è di sua natura un popolo di consacrati. Perché allora consacrarsi a Maria, ossia a Dio per mezzo di Maria? Per comprendere e vivere la consacrazione battesimale. Giovanni Paolo secondo, il 25 marzo 1984, rinnovò la consacrazione del mondo al cuore immacolato di Maria, in unione con tutti i vescovi dell'orbe, che il giorno precedente, nelle loro diocesi, avevano pronunciato le stesse parole di consacrazione. La formula scelta inizia con le parole della più antica preghiera mariana, risalente al terzo secolo: "Sotto la tua protezione ci rifugiamo...".È interessante notare come tale preghiera sia già un atto di affidamento a Maria, da parte del popolo. Infatti le consacrazioni collettive sono antichissime e precedono le consacrazioni individuali. Diamone un cenno. Bellissima la formula di consacrazione di sant'Ildefonso di Toledo (morto nel 667), anche se il primo a usare l'espressione "consacrazione a Maria" è poi stato san Giovanni Damasceno (morto nel 749). In tutto il Medioevo è una gara di città e comuni che "si offrono" a Maria, spesso presentandole le chiavi della città in suggestive cerimonie. Ma è nel diciassettesimo secolo che iniziano le grandi consacrazioni nazionali: la Francia nel 1638, il Portogallo nel 1644, l'Austria nel 1647, la Polonia nel 1656... L'Italia è arrivata tardi, nel 1959, perché non aveva ancora raggiunto l'unità nazionale e perché le precedenti proposte erano rimaste senza 109

attuazione. Dopo le apparizioni di Fatima le consacrazioni si moltiplicarono sempre più: ricordiamo la consacrazione del mondo, pronunciata da Pio dodicesimo nel 1942, seguita nel 1952 dalla consacrazione dei popoli russi, sempre ad opera dello stesso pontefice. Ne seguirono tante altre e quasi sempre, a conclusione delle Peregrinatio Manae, si terminava con la consacrazione al suo cuore immacolato. La consacrazione è un atto complesso e che si diversifica nei vari casi: altro è quando un fedele si consacra personalmente, assumendo impegni precisi, altro è quando si consacra un popolo, un'intera nazione o addirittura l'umanità; è giusto in questi casi esprimersi in vari modi, come fece Pio dodicesimo fin dalla prima consacrazione del mondo, per la quale usò tre verbi: consacro, affido, rimetto. Non potendo dire tutto, ci limitiamo a qualche pensiero sulla consacrazione individuale, teologicamente ben spiegata dal Montfort, e di cui il papa è un ardente modello, con quel suo motto Totus tuus, desunto dallo stesso Montfort, che a sua volta lo aveva appreso da san Bonaventura. Diciamo due motivi. Il primo ci è offerto dall'esempio del Padre, che ci ha dato Gesù per mezzo di Maria, affidandolo a lei. Ne consegue che la consacrazione è riconoscere che la divina maternità della Vergine, sull'esempio di questa scelta del Padre, è il primo motivo che ci spinge alla consacrazione. Il secondo motivo è l'esempio dello stesso Gesù, Sapienza incarnata. Egli si è affidato a Maria non solo per trarre carne e sangue, ma per essere allevato, educato, e crescere sotto il suo sguardo in sapienza, età e grazia. Possiamo trovare una migliore formatrice di quella scelta da Gesù? Aggiungiamo alcune conseguenze, ossia gli impegni che si assumono. 1) L'impegno a imitare Maria che non è solo la madre del Signore, ma anche la sua più fedele discepola, colei che ha detto sempre di sì al Signore, senza condizioni. Ed è necessario conoscere sempre di più Maria per poterla imitare nelle sue virtù, così gradite a Dio. 2) Occorre ubbidirle, perché lei ci incoraggia continuamente a ubbidire a Gesù. Per questo la consacrazione a Maria è sul piano del vivere da cristiani. Il Montfort la identifica con un rinnovo dei voti battesimali; è perciò un rinnovo della nostra fedeltà a Dio, sull'esempio e con l'aiuto della Vergine. 110

3) Consacrarsi è accogliere Maria nella nostra vita sull'esempio di Giovanni. Maria ha preso molto sul serio la sua maternità su di noi: ci tratta da figli, ci ama da figli, provvede tutto come a figli. A noi spetta riconoscere questa maternità spirituale, accogliere Maria nella nostra vita di credenti, rendere operante questa presenza, favorendone l'azione su di noi. 4) Non si può accogliere Maria se non si accolgono i fratelli, che sono tutti anch'essi figli di Maria. Non si può accogliere Maria e sentirsi suoi figli, senza accogliere la Chiesa e sentirsi figli della Chiesa. Certe frasi così diffuse in Italia: "Credo in Dio, ma non credo nei preti", "Accetto Cristo, ma non la Chiesa", non hanno senso soprattutto in chi si consacra a Maria, madre della Chiesa. Il comandamento nuovo non si accontenta più che noi amiamo il prossimo come noi stessi, ma esige: "Amatevi come io vi ho amato" (Gv 15,12). Non si ama la madre se non si amano tutti i suoi figli. 5) Non può mancare un pensiero conclusivo: ci consacriamo a Maria anche perché confidiamo nella sua potente intercessione. E Dio che l'ha resa così grande, così potente, per nostro vantaggio. Sappiamo quanto siamo deboli: allora ci raccomandiamo a Maria perché preghi per noi "adesso e nell'ora della nostra morte": i due momenti più importanti della vita. Vediamo allora, da quanto abbiamo detto, che la devozione a Maria non consiste solo, come purtroppo è per molti, nel ricorrere a lei quando siamo in necessità. Non si ama una persona se si va da lei solo quando c'è da chiederle qualcosa. Mi pare che questa breve panoramica possa esserci d'aiuto. Incominciamo, dietro i consigli del Montfort, a vivere anche solo il primo passo della consacrazione: fare tutto con Maria. E vedremo come in pochi giorni cambierà totalmente la nostra vita. RIFLESSIONI. Su Maria - Tutti i titoli di Maria e tutti i rapporti con lei hanno il centro nella sua maternità verso Gesù e verso noi. Se ha chiesto espressamente la consacrazione a lei del mondo, della Russia, dei popoli, è perché così vuole il Signore: consacrati a lei, ci guida ad amare Gesù, a osservare le sue parole. Vediamo in questo un grande 111

bene per i singoli individui e un grande bene per la società umana. Su noi - Non pensiamo di essere più intelligenti del Padre, che ha affidato il suo Figlio unigenito a Maria.È un chiaro esempio della via da seguire. Riflettiamo sui motivi e sugli impegni della consacrazione, per rinnovarla e viverla pienamente. Di sua natura la consacrazione non è un atto fine a se stesso, ma è un impegno che va vissuto giorno per giorno.

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Ventinovesimo giorno Una catena di Ave Maria Iniziando a parlare del rosario, il pensiero va subito alla definizione che ne diede Paolo sesto: "Compendio di tutto il vangelo". La caratteristica fondamentale di questa preghiera è di essere al tempo stesso preghiera e meditazione dei principali misteri cristiani.È per questo che la Madonna a Fatima propone il rosario come antidoto all'ateismo: l'uomo d'oggi ha più che mai il bisogno di pregare e di meditare le grandi verità rivelate. Non ci stupiamo allora sull'insistenza dei pontefici nel raccomandare questa preghiera (si pensi, ad esempio, alle dodici encicliche sul rosario di Leone tredicesimo) e se l'insistenza su questa preghiera ha tanta parte nelle apparizioni di Lourdes e Fatima. Giovanni ventitreesimo, con quel suo fare bonario così simpatico, affermava: "Figlioli, la giornata del papa non è terminata se non ho recitato i quindici misteri del rosario". Il rosario non è nato di colpo; è frutto di una lenta evoluzione e lo comprendiamo meglio se ne ripercorriamo la storia lunga cinque secoli, dal dodicesimo al diciassettesimo. Si parte dal dodicesimo secolo, quando si diffonde l'Ave Maria, limitata alla prima parte. In antecedenza si recitava solo il saluto angelico (ne abbiamo testimonianza in un'antifona del sesto secolo), ma non con la ripetitività che ebbe poi. Da parte loro i monaci recitavano i centocinquanta salmi della Bibbia, così come si continua a fare nella Liturgia delle Ore. Per i confratelli laici, che spesso non sapevano neppure leggere, i salmi venivano sostituiti da centocinquanta Pater; e fu in loro aiuto, per comodità di conteggio, che si usavano corone con centocinquanta grani. Si noti che l'uso di corone per contare le preghiere era già in voga presso i cristiani e presso altre religioni, anche molti secoli prima di Cristo. Quando, nella seconda metà del dodicesimo secolo, si sostituirono ai Pater le Ave Maria, nacque il Salterio mariano. Solo alla fine del quindicesimo secolo entrò in uso la seconda parte dell'Ave Maria; inoltre il certosino Enrico di Kalkar ebbe la felice idea di suddividere le centocinquanta Ave in quindici decine, intercalate da 113

un Pater. Sempre più si diffuse questa preghiera e si diffusero le confraternite del rosario. Poco dopo si incominciò ad accompagnare la recita del rosario con la meditazione di episodi evangelici. Spetta al domenicano Alano de la Roche (morto nel 1478) il merito di aver chiamato il Salterio della Vergine "Rosario della Beata Vergine Maria", nome che poi rimase. Fu ancora merito suo la suddivisione in tre parti di cinque decine ciascuna; e fu lui a suggerire di riflettere sui misteri dell'incarnazione, della passione e della glorificazione di Cristo e di Maria. Infine san Pio quinto, nel 1569, scrisse il primo documento pontificio che diede sanzione ufficiale al rosario. Ecco come si è giunti, attraverso questa evoluzione di cinque secoli, a sintetizzare nel rosario preghiera e meditazione. Noi siamo tanto soggetti alle distrazioni, specie quando preghiamo. Rischiarne così di ridurre il rosario a una meccanica ripetizione di Ave Maria, mentre la mente divaga per conto suo, assorbita da tutt'altri pensieri che i misteri enunciati. Ecco allora che dobbiamo proporci un serio impegno per ridare al rosario la dignità e l'efficacia proprie. Quando lo recitiamo in gruppo, dobbiamo seguire un ritmo unico, senza correre e senza rallentare, come si fa in un canto collettivo. Ma quando lo recitiamo da soli, è consigliabile un ritmo lento, contemplativo.È vero, le decine si susseguono con un sistema ripetitivo; è proprio questo che rende più necessaria la meditazione dei misteri. Era ben fortunata Bernardetta quando, recitando il rosario alla grotta nei giorni delle apparizioni, vedeva la Madonna davanti a lei, che insieme a lei faceva scorrere i grossi grani della sua corona. Ma pensiamo che la Madonna è sempre davanti a noi, anche se non la vediamo. Il rosario è poi una preghiera così umile, che si adatta a tutte le possibilità. Il meglio è quando possiamo recitarlo con tranquillità, in chiesa o a casa. Ma può riempire anche i nostri ritagli di tempo in autobus, camminando per strada, guidando l'auto, attendendo il nostro turno in un negozio. Recitandolo da soli, preghiamo per tutti; se siamo in gruppo, la corona stessa, formata da grani tenuti insieme da un unico filo, ci invita all'unione d'animi. Il ritmo della vita attuale ha spezzato l'unità della famiglia: si sta poco insieme e talvolta, anche in quei pochi momenti, neppure ci si 114

parla, perché detta legge il televisore... Pio dodicesimo insisteva per il ripristino del rosario in famiglia: "Se recitate il rosario tutti uniti, gusterete la pace nelle vostre famiglie, avrete la concordia degli animi nelle vostre case". "La famiglia che prega unita vive unita", ripeteva in tutte le contrade del mondo l'americano P. Peyton, l'infaticabile apostolo del rosario in famiglia. E Giovanni Paolo secondo ci ricorda: "Il nostro cuore può racchiudere, in queste decine del rosario, i fatti che compongono la vita dell'individuo, della famiglia, della nazione, della Chiesa, dell'umanità. Il rosario batte il ritmo della vita umana". È anche la preghiera della pace, la preghiera che abbraccia tutto il mondo. Un altro grande apostolo del rosario nel nostro tempo, il vescovo Fulton Sheen, aveva ideato una corona a cinque colori, che è ancora molto in uso: una decina di grani verdi, per ricordare l'Africa, famosa per le verdi foreste; una decina rossa per l'America, abitata un tempo dai pellirossa; una decina bianca per l'Europa, in omaggio alla veste del papa; una decina azzurra per l'Oceania, immersa nell'azzurro del Pacifico; una decina gialla per l'immenso continente asiatico. Così alla fine della corona si è abbracciato il mondo. L'uomo d'oggi ha più che mai bisogno di pause di silenzio e riflessione. In questo mondo fracassone c'è necessità di silenzio orante. Se poi crediamo alla potenza della preghiera, allora siamo convinti che il rosario è più forte della bomba atomica.È vero, è una preghiera che impegna, che richiede un certo tempo; noi invece siamo abituati a fare le cose in fretta, specie con Dio... Forse il rosario ci mette in guardia da quel rischio che Gesù segnalava a Maria, la sorella di Lazzaro: "Ti affanni di tante cose, ma una sola cosa è necessaria". Anche noi corriamo lo stesso pericolo: ci affanniamo e ci preoccupiamo di tante cose contingenti, e dimentichiamo quell'unica cosa necessaria, che è il nostro rapporto con Dio. Il fondatore della Famiglia Paolina, il venerabile don Giacomo Alberione, amava ripetere ai suoi figli e figlie: "Siamo sostituibili in tutto, tranne che in una cosa: nel salvarci l'anima, nel santificarci. A questo, o ci pensi tu, o nessun altro può provvedere al posto tuo".È tempo di aprire gli occhi. RIFLESSIONI. Su Maria - Nel rosario, affermava Paolo sesto, me-ditiamo i misteri 115

di Gesù in compagnia di colei che più vi ha riflettuto e più li ha condivisi. Il lento formarsi di questa preghiera ha contribuito alla sua ricchezza. Meditiamo qualche volta l'Ave Maria lentamente, parola per parola, rivolgendoci a Maria con amore di figli, e rifacendole provare la gioia che sentì alle parole di Gabriele, di Elisabetta, e che la spronano ad aiutarci alla supplica aggiunta dalla Chiesa.

Su noi - Esaminiamoci se abbiamo compreso l'importanza e la ricchezza del rosario. Con quale impegno e frequenza lo recitiamo? E forse il momento per deciderci a un proposito concreto. Per padre Pio, come per tanti altri santi, la corona del rosario era l'arma (così la chiamava) per sconfiggere il nemico.

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Trentesimo giorno Mediatrice di tutte le grazie Nella fase antepreparatoria del Vaticano secondo, che si concluse nella primavera del 1960, quasi cinquecento tra vescovi e prelati avevano chiesto che venisse definita la mediazione universale di Maria, ma prevalse il proposito di non promulgare nessun nuovo dogma. Già nel 1921 il cardinale Mercier aveva presentato al papa una petizione in tale senso, ottenendo subito un'apposita messa e ufficiatura per le diocesi del Belgio. L'ultimo appello ufficiale fu presentato dal cardinale Gonfalonieri, a nome del capitolo di Santa Maria Maggiore, il 2 marzo 1984. La risposta del cardinale Ratzinger, di non ritenere necessario un così solenne pronunciamento, è interessante per la sua motivazione: "La dottrina sulla mediazione universale di Maria santissima si trova già adeguatamente proposta nei diversi documenti nel magistero della Chiesa". Ossia è dottrina sicura e ufficialmente insegnata. Con queste promesse, non intendiamo difendere una causa già vinta, ma illustrare questo titolo mariano, contro cui testardamente si accaniscono i protestanti, ancorandosi in modo errato all'affermazione di san Paolo, che nessuno contesta: "Uno solo è il mediatore tra Dio e gli uomini, l'uomo Cristo Gesù" (1 Tm 2,6). Eppure tutta la storia della Chiesa ci mostra come il ricorso all'intercessione di Maria sia stato costante, in ogni circostanza della vita. Dalla più antica preghiera mariana di cui abbiamo già parlato, Sotto la tua protezione, alle antifone e invocazioni della liturgia, alle popolari testimonianze degli exvoto, oggi così rivalutate, è una voce concorde. Il titolo di mediatrice, dato a Maria, risale almeno al sesto secolo e si diffuse soprattutto nel dodicesimo secolo.È noto l'insegnamento di san Bernardo: "Veneriamo Maria con tutto l'impeto del nostro cuore, dei nostri affetti, dei nostri desideri. Così vuole Colui che stabilì che noi ricevessimo tutto per mezzo di Maria". Dante ha dato veste poetica a queste parole nella sua famosa terzina: "Donna, se' tanto grande e tanto vali / che qual (chiunque) vuol grazia ed a te non ricorre / sua disianza 117

(desiderio) vuol volar senz'ali". Non c'è dubbio che l'unico mediatore tra l'uomo e Dio è Gesù e che "nessuno può andare al Padre se non per mezzo mio" (Gv 14,6). Ma dobbiamo capire il senso esatto delle parole, per non farne dei feticci. Ogni volta che usiamo un aggettivo attribuendolo a Dio e attribuendolo a un uomo, anche se la parola suona identica, viene usato con significato diverso. Facciamo un esempio. Il tipico attributo divino, esclusivo per Dio, è la santità: tu solo santo, solo Dio è santo. Questo non mi impedisce di chiamare santi Paolo, Pietro, Francesco... Ma la parola acquista un altro significato. Dio è santo in senso assoluto, originario, perfetto; potremmo anche dire che Dio è la santità. Paolo è santo in senso relativo, limitato, derivato, dipendente dalla santità di Dio di cui, per dono divino, diviene partecipe. Mai potremmo dire che Paolo è la santità. Compresa questa differenza, seguiteremo a dire che solo Dio è santo e che Paolo è santo: il significato è diverso per cui non c'è nessuna contraddizione. La stessa applicazione possiamo fare a proposito della perfezione di Dio e della sua misericordia, dal momento che il Signore ci ammonisce di essere santi come il Padre, perfetti come il Padre, misericordiosi come il Padre. In riferimento a Dio si tratta di attributi assoluti e originari, per cui potremmo dire che Dio è la perfezione, che Dio è la misericordia. Riferiti all'uomo, questi stessi attributi hanno un valore limitato, dipendente; sono una partecipazione agli attributi divini concessa dalla grazia di Dio. Lo stesso concetto vale anche per l'attributo mediatore: riferito a Gesù ha un valore assoluto, originario, esclusivo. Riferito a un uomo ha un valore limitato, subordinato, partecipato. Allora la parola mediatrice attribuita a Maria non ci spaventa più; ha un senso relativo e subordinato, come partecipazione all'unica mediazione di Cristo. Certo, stante la missione universale di Maria, ha un'estensione che non ha in nessun'altra creatura umana. Alla luce di questi concetti, non solo non esitiamo a chiamare Maria mediatrice di tutte le grazie, ma chiamiamo mediatori anche gli apostoli, i missionari, quanti predicano o testimoniano il vangelo. Sono mediatori i parroci, i genitori che educano i figli alla fede cristiana, i catechisti.È mediatore chiunque eserciti qualsiasi forma di apostolato, 118

anche in quella forma preziosa e nascosta che è l'apostolato della preghiera e della sofferenza.È chiaro, in tutti i casi, che si tratta di una forma di mediazione subordinata e dipendente da quella di Cristo, che non cessa di essere l'unico mediatore per il fatto di rendere altri partecipi di questa sua prerogativa. Sono concetti che il Vaticano secondo espone con chiarezza proprio a proposito di Maria, per cui si può dire che, anche se quel concilio non ha proclamato il dogma della mediazione universale di Maria, ne ha espresso tutti i princìpi su cui si fonda. Dice infatti: "L'unica mediazione del Redentore non esclude, ma suscita nelle creature una varia cooperazione partecipata da un'unica fonte. E questa funzione subordinata di Maria la Chiesa non dubita di riconoscerla apertamente, continuamente la sperimenta e raccomanda all'amore dei fedeli perché, sostenuti da questo materno aiuto, siano più intimamente congiunti col Mediatore e Salvatore" (Lc 62). L'estensione di questa partecipazione di Maria alla mediazione di Cristo è proporzionata alla partecipazione che ella ha avuto a tutta l'opera del Redentore e alla missione che ancora sta svolgendo di madre nostra. Santi e teologi insistono che da Maria abbiamo avuto Cristo, fonte di ogni grazia; perciò riceviamo anche tutte le grazie che ci vengono per mezzo suo. La divina maternità, è sempre giusto ricordarlo, è la fonte principale di tutta l'opera di Maria e quindi anche della sua mediazione. La missione che ora sta svolgendo Maria verso l'umanità viene così sintetizzata dal Vaticano secondo: "Assunta in cielo, non ha deposto questa funzione di salvezza, ma con la sua molteplice intercessione continua ad ottenerci le grazie della salute eterna". E ancora: "Si prende cura dei fratelli del Figlio suo, fino a che non siano condotti alla patria beata" (Lc 62). Sono espressioni molto chiare, che rendono legittimo chiamare Maria mediatrice di tutte le grazie, quando se ne è compreso il significato di dipendenza e partecipazione all'unica mediazione di Cristo. Per questo giustamente il popolo cristiano ha fatto sempre ricorso a Maria, in ogni necessità. RIFLESSIONI. Su Maria -È chiaro che ogni titolo mariano non offusca, ma mette in 119

luce la missione di salvezza e di grazia che ci viene da Cristo. I testi ufficiali della Chiesa contengono con chiarezza i fondamenti per cui chiamiamo Maria mediatrice di ogni grazia. Oltre alle citazioni del Vaticano II riportate, ricordiamo: Adiutricem populi di Leone tredicesimo (1891); Ad diem illum di san Pio decimo (1904); Miserentissimus di Pio undicesimo (1928); il radiomessaggio di Pio dodicesimo del 13 maggio 1946. Per noi - Comprendere l'estensione e i limiti dei titoli mariani. Non temere mai che, lodando Maria, si sottragga qualcosa a Gesù; tutt'altro: si glorifica la fonte di ogni dono ricevuto da Maria, invocare la Vergine con fiducia; il fatto che lei intercede ogni grazia, non è una difficoltà maggiore, ma è un maggior aiuto per ottenerla.

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Trentunesimo giorno Madre che riunisce la famiglia "Io sono il buon pastore... e offro la vita per le pecore. Ho altre pecore che non sono di questo ovile, anche queste devo condurre; ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge e un solo pastore" (Gv 10,11-16).È il grande sogno di Gesù: un solo gregge, come c'è un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo. Oggi il problema dell'ecumenismo, dell'unità dei cristiani, è molto vivo, anche se lontano dalla soluzione. Il Signore ha pregato perché diventiamo una cosa sola, come lui e il Padre, e perché questa unione sia il motivo per fare sì che il mondo creda in Gesù Cristo (cfr. Gv 17,21). Invece i cristiani si presentano scandalosamente divisi. Come è stato possibile? Una prima scissione ci fu ai tempi di Nestorio; il concilio di Efeso si è pronunciato sulla persona di Gesù e di Maria, nel 431; ma i nestoriani esistono ancora. Nel 1054 ci fu la grande scissione dell'Oriente ortodosso, per motivi che oggi stentiamo a comprendere. Dopo quasi cinquecento anni si giunse alla grande scissione della Riforma protestante, nel 1517, seguita poco dopo, nel 1534, dalla scissione degli anglicani. Da allora i frazionamenti non si contano più, creando solchi sempre più profondi, appesantiti da guerre, persecuzioni, discriminazioni. Una babele di fronte a cui ci si chiede: ma sono questi i cristiani, i veri seguaci di Gesù? Oggi si cerca l'avvicinamento, il dialogo. Famoso l'incontro del papa col patriarca Atenagora, poi col primate della Chiesa anglicana, poi col Consiglio ecumenico delle Chiese. Sembra che solo il papa chieda scusa a tutti per gli sbagli del passato; è un fatto che solo lui, con il suo ascendente spirituale, ha potuto invitare a un incontro fra tutte le religioni ad Assisi, e programmarne un altro per il 2000. Ma senza molta preghiera e conversione da parte di tutti, come indica il Vaticano secondo, non si giungerà mai all'unità. Per cui vediamo come una delle iniziative più belle e più fruttuose l'ottavario di preghiere per l'unità, che si è andato affermando ogni anno, dal 18 al 25 gennaio. Ma bruciano ancora le divisioni, anche nelle occasioni di incontro. Ricordo, 121

nel 1984, un pellegrinaggio di anglicani a Lourdes: ci fu preghiera in comune, ma poi, per la celebrazione eucaristica, gli anglicani assistettero compostamente alla celebrazione dei cattolici, senza prendervi parte attiva. Che tristezza! Che ruolo ha Maria nel movimento ecumenico? È madre di unità o motivo di divisione? Leone tredicesimo non esitava ad affermare: "La causa dell'unione dei cristiani ' appartiene specificamente all'ufficio della maternità spirituale di Maria". Ma è così? In apparenza si notano irrigidimenti e concezioni così distanti da sembrare senza soluzione. Se poi si va un po' a fondo, si vede che le vere differenze riguardano non tanto Maria, ma la concezione di Chiesa, la funzione del papato, l'interpretazione della sacra Scrittura che, lasciata alla libertà individuale, può trasformarsi in strumento di perdizione, come avverte san Pietro (2 Pt 3,16). Un fatto reale è questo: tutto il mondo protestante, di fronte a un pontificato così marcatamente mariano come quello di Giovanni Paolo secondo, si è sentito costretto a ristudiare la figura di Maria. Per molti è stata una felice riscoperta il commento di Lutero al Magnificat. Soprattutto pesa sul mondo protestante la barriera del silenzio sulla figura di Maria. Lo afferma chiaramente il calvinista, tanto aperto, fr. Roger Schutz, fondatore di Taizé: "Dopo quattro secoli di divisione, la cospirazione del silenzio mantenuto intorno a Maria rende ogni incontro impossibile. All'inizio della Riforma questa cospirazione del silenzio non esisteva".È un silenzio che lentamente si sta superando, sulla comune base della Bibbia. Ma il cammino è lungo. Non è come quando più partiti politici debbono accordarsi per formare un governo: si cede un po' l'uno e un po' l'altro, per giungere a un programma comune. Qui è tutt'altra cosa e i tatticismi non contano. La via dell'unione parte dalla certezza che è Cristo a volerla. I colloqui consentono molti chiarimenti perché, dopo secoli di separazione, ognuno è carico di pregiudizi sugli altri, attribuendo loro idee che non hanno e ignorando realtà esistenti. Quando, parlando a cattolici, annunciavamo che presso i protestanti ci sono dei monasteri di suore (ad esempio, Le Sorelle di Maria), che ci sono monasteri benedettini e francescani... gli ascoltatori guardavano stupiti, sentendo cose che non avrebbero mai immaginato. Tanto più quando si parla di Maria a protestanti, naturalmente sulla base della sacra Scrittura. Per cui oggi è anche sempre più facile incontrare famiglie di protestanti in 122

preghiera presso santuari mariani. La posizione dei protestanti riguardo a Maria è molto differenziata. Già si notano differenze fin dai primi tempi, tra Lutero, Calvino e Zwingli. Possiamo ripetere che, in linea di massima, non ci sono difficoltà riguardo ai primi grandi dogmi mariani, precedenti ad ogni scissione: Maria, madre di Dio e sempre vergine. I dogmi più recenti o vengono negati o vengono lasciati alla libera interpretazione. Ma dove la differenza è più forte, è riguardo al culto, che da troppi secoli i protestanti hanno abbandonato. E confessiamo pure che, anche da parte cattolica, il culto alla Vergine deve sempre più essere epurato da elementi deteriori, che talvolta lo hanno deturpato. Concludiamo con le ottimistiche parole di Paolo sesto: "L'amore verso la madre del Signore diviene sensibile alle trepidazioni e agli scopi del movimento ecumenico. Innanzitutto perché i fedeli cattolici si uniscono ai fedeli delle Chiese ortodosse nel venerare la gloriosa Theotoékos (Madre di Dio), e nell'acclamarla Speranza dei cristiani. Si uniscono agli anglicani, i cui teologi classici misero in luce la solida base scritturistica del culto alla Madre del Signore, e i suoi teologi contemporanei sottolineano maggiormente l'importanza del posto che Maria occupa nella vita cristiana. E si uniscono ai fratelli delle Chiese della riforma, nelle quali fiorisce vigoroso l'amore per le sacre Scritture, nel glorificare Dio con le parole stesse della Vergine " (Marialis cultus, 32). Il documento di Paolo sesto termina affermando che il culto alla Vergine è via che conduce a Cristo, fonte e centro della comunione ecclesiale. RIFLESSIONI. Su Maria - La vera conoscenza di Maria porta all'unità; ogni madre è fonte di unione tra i mèmbri di una stessa famiglia. L'unità è un dono di Dio che va impetrato con molta preghiera; e per questo occorre chiedere incessantemente l'intercessione di Maria. Su noi - Occorre sentire questo problema a livello generale, non lasciarlo come appannaggio degli "addetti ai lavori". Da parte dei fedeli sarà utile pregare a questo scopo, informarsi sui passi che vengono fatti, partecipare più intensamente che si può all'ottavario annuale di 123

preghiera, guardare con amore a tutti i seguaci di Cristo, condividendo il suo anelito: che si faccia un solo ovile sotto un solo pastore. Invitiamo infine a ripetere la bella preghiera di fr. Schutz: "O Dio, tu hai voluto fare della Vergine Maria la figura della Chiesa. Essa ha ricevuto il Cristo e lo ha dato al mondo. Manda su di noi il tuo Spirito Santo perché, ben presto, siamo uniti visibilmente in un solo corpo e perché irraggiamo il Cristo presso gli uomini che non possono credere".

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